martedì 13 aprile 2010

Pedofilia, la Chiesa è ancora più trasparente (Gianni Cardinale)


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PUBBLICAZIONE

Pedofilia, la Chiesa è ancora più trasparente

Gianni Cardinale

Nel segno della trasparenza la Santa Sede ha messo ieri in rete sul proprio sito una Guida alla comprensione delle procedure di base della Congregazione per la dottrina della fede (Cdf) riguardo le accuse di abusi sessuali. Il testo, scritto per i non specialisti – giornalisti compresi – è stato pubblicato in inglese, mentre L’Osservatore Romano ne ha offerto una traduzione in italiano. La Guida non presenta novità normative, ma ribadisce quali sono le procedure in atto derivate dal motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela del 2001, letto alla luce del Codice di diritto canonico, e di alcune facoltà speciali concesse alla Cdf da Giovanni Paolo II e ribadite da Benedetto XVI.
Per quanto riguarda le "Procedure preliminari", la Guida prevede che «la diocesi indaga su qualsiasi sospetto di abusi sessuali da parte di un religioso nei riguardi di un minore». E che «qualora il sospetto abbia verosimiglianza con la verità, il caso viene deferito alla Cdf». «Va sempre dato seguito – ribadisce la Guida – alle disposizioni della legge civile per quanto riguarda il deferimento di crimini alle autorità preposte». Il che vuol dire che non c’è nessun impedimento alla denuncia, ma pure che la Santa Sede chiede di «rispettare la legge» se impone la denuncia. Mentre laddove, come in Italia, non vige questo obbigo sono incoraggiat, – come aveva spiegato, monsignor Charles J. Scicluna, il "pm" dell’ex Sant’Uffizio su queste colonne – «a rivolgersi alle vittime per invitarle a denunciare quei sacerdoti» che hanno abusato di loro.
La Guida puntualizza inoltre che, durante questa fase preliminare e fino a quando il caso sia concluso, «il vescovo può imporre misure precauzionali per la salvaguardia della comunità, comprese le vittime». Infatti «al vescovo locale è sempre conferito il potere di tutelare i bambini limitando le attività di qualsiasi sacerdote nella sua diocesi». E questo potere – si ribadisce – rientra nell’«autorità ordinaria» del vescovo, che «è sollecitato a esercitare qualsiasi misura necessaria per garantire che i bambini non ricevano danno», e «può essere esercitato a discrezione del vescovo prima, durante e dopo qualsiasi procedimento canonico». Questo è un punto molto importante perché spiega che, oggi come ieri, la responsabilità del controllo dell’attivita dei preti accusati di abusi spetta ai vescovi locali e non alla Cdf.
Detto ciò, la Guida ricorda poi che nel procedere contro i sacerdoti accusati di abusi sessuali con minorenni la Cdf segue diverse opzioni.
L’ex Sant’Uffizio può infatti procedere con un processo penale che può essere giudiziario (davanti a un Tribunale ecclesiale locale) oppure amministrativo (più rapido, davanti a un delegato del vescovo locale, assistito da due assessori). «Qualora – spiega la Guida – il sacerdote venga giudicato colpevole, i due procedimenti – giudiziario e amministrativo penale – possono condannarlo a un certo numero di pene canoniche, la più seria delle quali è la dimissione dallo stato clericale». «Anche la questione dei danni subiti – aggiunge – può essere trattata direttamente durante queste procedure». L’opzione "processuale", aveva rivelato monsignor Scicluna, riguarda grosso modo il 20% dei circa tremila casi affrontati nella Cdf dal 2001 al 2010 e riferiti a delitti compiuti negli ultimi cinquant’anni.
Una diversa possibilità è quella di riferire direttamente al Papa. Questo avviene «in casi particolarmente gravi, in cui processi civili criminali abbiano ritenuto colpevole di abusi sessuali su minori un religioso, o in cui le prove siano schiaccianti». Allora avviene che la Cdf «può scegliere di portare questo caso direttamente al Santo Padre con la richiesta che il Papa emetta un decreto di dimissione dallo stato clericale "ex officio"». «La Cdf – aggiunge la Guida – porta al Santo Padre anche richieste di sacerdoti accusati che, consapevoli dei crimini commessi, chiedano di essere dispensati dagli obblighi del sacerdozio e chiedano di tornare allo stato laicale». Questa opzione riguarda un altro 20% dei citati tremila casi affrontati nell’ultimo decennio.
Un’ultima opzione riguarda «quei casi in cui il sacerdote accusato abbia ammesso i propri crimini e abbia accettato di vivere una vita di preghiera e penitenza». In questo caso «la Cdf autorizza il vescovo locale a emettere un decreto che proibisce o limita il ministero pubblico di tale sacerdote». «Tali decreti – si precisa – sono imposti tramite un precetto penale che comprende una pena canonica per la violazione delle condizioni del decreto, non esclusa la dimissione dallo stato clericale». Quest’ultima opzione riguarda soprattutto sacerdoti accusati dall’età avanzata e copre quindi la maggioranza (60%) dei casi affrontati.
Il documento infine rivela la Cdf ha in corso una revisione di alcuni articoli del motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela, che, comunque «non cambieranno» le procedure illustrate. È presumibile che verrà codificata la prassi di allungare i termini di prescrizione che il motu proprio del 2001 limita a dieci anni dal compimento di 18 anni da parte della vittima.

© Copyright Avvenire, 13 aprile 2010 consultabile online anche qui.

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