martedì 8 giugno 2010

Papa Benedetto dà il meglio quando mette piede nei conflitti: il commento di Daniel Pipes


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Lucia Annunziata vede analogie fra i discorsi del Papa sul M.O. e quelli di Obama (La Stampa)

VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE A CIPRO (4 - 6 GIUGNO 2010): LO SPECIALE DEL BLOG

Su segnalazione di Eufemia leggiamo:

No, il Papa non vuole isolarla

di Daniel Pipes

[08 giugno 2010]

Papa Benedetto dà il meglio quando mette piede nei conflitti: fu così il maggio scorso con il viaggio in Terra Santa e quella dinamica si è ripetuta in questo fine settimana con la visita a Cipro.
Due terre attraversate da muri e dunque due missioni proibite per un profeta disarmato, chiamato a svolgerle presso ospiti in guerra tra loro o in conflitto aperto con il «vicino » che abita «dietro la chiesa», come si è espresso il vecchio sufi che ha incontrato il Papa sabato sera a Nicosia. Il capolavoro del viaggio in Terra Santa era stato di riuscire a parlare a tutti e a farsi intendere, nella sostanza, da tutti.
Il contenuto migliore della tre giorni cipriota (4-6 giugno) è nella chiamata dei tribolati e degli uomini di pace a fare propria la «pazienza di Dio» e ad avere come principio guida la «pazienza del bene» - o quantomeno ad abbassare le «tensioni» per evitare «un bagno di sangue ancora più grande». Dietro a questo richiamo sapienziale c'è un'idea strategica, messa in chiaro dal documento preparatorio (Instrumentum laboris) del Sinodo per il Medio Oriente - si farà a Roma dal 10 al 24 ottobre - che il Papa ha consegnato domenica ai destinatari: è l'idea che ogni rivendicazione violenta delle proprie ragioni, siano pure le più sante, costituisce un danno per i popoli di quell'area. In quel documento sono stati chiamati per nome sia l'occupazione israeliana dei territori palestinesi, sia l'estremismo musulmano, sia il fondamentalismo delle sette cristiane statunitensi che si allea con la componente teocratica di Israele. Per cogliere l'audacia che ha guidato il Papa teologo in questa trasferta basta un'occhiata a una mappa di Cipro: il "muro" che separa dal resto dell'isola la zona settentrionale occupata dalla Turchia passa per la capitale Nicosia e costeggia la sede del rappresentante della Santa Sede. Egli stesso ha così accennato a quella situazione ambientale domenica sera nel commiato all'aeroporto: «Avendo pernottato in questi ultimi giorni nella Nunziatura apostolica, che si trova nella zona cuscinetto sotto il controllo delle Nazioni Unite, ho potuto vedere di persona qualcosa della triste divisione dell'isola».
Andare a Nicosia in questo momento è un gesto di coraggio perché nessun ca¬po di Stato visita oggi la Cipro divisa, come nessuno andava l'anno scorso in Medio Oriente avendo come obiettivo una visita in contemporanea nei territori palestinesi e in Israele. Il Papa l'ha potuto azzardare, quel gesto, perché le sue priorità sono altre e pongono come prima la finalità ecumenica: in questa direzione egli poteva contare sulla buona rispondenza dell'arcivescovo ortodosso di Cipro, Chrisostomos II, che l'aveva invitato unitamente al governo e che ha accettato di tenere con lui un incontro di preghiera. Cipro è il primo paese a maggioranza ortodossa visitato da Benedetto e il sesto visitato da un Papa, dopo i cinque raggiunti da Giovanni Paolo tra il 1999 e il 2002: Romania, Georgia, Grecia, Ucraina, Bulgaria. Come in altre occasioni ha fatto da apripista la Comunità di Sant'Egidio che ha tenuto a Cipro nel 2008 uno dei suoi meeting meglio riusciti. Nel 2009 Cipro aveva poi ospitato una sessione della Commissione mista per il dialogo tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa. Altra priorità papale è la pace nell'insieme della regione medio-orientale e la possibilità di sopravvivenza in essa delle comunità cristiane. Sono i temi del Sinodo per il Medio Oriente di cui a Cipro si è tenuta, per così dire, una riunione preparatoria. L'obiettivo è quello di far crescere una cultura di pace e anche a tal fine è essenziale la presenza delle attuali piccole minoranze cristiane, che costituiscono - come ha detto ad Avvenire lo storico Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant'Egidio - «un seme di democrazia e di pluralismo: altrimenti questi Paesi si ridurrebbero a un totalitarismo musulmano».
In quel contesto ha fatto colpo l'invito del Papa all'arte della pazienza, declinata anche in chiave ecumenica e politica: «Con tutti questi episodi che viviamo, c'è sempre il pericolo che si perda la pazienza, che si dica: adesso basta, che non si voglia più cercare la pace». Si tratta invece di «imitare Dio, la sua pazienza, e dopo tutti i casi di violenza non perdere il coraggio, non perdere la longanimità e ricominciare» nella «certezza » che «la violenza non è la soluzione ma la soluzione è la pazienza del bene». Anche il rapporto con l'islam l'ha proposto in termini di pazienza, invitando i cristiani ad avere «una comune capacità » di dialogo con i musulmani che «sono nostri fratelli nonostante le diversità ». Il documento pre-sinodale non risparmia critiche a nessuno dei protagonisti fiammeggianti del Medio Oriente: «Da decenni, la mancata risoluzione del conflitto israelo-palestinese, il non rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani, e l'egoismo delle grandi potenze hanno destabilizzato l'equilibrio della regione e imposto alle popolazioni una violenza che rischia di gettarle nella disperazione ». In esso viene bollata come «un'ingiustizia politica» l'occupazione israeliana dei territori palestinesi ma si deplora anche le «correnti estremiste» dell'Islam che sono «una minaccia per tutti ». C'è persino un passaggio che prende di mira le sette fondamentaliste cristiane del Nord-America che «giustificano, basandosi sulle Sacre Scritture, l'ingiustizia politica imposta ai palestinesi, il che rende ancor più delicata la posizione dei cristiani arabi».

© Copyright Liberal, 8 giugno 2010 consultabile online anche qui.

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