lunedì 3 maggio 2010

Il Papa: "Giovani, vivere non vivacchiare" (Andrea Gagliarducci)


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Il Papa: nelle fragilità umane e nella Sindone c'è lo stesso volto: il bellissimo commento di Salvatore Izzo

Il Papa agli ammalati: "Cari fratelli e sorelle, tutti voi che siete qui, ciascuno per la propria parte: non sentitevi estranei al destino del mondo, ma sentitevi tessere preziose di un bellissimo mosaico che Dio, come grande artista, va formando giorno per giorno anche attraverso il vostro contributo"

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"Giovani, vivere non vivacchiare"

Benedetto XVI omaggia la Sindone. Sull'aereo che lo ha portato a Torino c'era anche Gianni Letta. Il Sacro Lino resterà esposto nel Duomo piemontese fino al 23 maggio.

Andrea Gagliarducci

Di fronte alla Sindone, Benedetto XVI ricorda il «nascondimento di Dio» della società contemporanea; ai giovani che lo hanno incontrato poco prima, il Papa dice di «vivere» e non «vivacchiare», di fare scelte «definitive» e «non provvisorie e irrevocabili».
Durante la Messa il pensiero del Pontefice va «a quanti vivono concretamente la loro esistenza in condizioni di precarietà, alle famiglie, ai giovani, alle persone anziane che spesso vivono la solitudine, agli emarginati, agli immigrati»; e c'è anche un incoraggiamento a «chi è chiamato ad amministrare la cosa pubblica», perché collabori «a rendere la città sempre più umana e vivibile». Il Papa trascorre una giornata a Torino per rendere omaggio alla Sindone, che resterà esposta nel Duomo fino al 23 maggio: vi arriva dopo un breve viaggio in aereo, a bordo del quale c'è anche Gianni Letta. Nel capoluogo piemontese ha salutato privatamente anche John Elkann, presidente della Fiat.
Nonostante la pioggia battente, ci sono oltre cinquantamila persone ad attenderlo, e durante la Messa si contano una ventina di malori.
Il centro del viaggio è l'adorazione del Sacro Lino, che il Papa evita di chiamare «reliquia», tenendosi lontano dalle «diatribe storiche». Benedetto XVI sosta circa cinque minuti in adorazione di fronte al Sacro Lino, «un momento molto atteso», dice. Quindi ricorda che la Sindone rimanda alla notte del Sabato Santo: la notte della «morte di Dio». «Dopo le due guerre mondiali - dice il Papa - i lager e i gulag, Hiroshima e Nagasaki, la nostra epoca è diventata in misura sempre maggiore un Sabato Santo: l'oscurità di questo giorno interpella tutti coloro che si interrogano sulla vita, in modo particolare interpella noi credenti».
Eppure, lungi dall'essere un simbolo di «morte», la Sindone ci ricorda la risurrezione di Dio. Al termine della giornata, la visita ai malati dell'Istituto Cottolengo, ai quali dice: «Non sentitevi estranei al destino del mondo, ma sentitevi tessere preziose di un bellissimo mosaico che Dio, come grande artista, va formando giorno per giorno anche attraverso il vostro contributo».

© Copyright Il Tempo, 3 maggio 2010 consultabile online anche qui.

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