mercoledì 9 giugno 2010
Anno Sacerdotale, card. Hummes: «Un tempo di grazia perché i preti tornino a ciò che è essenziale» (Cardinale)
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«Un tempo di grazia perché i preti tornino a ciò che è essenziale»
DA ROMA GIANNI CARDINALE
La fine dell’Anno sacerdotale, che ha il suo culmine in questi giorni a Roma, non «segna un termine, ma un nuovo inizio con nuovo ardore e con nuove energie spirituali per i sacerdoti e per la Chiesa nel suo insieme». Parola del cardinale Claudio Hummes, prefetto della Congregazione per il clero.
Eminenza, quale è stato il livello di recezione dell’Anno sacerdotale nella Chiesa universale?
L’Anno Sacerdotale è stato molto ben recepito. Fin dal momento della sua indizione. Me lo ha confermato lo stesso Santo Padre quando ho avuto modo di parlare con lui. Ero sicuro che anche i presbiteri sarebbero rimasti contenti che tutta la Chiesa si ricordi di loro in una forma così solenne. Ed è stata veramente una grande grazia.
Quali sono stati gli aspetti qualificanti di questo Anno?
Innanzitutto siamo riusciti a promuovere un Anno in senso positivo nei confronti dei nostri sacerdoti: per incoraggiarli, aiutarli, per far capire quanto la Chiesa riconosce quello che loro fanno, il loro ministero, e quello che loro sono, la loro testimonianza di vita. Secondo punto importante è stato che l’Anno è stato vissuto realmente nelle Chiese locali. Non si è trattato di una iniziativa centrale della Curia Romana e basta. Anzi. Le Conferenze episcopali, le diocesi, le parrocchie, tante parrocchie, hanno vissuto intensamente l’Anno. Tutto il Popolo di Dio si è mostrato vicino e in qualche modo responsabile dei propri sacerdoti. Un altro aspetto importante sono stati gli incontri nazionali di presbiteri che si sono celebrati nel mondo. Io ho partecipato ad alcuni di essi e ho sempre trovato un alto livello di spiritualità e di riflessione sulla identità del sacerdozio, e vi ho avvertito anche forte l’urgenza missionaria che oggi è necessaria non solo nelle terre della prima evangelizzazione, ma dappertutto anche nei Paesi di antica cristianità. Come ci ricorda il Papa non basta conservare le comunità esistenti, anche se questo è importante, ma è necessario uscire e andare a cercare sia i battezzati che si sono allontanati, sia di quelli che non sono mai stati coinvolti nella vita della Chiesa. Questa dimensione missionaria è stata veramente viva in questo Anno sacerdotale!
Quali sono gli esempi che più l’hanno colpita in questo Anno?
Innanzitutto il Santo Padre. Non si è mai stancato di ricordare l’Anno sacerdotale. Lo ha fatto nelle sue omelie, nei suoi discorsi, nelle sue catechesi del mercoledì. È sempre tornato su questo tema con delle riflessioni molto profonde, incoraggianti e illuminanti per tutta la Chiesa, ma soprattutto per i sacerdoti. Per tutti noi è stata una presenza importante, che abbiamo ammirato e di cui dobbiamo rendere grazie. Un evento che mi ha impressionato in modo particolare è stata poi la festa di san Giovanni Maria Vianney che abbiamo celebrato ad Ars il 4 agosto dello scorso anno. Si è trattato di un momento forte per me personalmente: c’erano molti pellegrini, non solo sacerdoti. Un altro momento è stato poi quello del ritiro spirituale internazionale dei sacerdoti, celebrato, sempre ad Ars, lo scorso settembre. Sono stato colpito, commosso, da dal modo in cui i preti presenti hanno vissuto quei giorni in un clima molto fraterno, con una grande voglia di approfondire la loro spiritualità sacerdotale.
Qual è l’eredità che il Curato d’Ars lascia ai sacerdoti di oggi?
Ovviamente non si può imitare letteralmente il Curato d’Ars ad un secolo e mezzo di distanza. La cultura è cambiata, la storia è andata avanti.
Ma il ministero specifico del sacerdote, del parroco, lui li ha svolti in un modo veramente valido per tutti i tempi. Perché l’essenza del sacerdozio è lo stessa per tutti i tempi, secondo quanto stabilito da Gesù Cristo. Il Curato d’Ars nella sua piccolezza umana rimane come una gigantesca ed esemplare figura sacerdotale.
Quali sono le indicazioni concrete che la figura del Curato d’Ars può dare ai nostri preti?
Innanzitutto la sua spiritualità. Lui era veramente un uomo di preghiera. I suoi parrocchiani lo percepivano realmente come un prete che passava le notti in adorazione davanti al santissimo sacramento per pregare per la sua gente affinché si convertisse al Signore. Poi era un uomo dell’Eucaristia. L’Eucaristia era al centro della sua vita personale e anche i parrocchiani percepivano la Messa come il centro della vita cristiana, come la grande forza dei cristiani nel mondo. Un altro punto centrale della sua testimonianza era poi il sacramento della Confessione. La gente cerca la pace, il perdono e la riconciliazione. Gesù è venuto per il perdono dei peccati. E il sacerdote ha ricevuto questo potere sacro di perdonare i peccati. E non può fare a meno di questo ministero. Deve offrirlo agli uomini. Un altro aspetto importante della figura del Curato d’Ars è quello della missione. San Giovanni Maria Vianney non aspettava i suoi parrocchiani in chiesa. Se c’era uno solo del suo gregge che non veniva lui si preoccupava di andarlo a trovare. Era cosciente che doveva rispondere davanti a Dio di tutti quelli che gli erano stati affidati, nessuno escluso.
L’Anno sacerdotale si è incrociato con la triste vicenda delle accuse di abusi sessuali rivolte ai chierici…
È stata una situazione per certi versi paradossale. Ma questo forse ci ha illuminato, ci ha aiutato a prendere coscienza più profonda su quanto accaduto riguardo agli abusi, di come sia necessario fare una grande purificazione nella Chiesa, e di quanto questa purificazione sia necessaria. Credo che l’Anno sacerdotale ci ha aiutato a vivere bene questo momento di purificazione necessaria.
Le cerimonie di questi giorni segnano la fine dell’Anno sacerdotale. E poi?
Questi giorni non segnano un termine, ma un nuovo inizio. L’anno sacerdotale non è stato concepito come un evento da compiere e che resta nel passato. Noi speriamo veramente che questo Anno sia un inizio di un tempo nuovo di grazia per i sacerdoti già in attività e per i seminaristi che si preparano ad esserlo.
© Copyright Avvenire, 9 giugno 2010
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