venerdì 3 settembre 2010

"Attacco a Ratzinger": la recensione di Andrea Gagliarducci


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"Attacco a Ratzinger"

Benedetto XVI lo ha detto durante il viaggio in Portogallo: il cancro della Chiesa viene dal suo interno.

Un cancro interno dal quale la Chiesa istituzione sembra non abbia imparato ancora a difendersi

Andrea Gagliarducci

«Attacco a Ratzinger. Accuse e scandali, profezie e complotti» (Piemme), scritto dai vaticanisti Andrea Tornielli e Paolo Rodari (rispettivamente del Giornale e del Foglio) rimette ordine in cinque anni di pontificato. Indietro nel tempo, a guardare tutte le bucce di banana messe sul cammino di Benedetto XVI, dal caso Ratisbona alla questione Wielgus, dal caso Williamson dopo la revoca della scomunica ai lefevbriani fino agli ultimi attacchi al Papa sul tema della pedofilia. Bucce di banana che la comunicazione della Santa Sede non è stata in grado di evitare. Come, ad esempio, nel discorso di Ratisbona. Considerato «pericoloso» dai giornalisti che si erano visti recapitare il testo in anticipo e si erano affrettati a parlare con i loro riferimenti in Segreteria di Stato, per avvertire di un possibile scandalo diplomatico. Avvertimenti rimasti senza conseguenze.
Eppure, quel discorso rappresenta ancora oggi una pietra milliare del pontificato di Ratzinger. Prima di Ratisbona, si aveva persino paura a parlare di Islam. Dopo, la Chiesa ha potuto intavolare un dialogo con l'Islam moderato.
Il libro di Tornielli e Rodari è denso di indiscrezioni che testimoniano non solo l'attacco mosso verso il Papa, ma anche la scarsa perizia di chi dovrebbe prenderne le difese. Da segnalare, in particolare, l'eco che ha avuto la revoca della scomunica ai lefevbriani, a causa anche delle frasi antisemite e negazioniste di uno dei vescovi cui la scomunica è stata revocata, Williamson. Dichiarazioni rese alla fine del 2008, e anticipate dallo Spiegel, rivista tedesca, il 20 gennaio. Il 22 gennaio, l'intervista viene ripresa dalle agenzie italiane, mentre già in mattinata gli autori del libro avevano anticipato sui loro quotidiani la notizia della revoca della scomunica. «Nonostante - scrivono Tornelli e Rodari - vi siano stati almeno due giorni per riflettere sul da farsi ed eventualmente correre ai ripari, nessuno in Vaticano sembra preoccuparsi troppo per ciò che potrebbe accadere e per le reazioni del mondo ebraico. Nessuno in Segreteria di Stato sembra pensare che sia necessario spiegare bene i termini e le conseguenze della revoca della scomunica».
Gli autori scrivono che il Papa non può essere avvertito delle polemiche perché il suo segretario, mons. Gaenswein, è a letto con una fastidiosa forma influenzale che lo tiene isolato. Suona difficile pensare che le comunicazioni siano interrotte, ma è un passaggio che lascia dedurre una certa incuria da parte del resto dell'apparato.
Sempre il 22 gennaio, c'è una riunione in Segreteria di Stato. Dal verbale riportato dagli autori - una copia di quello a loro mostrato dal cardinal Dario Castrillòn Hoyos, al tempo presidente di Ecclesia Dei, organismo che si occupava del dialogo con i lefevbriani - si notano due particolari importanti. Primo: non è presente padre Federico Lombardi, portavoce della Sala Stampa, che deve spiegare la decisione ai media, e che - stando alla ricostruzione degli autori - aveva avvertito comunque per tempo la Segreteria di Stato. Secondo: nessuno si prende la briga di scavare nel passato di Williamson, sapendo che i giornalisti lo avrebbero fatto. Manca, in fondo, quel collegamento diretto tra Sala Stampa e appartamento papale che aveva fatto la fortuna di Joaquin Navarro Valls. I due autori avvertono che il libro «non presenta una tesi pre-costituita», ma le critiche al ruolo della Sala Stampa della Santa Sede, al suo scollamento con la Segreteria di Stato, sono evidenti. A onor del vero, non vengono solo dai due autori. I quali hanno l'indubbio merito di rimettere insieme i pezzi di un Papato che ha avuto molte pietre di intralcio nella sua strada. Ma c'è una riflessione che viene da fare, al termine della lettura: è vero che questo Papa, attaccato da tutti i fronti, ha un problema di immagine. Ma quanto influiscono i giornalisti stessi su questo problema di immagine? Quanto anticipazioni gratuite, fughe di notizie delle quali si dà conto senza considerare il modo in cui possano essere strumentalizzate, non costituiscono parte del cancro interno della Chiesa?

© Copyright Il Tempo, 3 settembre 2010 consultabile online anche qui.

Non direi che il Papa abbia un problema di immagine, anzi...
Il problema, gravissimo, e' che il suo luminoso Magistero non solo non viene supportato dai competenti organi curiali, ma addirittura ne viene impedita la diffusione, come abbiamo visto per i testi in tedesco che, ad oggi, 3 settembre, risultano iscritti agli abbonati assenti.
Il Papa "se la cava" perfettamente. E' il resto che fa acqua e spesso fa danno.

R.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Messaggio del Papa per la GMG 2011
http://www.radiovaticana.org/it1/Articolo.asp?c=419803
Incredibile riduzione di rep
http://www.repubblica.it/esteri/2010/09/03/news/il_papa_giovani_il_posto_fisso_non_tutto-6727273/
Alessia

Anonimo ha detto...

Al di là del lodevole e inascoltato avvertimento dei vaticanisti, se la frase su Maometto fosse stata riportata nel contesto della lectio di Ratisbona, nulla sarebbe successo perche si sarebbe capito che era una citazione che il Papa definiva eccessiva, se non ricordo male. Il patatrat l'ha creato la solita agenzia che l'ha presentata nuda e cruda, come se fosse stato il Papa stesso a esprimere un giudizio.
Alessia

Raffaella ha detto...

Forse sarebbe il caso di intervenire presso la solita agenzia non certo per censurare ma per pretendere l'adesione dei titoli e dei commenti ai testi.
Per molto meno Del Rio rimase ai piedi della scaletta di un aereo.
R.