giovedì 25 febbraio 2010

La Cei: basta collusione, serve una nuova leva di politici (Izzo)


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Riceviamo e con grandissimo piacere a gratitudine pubblichiamo:

CEI: BASTA COLLUSIONI, SERVE NUOVA LEVA POLITICI

(AGI) - CdV, 24 feb.

(di Salvatore Izzo)

E' durissima e molto esplicita la denuncia dei vescovi italiani sul legame tra mafia e politica che ancora "paralizza" il Mezzogiorno d'Italia. "La criminalita' organizzata - scrivono - non puo' e non deve dettare i tempi e i ritmi dell'economia e della politica meridionali, diventando il luogo privilegiato di ogni tipo di intermediazione e mettendo in crisi il sistema democratico del Paese".
Ma nel testo pubblicato oggi, essi stessi ammettono che non bastano piu' le denunce: "la mafia sta prepotentemente rialzando la testa. Di fronte a questo pericolo, si sta purtroppo abbassando l'attenzione. Il male viene ingoiato. Non si reagisce. La societa' civile fa fatica a scuotersi. Chiaro per tutti il giogo che ci opprime.
Le analisi sono lucide ma non efficaci. Si e' consapevoli ma non protagonisti". E in questa situazione "il controllo malavitoso del territorio porta di fatto a una forte limitazione, se non addirittura all'esautoramento, dell'autorita' dello Stato e degli enti pubblici, favorendo l'incremento della corruzione, della collusione e della concussione, alterando il mercato del lavoro, manipolando gli appalti, interferendo nelle scelte urbanistiche e nel sistema delle autorizzazioni e concessioni, contaminando cosi' l'intero territorio nazionale".
La via d'uscita da questa palude e' indicata dal documento della Cei pubblicato in modo altrettanto chiaro: occorre "favorire in tutti i modi nuove forme di partecipazione e di cittadinanza attiva, aiutando i giovani ad abbracciare la politica, intesa come servizio al bene comune ed espressione piu' alta della carita' sociale".
"Nessuno, proprio nessuno, nel Sud deve viver senza speranza", sostengono i vescovi italiani proponendo all'intero Paese - con il loro documento - un "pensiero solidale" verso le genti del Sud, attraverso "un giudizio ragionevole sulla situazione sociale e culturale del nostro Paese". I vescovi italiani, sottolinea in proposito il vicepresidente Cei, mons. Agostino Superbo, "riaffermando la scelta della condivisione fraterna, riconoscono l'impegno di promozione umana manifestato dalla parte migliore della Chiesa nel Sud" che "si e' presentata come testimone credibile della verita' e luogo sicuro dove educare alla speranza per una convivenza civile piu' giusta e serena". E il tema dell'immigrazione rappresenta un banco di prova: "e' cambiato il rapporto con le sponde orientali e meridionali del Mediterraneo", perche' "la massiccia immigrazione dall'Europa dell'Est, dall'Africa e dall'Asia ha reso urgenti nuove forme di solidarieta'".
"Molto spesso - scrive la Cei - proprio il Sud e' il primo approdo della speranza per migliaia di immigrati e costituisce il laboratorio ecclesiale in cui si tenta, dopo aver assicurato accoglienza, soccorso e ospitalita', un discernimento cristiano, un percorso di giustizia e promozione umana e un incontro con le religioni professate dagli immigrati e dai profughi". Il punto di partenza del documento e' del resto proprio "la constatazione del perdurare del problema meridionale", unita alla "consapevolezza della travagliata fase economica che anche il nostro Paese sta attraversando". Tutti "fattori", questi, che per la Cei "si coniugano con una trasformazione politico-istituzionale, che ha nel federalismo un punto nevralgico, e con un'evoluzione socio-culturale, in cui si combinano il crescente pluralismo delle opzioni ideali ed etiche e l'inserimento di nuove presenze etnico-religiose per effetto dei fenomeni migratori". "Il richiamo alla necessaria solidarieta' nazionale, alla critica coraggiosa delle deficienze, alla necessita' di far crescere il senso civico di tutta la popolazione, all'urgenza di superare le inadeguatezze presenti nelle classi dirigenti": nasce da qui l'appello dei vescovi "alle non poche risorse presenti nelle popolazioni e nelle comunita' ecclesiali del Sud, a una volonta' autonoma di riscatto, alla necessita' di contare sulle proprie forze come condizione insostituibile per valorizzare tutte le espressioni di solidarieta' che devono provenire dall'Italia intera nell'articolazione di una sussidiarieta' organica".
