venerdì 23 luglio 2010

Sorpresa: se fosse Papa Ratzinger il rivoluzionario? (Orsini)


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Su segnalazione di Eufemia leggiamo:

Sorpresa: se fosse Papa Ratzinger il rivoluzionario?

La presenza delle donne in Santa Sede è sempre maggiore: a rivelarlo un'inchiesta di "Io Donna". Rimane il nodo del sacerdozio femminile...

Guido Orsini

Una piccola rivoluzione nelle pari opportunità è avvenuta laddove nessuno poteva aspettarselo, ammettiamolo. Soprattutto, non negli anni del pontificato di Ratzinger, papa Benedetto XVI. E invece in Vaticano, nelle sacre stanze, adesso lavorano oltre 360 laiche, spezzando un predominio maschile assoluto che era durato almeno sino agli anni Cinquanta, diventando col tempo sempre più relativo. 360 su duemila, in tutto: una percentuale decisamente importante. Un brillante articolo di Paolo Rodari su Io Donna, pochi giorni fa, rivelava che sono undici di loro a lavorare nel posto di comando principale, ossia la Segreteria di Stato vaticana, quella che supervisiona e amministra le relazioni internazionali del Santo Padre: cinque, invece, si trovano nella Dottrina della Fede, ossia l'ex Santo Uffizio. Trentacinque nella Biblioteca Apostolica, 23 in Radio Vaticana e a Propaganda Fide. Infine una giornalista donna, la prima in un secolo e mezzo di storia, è stata assunta dall'Osservatore Romano, per scelta del nuovo direttore (dal 2007) Gian Maria Vian: lei è Silvia Guidi, ex vice-capo degli esteri a Libero, oggi impegnata nelle pagine di cultura del quotidiano vaticano.
Nella sua stanza, in redazione - ha raccontato Rodari - è appesa una frase del filosofo e teologo russo Pavel Evdokimov, a suo tempo osservatore ortodosso nell'ultima sessione del Concilio Vaticano II. La frase è questa: «Il mondo fondamentalmente maschile nel quale la donna non ha alcun ruolo è sempre più un mondo senza Dio, poiché senza madre Dio non può nascervi».
Semplicemente, un passo da meditazione. Giova ricordare che qualche tempo fa, proprio sull'Osservatore Romano, la storica Lucetta Scaraffia aveva proposto le donne come antidoto alle pedofilia nel clero: «Una maggiore presenza femminile non subordinata avrebbe potuto squarciare il velo di omertà maschile che spesso in passato ha coperto con il silenzio la denuncia dei misfatti». Allora, qualcosa sta per cambiare, radicalmente, definitivamente? Poche settimane fa il Vaticano ha espresso crescente preoccupazione per le violenze contro le donne, in casa e sul lavoro: monsignor Celestino Migliore, ambasciatore vaticano presso l'Onu, ha dichiarato che «Le discriminazioni che esse subiscono riguardano la professione, gli stipendi e le pensioni. Alle donne e alle ragazze devono essere garantiti i pieni diritti civili, politici, economici e culturali, oltre ad una eguaglianza di accesso all'istruzione e alla salute». E si direbbe che finalmente Santa Romana Chiesa si sia decisa a dare il buon esempio, da questo punto di vista, mostrandosi anche protagonista di una clamorosa inversione di rotta nei suoi uffici.
Il quadro, tuttavia, non è solare come potrebbe apparire sulla base di queste notizie. Le nuove norme vaticane sui cosiddetti "delicta graviora", ossia i delitti considerati straordinariamente gravi dalla Chiesa, non si sono limitate a riformare le procedure canoniche per i preti che si sono macchiati di odiosi abusi nei confronti dei minori, ma hanno incluso anche tutta una serie di rilievi sugli altri "delitti" ecclesiastici: in primis, l'ordinazione delle donne al sacerdozio cattolico. Come - si potrebbe obiettare - prima si fa circolare la notizia d'una più rispettosa integrazione e assimilazione delle donne nelle Sacre Stanze, quindi si assesta un colpo così grottesco, equiparando, sostanzialmente, la pedofilia al sacerdozio delle donne? Nel mondo cattolico anglosassone e atlantico le polemiche non hanno faticato a montare: ventisette associazioni cattoliche, dalla National Coalition of American Nuns a Pax Christi, da Noi Siamo Chiesa sino a quelli di Corpus, hanno ritenuto opportuno firmare un appello