sabato 12 dicembre 2009

Pedofilia in Irlanda: una reazione del Papa che non vuole fermarsi alla preghiera e alle scuse, ma tradursi in «indicazioni pratiche» (Conte)


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Una reazione che non vuole fermarsi alla preghiera e alle scuse, ma tradursi in «indicazioni pratiche»

Domitilla Conte

CITTÀ DEL VATICANO

«Vergogna», «sdegno», «tradimento», «crimini odiosi»: Benedetto XVI rovista negli angoli bui del vocabolario per trovare parole sempre più forti per esprimere il suo dolore per gli abusi commessi da alcuni preti su minori, denunciati per la seconda volta in Irlanda, dopo gli scandali scoppiati negli anni scorsi negli Stati Uniti e in Australia.
«Parole fortissime», anche secondo il suo portavoce, padre Federico Lombardi, che sottolinea però la «continuità» dell'azione di Papa Ratzinger nel combattere questa piaga, una reazione che non vuole fermarsi alla preghiera e alle scuse, ma, specialmente in questo caso, tradursi in «indicazioni pratiche», perché questi «vergognosi eventi» non debbano più ripetersi.
Parole che si riverseranno a breve in una lettera pastorale ai cattolici d'Irlanda in cui «indicherà – preannuncia un comunicato approvato dal Papa e diffuso dalla sala stampa dopo l'incontro – le iniziative da prendere per far fronte alla situazione». Iniziative che potranno pesantemente influire sull'assetto dei vertici locali della Chiesa, «ai quali spetta – precisa la nota – la responsabilità fondamentale della cura pastorale di bambini».
Particolarmente atroci le evidenze del «rapporto Ryan» sugli abusi commessi in alcuni istituti di correzione irlandesi gestiti da religiosi dagli anni 30 agli anni 80, che già aveva indotto il pontefice a convocare in Vaticano, nel giugno scorso, il presidente della Conferenza episcopale, mons. Sean Brady, e l'arcivescovo di Dublino, Darmuid Martin.
Secondo la Child abuse commission non si era trattato solo «dell'errore di alcuni» ma di maltrattamenti sistematici, non solo di natura sessuale, scambiati per mezzi di correzione. Il Papa intervenne, ma senza diffondere messaggi all'esterno. A cinque mesi di distanza, il 26 novembre scorso, vi si è sovrapposto il «rapporto Murphy», scritto da un giudice donna che per tre anni ha indagato su quanto avveniva nell'arcidiocesi di Dublino, una delle più grandi d'Europa: centinaia di abusi sessuali compiuti da preti e coperti per anni dai vertici ecclesiastici, almeno fino alla metà degli anni 90. Sotto accusa soprattutto tre arcivescovi, ormai defunti, e il cardinale Desmond Connell, l'unico ancora vivo. Nessuno di questi alti prelati, pur essendo al corrente delle denunce di abusi, segnalò i presunti preti colpevoli alle autorità giudiziarie.
Una situazione che Benedetto XVI ha ben chiarito di non essere disposto a perpetuare. «Mi vergogno profondamente», disse sull'aereo che lo conduceva negli Stati Uniti nell'aprile del 2008, «saneremo le ferite», aggiunse.

© Copyright Gazzetta del sud, 12 dicembre 2009

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