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Su segnalazione di Guglielmo e Gemma leggiamo:
GRANDI PULIZIE ALLO IOR PRESTO CHIUSI 120 CONTI IMBARAZZANTI
Gianluigi Nuzzi
Sono quasi 120 le posizioni “a rischio” che lo Ior, l’Istituto opere di religione, la banca del Papa, intende chiudere al più presto. Conti correnti, cassette di sicurezza e gestioni patrimoniali. Il dato clamoroso - solo una decina di giorni fa era trapelata l’esistenza di 13 conti non graditi - emerge tra le notizie acquisite dalla Segreteria di Stato dopo il sequestro dei 23 milioni di euro su richiesta della Procura di Roma.
Finché non si chiuderanno tutti questi conti, non si avrà la garanzia che al vertice della banca possano sfuggire movimenti anomali nella quotidiana attività economica.
Nello specifico, i conti riguardano ex dipendenti vaticani, eredi di prelati e anche civili che, godendo in passato di qualche cardinale amico, sono riusciti ad aprire un conto nella banca meno conosciuta di tutto il territorio laziale (non italiano, perché ci sono le banche di San Marino...). Queste 110-120 posizioni risultano aperte in gran parte durante il periodo di presidenza di Angelo Caloia, anche se in Vaticano si ritiene che le stesse siano state gestite dai vari direttori generali che si sono succeduti alla guida della banca del papa.
La riforma Wojtyla
È noto infatti che anche lo Ior ha una direzione finanziaria molto accentuata dopo che gli scandali del passato avevano indebolito sia la posizione del presidente (basti pensare a Paul Casimir Marcinkus) sia quella del prelato, a iniziare da monsignor Donato de Bonis. Il prelato era stato introdotto da Wojtyla con la riforma del 1989. Oggi la carica, su richiesta di Ettore Gotti Tedeschi, è di fatto azzerata; tutto ciò dopo l’addio a gennaio scorso di monsignor Pioppo, legato all’ex segretario di Stato Angelo Sodano. In pratica Gotti Tedeschi dà politiche di indirizzo e di strategia, mentre il direttore generale Paolo Cipriani ha la conoscenza più ampia delle singole operatività.
Infatti, da diversi anni (almeno tre) non vengono aperti conti correnti a soggetti diversi dalle diocesi, gli enti religiosi e sacerdoti, di ogni ordine e grado, ed è forse proprio questo il momento di azzerare le gestioni passate.
Incidendo su quella zona grigia «che può essere foriera - spiega una fonte della Segreteria - di altre incomprensioni o imbarazzi». È evidente che la chiusura di questo comparto andrà a creare non pochi problemi. Innanzitutto di operatività, con una serie di domande alle quali serve una risposta: questi fondi come e dove saranno trasferiti? E, ancora, dovessero essere bonificati su conti di banche italiane, lo Ior indicherà i reali titolari delle somme? Il ritiro in contanti potrebbe determinare problemi di ingresso di valuta magari nemmeno dichiarata, visto che il Vaticano è pur sempre uno stato estero. L’altra questione è invece quella delle relazioni: un’azione così radicale potrebbe determinare qualche malcontento in clienti che debbono contare su buone entrature in Vaticano.
La linea voluta da Joseph Ratzinger è quella dell’intransigenza, dalla pedofilia agli scandali finanziari, ma è chiaro che si segnerà ancor di più la distanza tra il palazzo Apostolico e la Curia Romana.
Eppure pare proprio che sia Gotti Tedeschi, sia Cipriani nelle loro riunioni con l’Uif e Banca d’Italia, abbiano fissato un’agenda alla quale sarà difficile sottrarsi.
Spettro europeo
Mancano infatti meno di 90 giorni all’entrata in vigore della convenzione monetaria tra Santa Sede ed Unione europea. Tutti i parametri anti-riciclaggio dovranno essere tarati sulle severe discipline della banca centrale del vecchio continente. In particolare, il Vaticano dovrà recepire cinque direttive dell’Ue che stabiliscono i criteri della trasparenza dei flussi finanziari. Non basta infatti mandare Gotti Tedeschi e Cipriani a piazzale Clodio dai magistrati per chiudere con una stagione di scandali e di omissis. Bisogna adeguare le norme e soprattutto far adeguare lo Ior ai criteri stabiliti dall’Ue. Una questione che si potrebbe proporre quando all’interno del Vaticano si discuterà dell’autonomia della banca rispetto alle istituzioni centrali. C’è infatti chi ritiene che la banca nemmeno debba prendere in considerazione quelle norma, avendo una propria autonomia giuridica. Un’eventualità tragica: potrebbe creare un nuovo incidente con gli organi ispettivi dei vari paesi e un’evidenza mediatica nefasta.
© Copyright Libero, 5 ottobre 2010 consultabile online anche qui.
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