martedì 15 dicembre 2009

Motu proprio di Benedetto XVI sulla modifica di due canoni del Codice di Diritto Canonico relativi a diaconato e matrimonio (Radio Vaticana)


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Motu proprio di Benedetto XVI sulla modifica di due canoni del Codice di Diritto Canonico relativi a diaconato e matrimonio

E’ stato pubblicato oggi il Motu proprio di Benedetto XVI “Omnium in mentem” sulla modifica di alcuni canoni del Codice di Diritto Canonico relativi a due questioni: il diaconato e il matrimonio. Le modifiche arrivano dopo lunghi anni di studio che risalgono al Pontificato di Giovanni Paolo II. Ce ne parla Sergio Centofanti.

La prima modifica riguarda due canoni sul sacramento dell’Ordine (1008 e 1009) ed è stata operata per meglio precisare la distinzione tra episcopato, presbiterato e diaconato, laddove “la facoltà di agire in persona di Cristo Capo” – spiega in una nota mons. Francesco Coccopalmerio, presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi - è riservata solo ai vescovi e ai presbiteri, mentre i diaconi “ricevono l’abilitazione a servire il Popolo di Dio nella diaconia della liturgia, della Parola e della Carità”. Una questione dunque solo formale.

La seconda modifica riguarda tre canoni sul matrimonio (1086, 1117 e 1124) relativi ai fedeli separati dalla Chiesa “con atto formale”. Ascoltiamo in proposito mons. Juan Ignacio Arrieta, segretario del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi:

R. – La modifica riguarda la soppressione della frase sulla separazione dalla Chiesa “con atto formale”, che escludeva dall’obbligo di sposarsi in chiesa quei battezzati cattolici che avessero lasciato la Chiesa, entrando per esempio nelle sette. Si pensava che - per evitare che il loro matrimonio, una volta rientrati nella Chiesa, fosse ritenuto non valido per difetto di forma - si dovesse introdurre quella frase. Poi si è visto che quella frase non funzionava nemmeno pastoralmente, complicando le cose nel momento in cui queste persone volevano ritornare nella Chiesa: infatti, si trovavano con una difficoltà in più, perché la Chiesa considerava valida un’unione che invece era effimera.

D. – Quali sono, dunque, le conseguenze pratiche?

R. – Queste persone, in questo caso, si trovano come due cattolici, i quali, anziché sposarsi in Chiesa, si sposano in comune: la Chiesa non considera questo un matrimonio valido.

D. – Quindi, per quei battezzati che si sono separati dalla Chiesa con atto formale - e che desiderano ritornare cattolici - è più facile regolarizzare le unioni …

R. – E’ più facile regolarizzare le unioni ed è più facile accogliere quelle persone nella Chiesa.

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