martedì 22 dicembre 2009

Il Papa: «Shoah, crudeltà dell'uomo» (Gagliarducci)


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Il Papa: «Shoah, crudeltà dell'uomo»

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Andrea Gagliarducci

La Chiesa non faccia politica, ma si impegni a far rispettare i pre-requisiti della politica. La Shoah rappresenta la «crudeltà della colpa umana». Il messaggio evangelico va inviato anche a quanti si considerano agnostici o atei, senza che questi si sentano spaventati per questo. Sono i tre grandi temi che Benedetto XVI lancia nell'annuale incontro di fine anno con la Curia Romana. Tre temi che sono stati affrontati in tre viaggi del Pontefice, e che il Papa ripercorre in una sorta di geografia dell'evangelizzazione: Africa, che è protagonista assoluta dell'anno e dell'intervento, che prende le mosse dal tema del sinodo per i vescovi d'Africa su «memoria e riconciliazione»; Repubblica Ceca, nazione a maggioranza atea; e Israele, viaggio delicato e importante, durante il quale il Papa ha «ricucito» i rapporti con il mondo ebraico, senza mancare di guardare al mondo palestinese: non va mancato di notare che è al mondo arabo che appartiene in prevalenza la minoranza cristiana in Medioriente. I rapporti con il mondo ebraico sembrano incrinarsi di nuovo di fronte alla decisione di approvare il decreto che attesta le «virtù eroiche» di Pio XII. Per il mondo ebraico, Papa Pacelli è stato il Papa del silenzio, che non ha mosso un dito per fermare la Shoah. Ma la recente storiografia ha ricordato anche l'operato di Pio XII per rifugiare gli ebrei in fuga in conventi e monasteri cattolici, ed è stata sostenuta anche da personalità di tipo ebraico. Tuttavia, la diatriba non è ancora stata risolta: è stata ventilata l'ipotesi che possa saltare la visita di Benedetto XVI nella sinagoga di Roma, prevista per il 17 gennaio.
Le parole di ieri suonano come un chiaro messaggio agli ebrei, che rende - ancora una volta - inequivocabile la sua condanna della Shoah, e sottolinea la continuità tra le due religioni. «La visita a Yad Vashem - dice Benedetto XVI - ha significato un incontro sconvolgente con la crudeltà della colpa umana, con l'odio di un'ideologia accecata che, senza alcuna giustificazione, ha consegnato milioni di persone umane alla morte e che con ciò, in ultima analisi, ha voluto cacciare dal mondo anche Dio, il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe e il Dio di Gesù Cristo». Benedetto XVI approfitta dell'incontro con la Curia per delineare i tratti della sua Chiesa. Una Chiesa che non fa politica, ma non per questo è assente dal dibattito pubblico. I vescovi e i sacerdoti - ammonisce il Pontefice - non devono «cedere alla tentazione di prendere personalmente in mano la politica». Il problema, aggiunge, è «una questione molto concreta» di fronte alla quale si trovano continuamente i sacerdoti: «Come possiamo essere realisti e pratici, senza arrogarci una competenza politica che non ci spetta?». La risposta, per Benedetto XVI, è in una «laicità positiva, praticata ed interpretata in modo giusto». Si riferisce all'Africa. Ma il tema è nelle corde di Papa Ratzinger, che guarda al modello statunitense, dove le religioni hanno uno spazio riconosciuto nel dibattito pubblico, e i loro interventi non sono considerati come «interferenze». Perché alla Chiesa spetta piuttosto - spiega poi il Papa - «innescare i processi pre-politici» finalizzati alla pace e allo sviluppo, primo fra tutti quella «riconciliazione con Dio». Il modello - ricordato nell'enciclica Caritas in veritate - è quello della gratuità. Il Papa la spiega così: «La disponibilità a fare il primo passo, per primi andare incontro all'altro, offrirgli la riconciliazione, assumersi la sofferenza che comporta la rinuncia al proprio aver ragione». È un modello di comportamento. Che va seguito a maggior ragione nell'approccio con quanti non hanno alcun riferimento religioso. Benedetto XVI ricorda il recente viaggio in Repubblica Ceca, considerata da molti il laboratorio per il futuro dell'Europa: una società fortemente secolarizzata, dove si proclamano non credenti il 70 per cento delle persone. Lì Benedetto XVI ha invitato gli accademici cattolici a farsi «minoranza creativa», ad essere da traino per una riconciliazione con Dio. Alla Curia Romana ricorda che «è importante soprattutto il fatto che anche le persone che si ritengono agnostiche o atee, devono stare a cuore a noi come credenti. Quando parliamo di una nuova evangelizzazione, queste persone forse si spaventano. Non vogliono vedere se stesse come oggetto di missione, né rinunciare alla loro libertà di pensiero e di volontà. Ma la questione circa Dio rimane tuttavia presente pure per loro, anche se non possono credere al carattere concreto della sua attenzione per noi».

© Copyright Il Tempo, 22 dicembre 2009 consultabile anche qui.

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