Nel loro documento, i vescovi constatano poi che la crisi economica ha picchiato duro sul Mezzogiorno d'Italia e tra quanti hanno perso il lavoro, sono le donne - come risulta "dagli studi piu' aggiornati" - quelle che hanno pagato il prezzo piu' alto: "i dati negativi - rilevano - si concentrano nelle regioni del Mezzogiorno, caratterizzate dalla presenza di molte famiglie monoreddito, con un alto numero di componenti a carico, con scarse relazioni sociali ed elevati tassi di disoccupazione".
"Questa situazione - spiega il documento - e' favorita dalla bassa crescita economica e da una stagnante domanda di lavoro, che a loro volta provocano nuove poverta' e accentuano il disagio sociale. La disoccupazione tocca in modo preoccupante i giovani e si riflette pesantemente sulla famiglia, cellula fondamentale della societa'".
Per i vescovi, "i giovani del Meridione non devono sentirsi condannati a una perenne precarieta' che ne penalizza la crescita umana e lavorativa". Anche se "non e' facile individuare quali possano essere le migliori politiche del lavoro" per il Sud, la Cei chiede alla politica di puntare sulla "formazione professionale". I vescovi esprimono rammarico tanto per l'emigrazione di giovani da Sud a Nord ("cambia i connotati della societa' meridionale, privandola delle risorse piu' importanti e provocando un generale depauperamento di professionalita' e competenze, soprattutto nei campi della sanita', della scuola, dell'impresa e dell'impegno politico"), quanto per il fenomeno del mercato sommerso, "che non e' certo un sano ammortizzatore sociale e sconta talune palesi ingiustizie intrinseche".
A vent'anni dal loro primo documento sulla questione meridionale, i vescovi vogliono dunque "riprendere la riflessione sul cammino della solidarieta' nel nostro Paese, con particolare attenzione al Mezzogiorno d'Italia e ai suoi problemi irrisolti, riproponendoli all'attenzione della comunita' ecclesiale nazionale". "Torniamo sull'argomento - puntualizzano - non solo per celebrare l'anniversario del documento, ne' in primo luogo per stilare un bilancio delle cose fatte o omesse, e neppure per registrare con ingenua soddisfazione la qualificata presenza delle strutture ecclesiali nella vita quotidiana della societa' meridionale, ma per intervenire in un dibattito che coinvolge tanti soggetti e ribadire la consapevolezza del dovere e della volonta' della Chiesa di essere presente e solidale in ogni parte d'Italia, per promuovere un autentico sviluppo di tutto il Paese".

© Copyright (AGI)

1 commento:

Il papa è il mio padre spirituale ha detto...

Io quando sento la CEI dibattere su questi temi, mi sento sempre percorrere da un brivido che mi porta a farmi il segno della croce!
I vescovi formino le coscienze e cristiani secondo il modello di Cristo e poi questi faranno di conseguenza le loro battaglie!!!
La CEI pensa di essere "il rappresentante" dei laici cattolici???
Questo per me è mero clericalismo.
Spesso, per ingerenza clericale si è arrivati ad identificare con relativismo terrificante il politico adatto ai cattolici in divorziati e risposati che non "temono" di mettere la croce sul loro nome!
Ciò è mancanza di amore per la Chiesa e dileggio della croce!
A me ciò è sempre apparso fuori luogo, tempo tolto al sacro!