sabato 29 maggio 2010

Card. Bagnasco: «Mai più coperture per un reato terrificante come la pedofilia» (Galeazzi)


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«La linea da seguire è la tolleranza zero
Il resto lo farà ciascun vescovo»


“Sui preti pedofili possibili coperture anche in Italia”

GIACOMO GALEAZZI

CITTA’DEL VATICANO

«Mai più coperture per un reato terrificante come la pedofilia». Il presidente della Cei, Angelo Bagnasco ammette «possibili insabbiamenti in Italia come è accaduto in altri Paesi» e rivela di essersi occupato dieci anni fa a Pesaro di un prete sospettato di abusi.
Il leader dell’episcopato si smarca dalle resistenze di ambienti di Curia, si allinea alla «purificazione» di Benedetto XVI e guida personalmente l’«autoriforma» annunciata giovedì nell’Aula del Sinodo. Poiché è «inderogabile» il compito di «fare giustizia nella verità», i vescovi sono tenuti ad «assumere in prima persona la responsabilità verso le vittime e accoglierle giorno e notte». Non saranno istituite commissioni né responsabili diocesani. I vescovi sono i «referenti naturali» per le vittime. La possibilità di passati insabbiamenti nelle diocesi italiane «c’è, e qualora questo fosse accertato, il giudizio della Chiesa è noto: è una cosa di per sé sbagliata e come tale da superare», chiarisce Bagnasco. Quando una persona denuncia abusi sessuali commessi da un prete, «la si riceva immediatamente», avverte. Nel sottolineare che «il bene vero delle singole vittime» deve essere il criterio-guida «per gli interventi e i provvedimenti necessari», Bagnasco puntualizza che la Cei «non ritiene opportuno» attuare particolari iniziative a livello nazionale,«né tantomeno documenti».
La linea da seguire è la «tolleranza zero» del Papa, poi «il resto lo farà localmente ciascun vescovo».
Nell’ultimo decennio sono un centinaio i procedimenti avviati contro sacerdoti. Le vicende più note riguardano don Ruggero Conti (il cui processo civile è in corso a Roma), don Lelio Cantini, «spretato» da Benedetto XVI due anni fa a Firenze. In Lombardia, don Domenico Pezzini e don Marco Radaelli coinvolti in casi di violenze su bambini. Poi a Verona alcuni religiosi dell’istituto «Provolo» accusati di aver stuprato e seviziato 67 bambini sordomuti.
I radicali reclamano un fondo per le vittime con i soldi dell’8 per mille (un miliardo di euro), mentre «molti processi non sono celebrati per motivi procedurali (prescrizione e i vizi formali) e nessun vescovo italiano ha rassegnato le dimissioni o fatto “mea culpa” per l’omessa vigilanza». Quando ci si riferisce a esperienze di lotta alla pedofilia messe in campo da altre Chiese, secondo Bagnasco, occorre distinguere tra i principi che si vogliono affermare e la loro attuazione pratica che può essere legata a circostanze locali. «Conta seguire i criteri indicati dalla Santa Sede, definire modelli assoluti è meno importante - afferma -.Se anche in Italia un vescovo intende deputare qualcuno a incontrare le vittime è un fatto che rientra nel suo discernimento». La pedofilia è «un peccato terrificante e un reato che riguarda tutta la società e la Chiesa che fa parte della società», sottolinea il leader Cei. Però, «i casi di indegnità non possono oscurare il luminoso impegno che il clero italiano nel suo complesso svolge nel Paese». Sul fronte economico e sociale Bagnasco reclama un particolare sostegno alle famiglie e alle piccole e medie imprese, a cui «non arrivano sufficienti aiuti», specie in questo momento di grave difficoltà. E il federalismo è destinato al fallimento, se non è ancorato ai valori «irrinunciabili» dell’unità nazionale e della solidarietà».

© Copyright La Stampa, 29 maggio 2010

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