domenica 30 maggio 2010
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Al fianco dei minori abusati, preghiera in San Pietro
Promossa dagli studenti degli Atenei pontifici l’adorazione eucaristica per l’espiazione degli atti commessi da sacerdoti
La meditazione affidata al promotore di giustizia del dicastero vaticano per la dottrina della fede Scicluna: da Gesù parole terribili verso i colpevoli
DA ROMA GIANNI CARDINALE
«Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, è meglio per lui che si metta una macina da asino al collo e venga gettato nel mare».
Questa frase di Gesù, riportata dal Vangelo di Marco, è riecheggiata ieri in San Pietro nel corso della mattinata di adorazione eucaristica promossa dagli studenti delle Università pontificie romane per l’espiazione degli abusi commessi da alcuni sacerdoti e in solidarietà con le vittime. Preoccupazioni e riflessioni che, come noto, sono state anche oggetto dei lavori della 61ª Assemblea generale della Cei svoltasi dal 24 al 28 maggio scorsi a Roma.
Il momento di preghiera svoltosi all’altare della Cattedra nella Basilica Vaticana, è stato patrocinato, come «gesto di solidarietà nei confronti di Benedetto XVI», dal cardinale arciprete della basilica vaticana Angelo Comastri. La meditazione è stata guidata da monsignor Charles J. Scicluna, il «promotore di giustizia» della Congregazione per la dottrina della fede, il pubblico ministero, in pratica, del tribunale dell’ex Sant’Uffizio, che ha il compito di indagare sui cosiddetti delicta graviora, i delitti che la Chiesa cattolica considera i più gravi in assoluto, tra i quali è compreso quello contro il sesto comandamento («non commettere atti impuri») di un chierico con un minore di diciotto anni. Dopo aver sottolineato che l’atto di adorazione «alla presenza di Gesù Eucaristia vuole fare eco dell’amore, della cura e della sollecitudine che la Chiesa, sposa di Gesù, ha sempre avuto per i bambini e per i deboli» Scicluna, senza mai citare esplicitamente la questione degli abusi, ha usato parole molto dure per commentare le «terribili parole di Gesù» riportate dal Vangelo di Marco.
E lo ha fatto citando le altrettanto terribili parole di Gregorio Magno: «Misticamente espresso nella macina da asino è il ritmo duro e tediante della vita secolare, mentre il profondo del mare sta a significare la dannazione più terribile. Perciò chi, dopo essersi portato ad una professione di santità, distrugge altri tramite la parola o l’esempio, sarebbe davvero meglio per lui che i suoi malfatti gli fossero causa di morte essendo secolare, piuttosto che il suo sacro officio lo imponesse come esempio per altri nelle sue colpe; perché, senza dubbio, se fosse caduto da solo, il suo tormento nell’inferno sarebbe di qualità più sopportabile ». «Ma il Signore – ha subito proseguito Scicluna –, che non gode della perdita dei suoi servi e non vuole la morte eterna delle sue creature, subito aggiunge rimedio alla condanna, farmaco alla malattia, sollievo al pericolo di eterna dannazione». E a questo proposito il 'pm' dell’ex Sant’Uffizio ha citato altre terribili parole di Gesù tratte da Marco: «Se la tua mano ti scandalizza, tagliala »; «se il tuo piede ti scandalizza, taglialo»; «se il tuo occhio ti scandalizza, cavalo ». E Scicluna per illuminare queste sentenze particolarmente dure del Signore ha ricordato come diversi Padri della Chiesa «interpretano 'la mano', 'il piede', 'l’occhio' come l’amico caro al nostro cuore con cui condividiamo la nostra vita, a cui siamo legati con legami di affetto, concordia e solidarietà ». «C’è un limite a questo legame – ha ammonito Scicluna –. L’amicizia cristiana si sottomette alla legge di Dio». «Se – ha spiegato – il mio amico, il mio compagno, la persona a me cara è per me occasione di peccato, è per me un inciampo nel mio peregrinare, io non ho altra scelta, secondo il criterio del Signore, se non di tagliare questo legame». «Chi – si è chiesto Scicluna – negherebbe lo strazio di una tale scelta? Non è forse questa una crudele amputazione?». «Eppure – ha risposto – il Signore è chiaro: È meglio per me entrare da solo nel Regno (senza una mano, senza un piede, senza un occhio), che con il mio amico andare 'nella Geenna, nel fuoco inestinguibile'».
© Copyright Avvenire, 30 maggio 2010
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