mercoledì 23 dicembre 2009

Domani alle 22 in San Pietro, la Messa della Notte di Natale presieduta dal Papa (Radio Vaticana)


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Il Papa: a Natale Dio viene senza armi per conquistarci (Asca)

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Domani alle 22 in San Pietro, la Messa della Notte di Natale presieduta dal Papa

Benedetto XVI presiederà domani alle ore 22, nella Basilica Vaticana, la Santa Messa della Notte per la Solennità del Natale del Signore. Una notte di veglia. Come ha sottolineato il Papa, la notte di Natale dell’anno scorso, “solo il cuore vigilante può infondere il coraggio di incamminarsi per trovare Dio nelle condizioni di un bambino nella stalla”. Per una riflessione sullo straordinario significato del Natale, Federico Piana ha intervistato don Marco Porta, direttore dell’Istituto di Scienze religiose dell’Apollinare:

R. – Il Natale interpella la nostra fede, invitandoci a riconoscere nel Bambino di Betlemme il Figlio di Dio che si è fatto uomo per la nostra salvezza. Il Natale mette in evidenza la verità dell’umanità di Cristo, vera nel senso che non è semplice apparenza: come ogni uomo, Gesù viene al mondo dopo nove mesi di gestazione, piange perché ha fame o ha freddo; Gesù viene nel senso che condivide tutta la condizione umana, con la sua finitezza, con i suoi problemi; un Dio che si fa uomo – per così dire – senza privilegi. E quindi Betlemme attesta senza alcun dubbio questa verità dell’umanità di Cristo.

D. – Dobbiamo dire anche una cosa molto importante che ha ricordato il Papa qualche giorno fa: che il Natale non è una fiaba …

R. – Il racconto della nascita di Gesù non è la favola di Babbo Natale. Come spiegare che lungo la storia centinaia di migliaia di persone siano state disposte a morire per testimoniare la fede in Cristo? Nessuno sarebbe disposto – evidentemente – al martirio per difendere la verità di Babbo Natale. Ma direi anche e non solo che si è disposti a morire per Gesù, ma milioni di uomini vogliono vivere per Gesù, con Gesù … Certo, la nascita di Gesù interpella la fede, è un mistero; però appartiene anche alla storia.

D. – Ma perché, secondo lei, c’è questa voglia di abbandonare la bellezza del Bambino nella culla per andare a rifugiarsi poi in questi miti? Si erode il senso religioso: perché?

R. – Davanti al Natale dobbiamo ritrovare il senso religioso della festa e anche, quindi, di tutte queste cose belle, anche, che la celebrazione della festa ha portato con sé. E’ bello e significativo che a Natale possiamo scambiarci i regali, che possiamo addobbare la casa come le vie, le piazze della città, con i richiami festosi dell’albero, dei colori … Però, appunto, tutto questo dobbiamo collegarlo al senso religioso. Il Natale è, direi, la festa del dono di Dio agli uomini; il vero regalo è quello che ci ha fatto Dio dandoci Cristo.

D. – E il Natale può cambiare intimamente le persone, la venuta di Nostro Signore può darci questo cambiamento che magari abbiamo cercato per tanto tempo invano. E’ un’occasione anche di mutazione...

R. – Certamente lo è: un appello alla conversione. Ma è appunto un appello che ci viene rivolto in modo molto attraente, molto dolce: quel Bambino che ci tende le braccia dalla mangiatoia di Betlemme è portatore di un messaggio di pace e di gioia. A questo proposito, mi piace anche ricordare i bellissimi sermoni natalizi di un grande Papa romano, San Leone Magno, del V secolo. In particolare, mi viene in mente un sermone che inizia con un’espressione molto bella: “Il nostro Salvatore, carissimi, oggi è nato: rallegriamoci! Non c’è spazio per la tristezza nel giorno in cui nasce la Vita": una vita che distrugge la paura della morte, dona la gioia delle promesse eterne. Nessuno è escluso da questa felicità: la causa della gioia è comune a tutti perché il nostro Signore, vincitore del peccato e della morte, non avendo trovato nessuno libero dalla colpa, è venuto per la liberazione di tutti. Quindi, cogliere questo richiamo del Natale è proprio il modo migliore per disporsi ad una conversione personale. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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