mercoledì 3 novembre 2010

Vent'anni dopo. Globalizzazione, crisi e nuovi modelli politico-culturali in un incontro promosso dallo Ior (Fiorentino)

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Globalizzazione, crisi e nuovi modelli politico-culturali in un incontro promosso dall'Istituto per le Opere di Religione

Vent'anni dopo

di Giuseppe Fiorentino

In venti anni il mondo ha subito trasformazioni profonde mai sperimentate prima in un periodo di tempo così breve. Sono stati i venti anni che, per parafrasare un celebre libro e un film da esso tratto, hanno davvero sconvolto il mondo. Dal 1989 — data che segna il crollo del Muro di Berlino, simbolo per eccellenza del bipolarismo — fino a oggi il pianeta è stato infatti attraversato da quel fenomeno che per la sua radicale estensione è stato definito globalizzazione. Con la globalizzazione è stato necessario apprendere che nulla potrà essere come prima. Le vecchie categorie sono state scardinate, i rapporti di forza devono essere rimodellati. E anche il mondo economico — alle prese con una crisi causata proprio dagli squilibri generati dalla globalizzazione — è stato costretto, se non a rivedere i propri criteri, almeno a interrogarsi sul suo avvenire.

Proprio sugli scenari che sembrano aprirsi si è incentrato il Convegno promosso dall'Istituto per le Opere di Religione (Ior) e svoltosi, nella mattinata di mercoledì 3, nell'Aula delle Benedizioni del Palazzo Apostolico. «Paesi sviluppati e Paesi emergenti. Con la crisi il mercato finanziario è cambiato profondamente. Quanto perdurerà la situazione attuale? Quali prospettive per il futuro?». È stato questo il tema dell'incontro, dedicato alle realtà religiose e che — come affermato dal presidente del Consiglio di sovrintendenza dello Ior, Ettore Gotti Tedeschi — l'Istituto ha intenzione di organizzare con cadenza annuale, nel solco di iniziative già intraprese dall'Istituto stesso allo scopo di assistere le diverse realtà della Chiesa nell'affrontare le proprie necessità di natura finanziaria ed economica.

L'evento si è rivelato di grande interesse e di alto livello. Oltre al presidente Gotti Tedeschi vi hanno partecipato il ministro italiano dell'Economia e Finanze, Giulio Tremonti, e il segretario generale della Conferenza iberoamericana, Enrique Iglesias. Ad aprire i lavori, il segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, il quale ha sottolineato proprio la portata globale della crisi in atto. «Non possiamo non preoccuparci — ha evidenziato — dei prevedibili e complessi grandi cambiamenti geopolitici che l'evoluzione della crisi mondiale potrà determinare. È necessario prendere coscienza che i prevedibili cambiamenti di potere economico sottintendono cambiamenti di potere politico, e che un potere economico sottintende un potere anche culturale, che viene diffuso ed esportato. Tale processo può comportare nuove e non necessariamente migliori visioni circa la dignità dell'uomo».

Proprio sulle ricadute culturali e politiche della crisi e dei forti mutamenti causati dalla globalizzazione si sono incentrati gli interventi dei relatori. A cominciare da Tremonti che ha sottolineato come il mondo economico-finanziario — fino a poco fa basato sul g7 — abbia perduto la sua compattezza basata su un comune codice linguistico (l'inglese), monetario (il dollaro), e politico (la democrazia occidentale).

Nell'ambito del g20 che si va ora affermando — e che nel recente summit coreano ha visto aumentare il peso dei Paesi emergenti all'interno del Fondo monetario internazionale — questi non sono più valori condivisi. L'inglese non è più lingua franca, alcuni pensano addirittura di sostituire il dollaro come moneta di riferimento e la democrazia occidentale non per tutti è un modello da perseguire. È un ampliamento di orizzonte che necessariamente complica la definizione di regole condivise in un momento in cui — come ha ribadito Tremonti — Bretton Woods semplicemente non esiste più e il mondo ha quanto mai bisogno di norme trasparenti per regolare la finanza. Regole che comunque — e qui il ministro ha spostato l'attenzione sull'Europa e sull'Italia in particolare — a livello locale devono essere accompagnate da politiche improntate al rigore e all'austerità.

Certo individuare regole condivise in un mondo non più bipolare può apparire quasi impossibile. Ma forse un denominatore comune — comunque difficile da introdurre e da fare accettare — può essere quello della difesa della dignità dell'uomo. Esposta ai grandi pericoli del riassetto economico mondiale. Chi si preoccupa — si è chiesto per esempio Gotti Tedeschi — dei lavoratori africani in quei territori che vengono di nuovo colonizzati per abbassare il proprio costo del lavoro? E in definitiva proprio alla mancanza di una visione etica dell'economia è dovuta la crisi della finanza, scoppiata — come ha ricordato il presidente dello Ior — per sostenere fittiziamente a debito, una crescita del pil impossibile, vista la natalità a tasso zero.

Perché un mondo giovane, oltre a favorire i consumi e a innalzare il pil, genera fiducia ed entusiasmo. Tutte qualità che ora pervadono i cosidetti Paesi emergenti e in particolare l'America latina, come ha ricordato Enrique Iglesias. Un subcontinente popolato da 600 milioni di persone con 27 anni di età media e che detiene enormi ricchezze in materie prime. A cominciare dall'acqua, elemento strategico per il futuro, che l'America latina possiede per il 46 per cento. Un continente del futuro, quindi, che può guardare all'Europa per dare vita a un fronte comune in nome di valori condivisi.

All'incontro hanno partecipato esponenti di istituti e realtà religiose di diversi Paesi — in larga maggioranza donne — e, tra gli altri, i cardinali Attilio Nicora, presidente dell'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (Apsa) e membro della Commissione cardinalizia di vigilanza sullo Ior, Salvatore De Giorgi, Sergio Sebastiani, Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, Giovanni Coppa; gli arcivescovi Francesco Monterisi, arciprete della Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura, Velasio de Paolis, presidente della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede (che saranno nominati cardinali nel concistoro del prossimo 20 novembre), Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, Carlo Maria Viganò, segretario generale del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, Domenico Calcagno, segretario dell'Apsa, con il suo predecessore, il vescovo Franco Croci; monsignor Ettore Balestrero, sottosegretario per i Rapporti con gli Stati; il direttore amministrativo della Radio Vaticana, Alberto Gasbarri; il direttore del nostro giornale.

(©L'Osservatore Romano - 4 novembre 2010)

1 commento:

Anonimo ha detto...

OT.
Fr. Finnegan rivela che sono ormai molti i giovani sacerdoti che in Vaticano celebrano la Messa mattutina con il rito antico. E di averla celebrata lui stesso.

http://the-hermeneutic-of-continuity.blogspot.com/2010/10/rome-update.html

Alberto