congiunto per protestare a gran voce, e forse non senza ragione, contro quella che giudicano «grave offesa contro gli sforzi in buona fede per l'eguaglianza tra i sessi»: sforzi che vengono «fraintesi come un sacrilegio dal Vaticano e messi sullo stesso piano dell'abuso sessuale sui bambini». Il promotore di giustizia della Congregazione per la dottrina della fede ha spiegato che, sebbene pedofilia e ordinazione delle donne si trovino nello stesso documento, non si tratta di delitti della stessa gravità, o dello stesso livello. Le associazioni hanno tuttavia rivendicato la bontà dello spirito di chi si batte per l'ordinazione delle donne: «Sappiamo che le persone che lavorano per l'ordinazione delle donne sono salde nella loro fede e coraggiose nella loro opera, alla ricerca di una Chiesa inclusiva e responsabile».
Nel 1976 - hanno precisato i firmatari dell'accordo - la Pontifica Commissione Biblica, nel corso d'una disamina, aveva semplicemente concluso che non esistevano validi motivi scritturali per negare l'ordinazione alle donne. Il rivoluzionario Papa Wojtyla, però, la pensava diversamente: «Il fatto che Maria Santissima, Madre di Dio e della Chiesa, non abbia ricevuto la missione propria degli Apostoli né il sacerdozio ministeriale mostra chiaramente che la non ammissione delle donne all'ordinazione sacerdotale non può significare una loro minore dignità né una discriminazione nei loro confronti, ma l'osservanza fedele di un disegno da attribuire alla sapienza del Signore dell'universo. La presenza e il ruolo della donna nella vita e nella missione della Chiesa, pur non essendo legati al sacerdozio ministeriale, restano comunque assolutamente necessari e insostituibili». E in fondo a questa Lettera Apostolica di papa Giovanni Paolo II, la Ordinatio Sacerdotalis del 1994, si poteva leggere: «Al fine di togliere ogni dubbio su una questione di grande importanza, che attiene alla stessa divina costituzione della Chiesa, in virtù del mio ministero di confermare i fratelli, dichiaro che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire a donne l'ordinazione sacerdotale e che questa nostra sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa».
Ma Raztinger potrebbe, chissà, mostrare un approccio diverso. Paolo Rodari, sul Foglio del 4 aprile scorso, ricordava che il 2 marzo del 2006, al termine d'un incontro con il clero capitolino, nell'aula della Benedizione, papa Benedetto XVI aveva così risposto a braccio: «Il ministero sacerdotale dal Signore è, come sappiamo, riservato agli uomini, in quanto il ministero sacerdotale è governo nel senso profondo che, in definitiva, è il sacramento che governa la chiesa. Questo è il punto decisivo. Non è l'uomo che fa qualcosa, ma il sacerdote fedele alla sua missione governa, nel senso che è il sacramento, cioè mediante il sacramento è Cristo stesso che governa, sia tramite l'eucaristia che negli altri sacramenti, e così sempre Cristo presiede. Tuttavia, è giusto chiedersi se anche nel servizio ministeriale, nonostante il fatto che qui sacramento e carisma siano il binario unico nel quale si realizza la chiesa, non si possa offrire più spazio, più posizioni di responsabilità alle donne». Contorto ma non certo ermetico... Niente affatto.

© Copyright Il Secolo d'Italia, 23 luglio 2010

Papa Benedetto e' sicuramente un rivoluzionario ma non certo perche' ha in mente di aprire al sacerdozio delle donne.
R.

3 commenti:

Il papa è il mio padre spirituale ha detto...

Papa Benedetto è rivoluzionario perchè è seguace e testimone di Gesù, soprattutto nell'amore per la Verità.

Anonimo ha detto...

In che senso rimane il nodo del sacerdozio femminile?

La Chiesa, sul sacerdozio ministeriale da riservarsi esclusivamente alle persone di sesso maschile, si è espressa in maniera definitiva.

Quindi non vedo che nodo da sciogliere ci sia. La questione è chiusa in maniera definitiva.

Anonimo ha detto...

Le mie scuse! Pensavo che la frase sul nodo legato al sacerdozio magisteriale anche per le donne fosse stata scritta da Raffaella!

Mi sembra d'aver sbagliato e allora me ne scuso!