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Ranjith, arcivescovo di Colombo, pastore in un Paese ferito dalla guerra
Giorgio Bernardelli
DA ROMA
Un pastore che ha lavorato in diversi dicasteri della Curia romana, oggi pastore in un Paese ancora alle prese con le ferite lasciate dalla lunga guerra civile. È il profilo dell’arcivescovo di Colombo Albert Malcolm Ranjith, l’unico asiatico tra i 24 nuovi cardinali.
Il neo-porporato è nato a Polgahawela nel 1947, proprio nei mesi in cui lo Sri Lanka diveniva uno Stato indipendente dalla corona britannica. Ha studiato a Roma all’Università Urbaniana ed è stato ordinato sacerdote da Paolo VI nel 1975. Rientrato a Colombo Ranjith ha svolto il suo ministero sacerdotale nei villaggi dei pescatori, prima di essere nominato direttore delle Pontificie opere missionarie. Divenuto vescovo ausiliare di Colombo nel 1991 è stato poi promosso alla guida della diocesi di Ratnapura nel 1995. È stato poi Giovanni Paolo II a chiamarlo a Roma al servizio della Santa Sede nel 2001: è stato prima segretario aggiunto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, poi nunzio apostolico in Indonesia. Nel dicembre 2005 Benedetto XVI lo scelse come segretario della Congregazione per il culto divino; una scelta non casuale: Ranjith ha in comune con papa Ratzinger l’attenzione al rigore nella celebrazione e il rispetto per la tradizione liturgica.
Sarebbe limitativo, però, limitare a questo aspetto il profilo del nuovo cardinale.
Perché come arcivescovo di Colombo Ranjith si trova oggi a vivere il suo ministero su una frontiera particolarmente calda. A questo incarico il Papa lo ha chiamato nel giugno 2009, proprio all’indomani della vittoria militare dell’esercito cingalese contro i ribelli tamil nella lunghissima guerra civile tra maggioranza buddhista e la minoranza indù; un conflitto durato oltre 25 anni che ha provocato centinaia di migliaia di morti nel Paese. Una guerra che ha lasciato ferite profonde: tuttora migliaia di tamil nel Nord del Paese vivono in campi di detenzione, inaccessibili alle Ong. E il presidente vincitore della guerra Mahinda Rajapaksa sta sfruttando il successo per imporre di fatto una dittatura nel Paese: ha fatto incarcerare il suo principale oppositore, il generale Sarath Fonseka, già comandante dell’esercito.
In questo contesto difficile il neo-cardinale Ranjith - in un Paese dove i cristiani sono circa l’8 per cento dei 20 milioni di abitanti - è in prima linea nel promuovere la riconciliazione tra buddisti e indù e nel chiedere il rispetto dei diritti umani.
© Copyright Avvenire, 21 ottobre 2010
Monsengwo Pasinya, in prima linea per la promozione della pace nel Congo
DA ROMA
U n presule da anni in prima linea per la promozione della pace nella martoriata Repubblica democratica del Congo, ancora oggi sfigurata da un conflitto dimenticato. E allo stesso tempo una delle personalità più stimate di tutto l’episcopato africano. Si può riassumere così il profilo dell’arcivescovo di Kinshasa, Laurent Monsengwo Pasinya, scelto dal Papa tra i 24 nuovi cardinali.
Monsengwo è nato a Mongobele, nella diocesi di Iniongo, nel 1939. Dopo gli studi all’Università Urbaniana e l’ordinazione sacerdotale a Roma nel 1962 è stato il primo africano a conseguire la licenza al Pontificio Istituto Biblico nel 1970.
Consacrato vescovo da Giovanni Paolo II durante il suo viaggio apostolico a Kinshasa è stato prima ausiliare di Iniongo, poi ausiliare a Kisangani, prima di divenire guida di questa importante arcidiocesi dal 1988 al 2007. È in questi anni che ha ricoperto un ruolo sempre più importante nei tentativi di risolvere il lungo conflitto che da troppo tempo sconvolge questo Paese dei Grandi Laghi. Già nel 1992 venne nominato presidente della Conferenza nazionale, l’organismo che avrebbe dovuto condurre il Congo alla democrazia con l’uscita di scena di Mobutu. Ma il suo tentativo fu boicottato sia da Mobutu sia dai suoi oppositori e il Paese precipitò nella guerra. Da Kisangani lui, però, anche negli anni più bui, non ha mai smesso di denunciare le violazioni dei diritti umani.
Abusi che nella sola regione del Kivu hanno fatto nel decennio 1998-2007 5,4 milioni di morti e 1,8 milioni di sfollati.
Presidente della Conferenza episcopale congolese dal 2004, nel dicembre 2 007 è stato chiamato da Benedetto XVI alla guida dell’arcidiocesi della capitale Kinshasa, dove è succeduto al cardinale Frédéric Etsou. «Tiriamo fuori il Paese dal pantano nel quale è sprofondato – ha detto ancora con forza qualche mese fa nell’omelia per la Messa nel 50° anniversario dell’indipendenza del Paese –. Tiriamolo fuori dalla mediocrità e dalla corruzione per costruire un Paese d’eccellenza. Le risorse umane e materiali non aspettano altro che essere sfruttate con giudizio».
Il neo-cardinale Monsengwo è stato dal 1997 al 2003 presidente del Secam, il Consiglio delle Conferenze episcopali dell’Africa e del Madagascar. Nel 2008 è stato segretario aggiunto all’Assemblea ordinaria del Sinodo dedicata alla Parola di Dio. Inoltre è co-presidente di Pax Christi International e membro dell’Alto Comitato dell’Unesco per la pace e il dialogo tra le culture.
(G.Ber.)
© Copyright Avvenire, 21 ottobre 2010
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