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VATICANO - CINA
Il coraggio del Vaticano, lo scacco per Hu Jintao
di Bernardo Cervellera
La seconda potenza economica mondiale usa ancora metodi medievali e feudali. La politica religiosa è affidata a un uomo, Liu Bainian, il cui stile ricorda quello dei tempi di Mao Zedong. Il destino del nuovo vescovo è l’isolamento perché il popolo cristiano lo rifiuta.
Roma (AsiaNews)
L’ordinazione di un vescovo cinese, avvenuta contro il volere del papa, con sequestro dei partecipanti e sotto il controllo delle forze della polizia sembra una cosa di altri tempi, una specie di remake di un film sulla lotta per le investiture, che per due secoli ha dominato la storia medievale d’Europa.
Il punto è che tutto questo è avvenuto non 1000 anni fa, ma il 20 novembre scorso a Chengde, nel modernissimo Hebei, una florida regione industriale; non in uno sperduto villaggio della campagna feudale, ma vicinissimo a Pechino, la capitale della seconda potenza economica mondiale, membro del Consiglio di sicurezza dell’Onu, che si vanta di essere all’avanguardia su tutto (anche sulla libertà religiosa?).
Una nota vaticana pubblicata oggi (v. La Santa Sede condanna l’ordinazione episcopale illecita a Chengde) condanna senza mezzi termini l’ordinazione illecita di Guo Jincai (v. foto) a Chengde e il sequestro dei vescovi ordinanti come “una grave violazione della libertà di religione e di coscienza”, “una dolorosa ferita alla comunione ecclesiale e una grave violazione della disciplina cattolica”.
La nota, chiara e netta, è anzitutto coraggiosa. Questo è un periodo in cui presidenti del mondo intero, premier, imprenditori, ministri fanno a gara per piacere alla Cina, facendosi aedi, adulatori e servi per ricevere compensi e investimenti. Che vi sia qualcuno che – con la schiena diritta - dica la verità al gigante cinese, esigendo il rispetto della libertà religiosa, è davvero un miracolo da applaudire: raro, ma non impossibile.
Il comunicato vaticano – forse per la prima volta – cita il nome del “regista” dell’ordinazione illecita: il laico Liu Bainian, soprannominato “il papa” di Pechino. È curioso che quest’uomo, pur avendo ormai 80 anni, sia ancora alla guida dell’Associazione patriottica da circa 30 anni. Perfino Jiang Zemin ha dovuto ritirarsi al compimento dei 75 anni. Liu Bainian rimane invece l’eterno timoniere dell’Associazione patriottica.
A Liu si devono le diverse regie di ordinazioni illecite nel 2000, nel 2006 e quella della scorsa settimana: tutte avvenute mentre emergevano spiragli di dialogo fra Santa Sede e Cina, quasi per rompere le uova nel paniere. È sempre lui a parlare ai giornali, dicendo di fare ciò “per il bene della Chiesa”. In realtà, i fedeli di Pechino e della Cina accusano Liu di aver abusato dei beni della Chiesa per la sua famiglia, costruendo case su terreni non suoi e pagando gli studi all’estero dei suoi figli, garantendo loro una carriera ricca e sfolgorante. La lotta alla corruzione, tanto predicata dalla leadership cinese per una moralizzazione della società, sembra lasciare indenne quest’uomo il cui operato fa salire dubbi sulla reale consistenza e verità della leadership di Pechino. È come se Hu Jintao fosse tenuto in scacco da Liu, che controlla le attività della Chiesa come ai tempi di Mao Zedong.
Infine, va sottolineato che la nota vaticana esprime dei seri dubbi sulla “validità” dell’ordinazione avvenuta. Questa affermazione è un sollievo per i fedeli di Chengde e della Cina, che avevano già deciso di non partecipare all’ordinazione, e ora saranno ben felici di non prendere parte alle attività del futuro vescovo patriottico perché non in comunione col papa. Come per altri vescovi ordinati senza l’approvazione della Santa Sede, il destino di Guo Jincai è di rimanere solo, attorniato da quei pochi cristiani che riesce a comprarsi con favori e soldi che Liu Bainian potrà passargli. Ma il popolo sta da un’altra parte.
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