lunedì 21 dicembre 2009
Discorso del Papa alla curia romana: il commento di Giovanni Maria Vian
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Al cospetto di Dio
La fine dell'anno civile - e per i cristiani la celebrazione del Natale di Cristo - è occasione di riflessione e bilanci. Anche per Benedetto XVI, che come di consueto ha parlato ai suoi collaboratori più stretti (cardinali, membri della Curia romana, rappresentanti pontifici) rileggendo l'anno in una luce che può sorprendere ma che è l'unica vera, e cioè "al cospetto di Dio".
E proponendo la sua visione di questi mesi trascorsi a chiunque voglia prestargli attenzione.
Il Papa ha scelto i tre grandi viaggi internazionali dell'anno - in Africa, in Terra santa, nel cuore dell'Europa - per svolgere una riflessione sull'essere umano che, consapevole o ignaro, sta appunto davanti a Dio. La preoccupazione di Benedetto XVI resta infatti quella di testimoniare questa realtà. Ciò in un anno in gran parte trascorso "nel segno dell'Africa". Ma anche durante il pellegrinaggio nel Paese promesso a Mosè e dove Gesù passò annunciando e inaugurando il regno di Dio. E nella visita nella Repubblica Ceca, nel cuore di un'Europa da vent'anni di nuovo libera e in pace, benché curva sotto il peso di nuove divisioni, ingiustizie e intolleranze.
Come sempre il Papa coglie l'essenziale, senza però attenuare un realismo attento che troppo spesso manca a governanti e politici. Questo realismo invece è la principale caratteristica dell'enciclica Caritas in veritate, così come lo è stato dell'assemblea sinodale, che tuttavia non si è arrogata competenze politiche improprie. E l'essenziale sta nel fatto che il cielo non è più chiuso e che Dio è vicino. Per questo i cattolici africani vivono ogni giorno il senso della sacralità, hanno accolto il primato pontificio come evidente "punto di convergenza per l'unità della Famiglia di Dio" e celebrano liturgie gioiose e composte che hanno richiamato a Benedetto XVI la sobria ebrietas cara al misticismo antico, giudaico e cristiano.
La riconciliazione, per il Papa, è quella urgente in Africa come in ogni altra società, secondo un processo che può trarre esempio da quello avviato in Europa dopo la tragedia dell'ultima guerra mondiale. Ma la riconciliazione si realizza, prima di tutto, nel sacramento della penitenza, in gran parte scomparso nelle abitudini dei cristiani perché si è perduta "la veracità nei confronti di noi stessi e di Dio", mettendo a rischio l'umanità e la capacità di pace. E di fronte al male bisogna restare vigili: ecco perché Benedetto XVI è tornato sulla visita "sconvolgente" compiuta a Yad Vashem, che ricorda lo sterminio di sei milioni di ebrei e la volontà di cacciare dal mondo il Dio di Abramo e di Gesù.
Ma l'immagine che più colpisce e che resterà di questo grande discorso papale è quella del "cortile dei gentili", riservato nel Tempio di Gerusalemme ai pagani che volevano pregare l'unico Dio e che Gesù volle sgomberare da chi l'aveva trasformato in "un covo di ladri".
A imitazione di Cristo anche oggi - ha detto Benedetto XVI - la Chiesa dovrebbe aprire uno spazio per tutti i popoli e per quanti conoscono Dio da lontano o per i quali è sconosciuto o estraneo. Per aiutarli ad "agganciarsi a Dio", al cui cospetto sta ogni creatura umana.
g. m. v.
(©L'Osservatore Romano - 21-22 dicembre 2009)
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