venerdì 11 dicembre 2009
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Città del Vaticano, 11 dic. (Apcom)
Non è mai stato indulgente nei confronti dei preti pedofili, papa Benedetto XVI. Aveva ammesso un sentimento di "vergogna" volando negli Stati Uniti, era tornato sul tema senza giri di parole nella visita in Australia e, a pochi mesi dall'ascesa al soglio pontificio, nell'ottobre del 2006, aveva denunciato "molti casi dolorosi di abusi sessuali su minori", ricevendo i vescovi irlandesi, "ancora più tragici quando a compierli è un ecclesiastico".
Linguaggio diretto e severità di giudizio ribaditi oggi in una lunga nota che - approvata dal Papa in persona - ha concluso un vertice straordinario in Vaticano con i capi dei vescovi irlandesi.
Contro di loro ha puntato il dito il rapporto della commissione Murphy, 720 pagine di un'indagine commissionata dal governo che, dopo anni di reticenze e omertà sul tema, ha messo in luce il caso di 46 preti accusati di avere abusato sessualmente di minori tra il 1975 e il 2004 nella cattolicissima Irlanda.
La pentola era già stata scoperchiata con il rapporto della commissione Ryan, diffuso a maggio scorso, che raccontava le sevizie e i maltrattamenti cui erano sottoposti i bambini negli istituti gestiti e controllati da ordini religiosi. Il report affidato al giudice Murphy, pubblicato di recente, mette in luce le responsabilità della gerarchia ecclesiastica, rea di aver coperto i pedofili, spostati da alcuni vescovi di parrocchia in parrocchia per tutelare il buon nome della Chiesa e, probabilmente, il suo patrimonio.
Ce n'era abbastanza, per il Papa, per un incontro urgente in Vaticano. Certo, già da cardinale, Ratzinger ha sempre visto quello della pedofilia come un nodo da sciogliere tra tribunali ecclesiastici e diritto canonico. L'istruzione dottrinale 'Crimen sollecitationis' (1962), rivista dalla congregazione per la Dottrina della fede da lui presieduta con la lettera 'De delictis gravioribus' (2001), ad esempio, non prevede l'obbligatorietà della denuncia di casi di pedofilia alle autorità statali. Dettaglio che ha sollevato più di una rimostranza, nel corso degli anni, tra le associazioni di vittime. Le quali hanno puntato anche il dito contro uno stile dei seminari più attenta alle reprimende che alla formazione dei candidati psicologicamente più problematici. Ma la linea di 'tolleranza zero' di Ratzinger - a differenza di un approccio meno vigoroso di Giovanni Paolo II - ha anche suscitato plausi e apprezzamenti tra le Chiese dove lo scandalo è emerso con maggior fragore. E, dopo le scuse dei vescovi irlandesi, ha parlato il capo della cattolicità.
"Il Santo Padre condivide lo sdegno, la sensazione di tradimento e la vergogna provati da così tanti fedeli in Irlanda", afferma il comunicato odierno della Santa Sede, e "chiede ai cattolici in Irlanda e in tutto il mondo di unirsi a lui nel pregare per le vittime, per le loro famiglie e per tutti coloro che sono stati colpiti da questi crimini odiosi".
Non solo. Ratzinger "intende rivolgere una Lettera Pastorale ai fedeli d'Irlanda, nella quale indicherà con chiarezza le iniziative che devono essere prese in risposta alla situazione".
Intanto, la Santa Sede "prende molto seriamente le questioni centrali sollevate dal Rapporto, incluse quelle relative al governo di capi della Chiesa locale con la responsabilità fondamentale della cura pastorale di bambini".
Il Vaticano e i vescovi irlandesi non lo confermano, ma in tempi brevi dovrebbe saltare qualche testa.
All'incontro odierno hanno partecipato il cardinale Sean Brady, presidente della Conferenza episcopale irlandese, e l'arcivescovo di Dublino, monsignor Diarmuid Martin. Per la Curia romana erano presenti i vertici della Segreteria di Stato - il segretario di Stato Bertone e i suoi due vice, Mamberti e Filoni - e i capi dei dicasteri della Dottrina della fede (Levada), dei Vescovi (Re), del clero (Hummes) e dei religiosi (Rodé).
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