domenica 24 ottobre 2010

Padre Pizzaballa: dal Sinodo un nuovo modo di sentirsi Chiesa (R.V.)

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Il Papa: La pace è possibile. La pace è urgente (Apcom)

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Gotti Tedeschi: “Nessuna divisione nella gestione Ior” (Galeazzi)

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Padre Pizzaballa: dal Sinodo un nuovo modo di sentirsi Chiesa

Per un bilancio sui lavori del Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente, Paolo Ondarza ha intervistato padre Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa:

R. - E’ un bilancio positivo. Come ho sempre detto, non ci sono risultati operativi ma è stata una bellissima ed una forte esperienza di Chiesa trovare tutte le realtà ecclesiali del Medio Oriente riunite qui, a Roma, con Pietro e con uno scambio di opinioni, di idee e soprattutto di esperienze che ha arricchito tutti. Forse non ha risolto tutti i problemi ma ci ha dato una visione molto più lucida della situazione ed anche delle prospettive.

D. - Voi Francescani siete i custodi dei luoghi sacri legati alla presenza di Gesù in Terra Santa, luoghi cari a tutta la cristianità e questa condizione vi dà un po’ il termometro di quella che è anche la comunione tra le Chiese, tra i cristiani. Quanto c’è ancora da lavorare, quale contributo crede che questo Sinodo abbia dato?

R. - C’è ancora molto da fare, sicuramente, perché è vero che è stato fatto un grande cammino, che molte Chiese ortodosse si sono avvicinate, però rimane il fatto che i sospetti, i pregiudizi e le paure sono ancora molto tangibili e visibili. Nei luoghi Santi ed in Terra Santa questo si percepisce molto. Il Sinodo ha messo a fuoco molti problemi e le richieste precise e specifiche alle Chiese sorelle ortodosse; ci auguriamo che sia l’inizio di un nuovo modo di parlarsi, più franco e più chiaro.

D. - Crede che questo Sinodo abbia incoraggiato anche la dimensione della testimonianza?

R. - Sì, che poi concretamente significa come vivere da cristiani nella nostra realtà, che è una realtà di minoranza rispetto alla maggioranza musulmana ed ebraica in Israele. Come vivere la testimonianza? Innanzitutto in una maggior comunione tra le Chiese cattoliche, in maggior armonia con le Chiese ortodosse e soprattutto essendo capaci di spendersi, investirsi ed impegnarsi nella vita pubblica del Paese, in maniera positiva e costruttiva.

D. - Al centro dell’attenzione dei Padri sinodali, in questi giorni, c’è anche la necessità d’incrementare il dialogo con le altre due grandi religioni monoteiste. Quale contributo da questo Sinodo?

R. - Questo Sinodo ha discusso a lungo del rapporto soprattutto con l’islam; un po’ meno, per ovvie ragioni, con l’ebraismo. In alcuni Paesi quest’esperienza è drammatica mentre in altri è più positiva e tutte e due le anime, in questo Sinodo, sono uscite fuori. Quello che però è comune a tutti - ed è una domanda molto forte - è la piena cittadinanza, i pieni diritti, il desiderio di collaborare e di costruire insieme il futuro, il progetto e la visione della società in Medio Oriente. Credo che questo Sinodo sarà ricordato come un momento molto chiaro, molto forte e molto franco; non ci sono stati slanci positivi acritici e non c’è nemmeno stata una voglia di criticare così, tanto per criticare. E’ stato un Sinodo molto realista. Credo che il dialogo, così, diventerà più concreto.

D. - Nonostante il carattere pastorale del Sinodo, si è inevitabilmente parlato del conflitto israelo-palestinese e delle ripercussioni che questo ha sulla vita dei cristiani in Terra Santa. Oggi la risoluzione di questo conflitto vive una nuova fase di stallo. Quale il contributo dei cristiani?

R. - I cristiani non potranno portare un contributo operativo, concreto, visibile e tangibile oggi, subito, immediatamente. I cristiani possono, attraverso i legami internazionali, tenere viva l’attenzione della comunità internazionale al problema, che è un problema reale. Possono testimoniare, nella vita come nel territorio, una capacità di non arrendersi, di guardare avanti con un atteggiamento positivo.

D. - Questo Sinodo può essere considerato come un nuovo punto di partenza?

R. - Assolutamente sì. Non è la fine ma è l’inizio di una nuova esperienza. Ci sarà di certo un nuovo modo di sentirsi Chiesa, di maggiore comunione. Una delle risoluzioni, uno dei desideri più forti di tutti i Padri sinodali è continuare ad incontrarsi e a parlarsi. Questo ci dice come c’era e si sentiva forte questo bisogno.

Al Sinodo erano presenti anche alcuni delegati fraterni delle altre Confessioni cristiane. Philippa Hitchen ha chiesto al reverendo Demosthenis Demosthenous, della Chiesa ortodossa di Cipro, quale sia stato per lui il messaggio di questa assemblea sinodale:

R. - Prima di tutto un messaggio di riavvicinamento tra le nostre Chiese. E’ un messaggio che promette anche un’ulteriore collaborazione su tutti i livelli. Quello che ho portato io al Sinodo è stato il forte ricordo della visita del Papa a Cipro ma anche il grande problema delle Chiese occupate di Cipro, che non sono ancora state restaurate e non sono ancora tornate alla loro vita cristiana e al culto attivo, vita che era tale fino al 1974. La visita del Papa nella nostra isola è stata una visita storica e la considero l’inizio di rapporti molto più stretti. Queste visite, questi incontri, danno davvero la possibilità di avere esperienze concrete di comunione, di migliorare le situazioni con metodi di pace che non sono mai esistiti prima nella storia dell’isola.

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