giovedì 7 gennaio 2010

Il Papa: I magi erano uomini di scienza in senso ampio, veri cercatori della verità perché il loro sapere non si riteneva autosufficiente (Tornielli)


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Il Papa: "Il sapere dei Magi, lungi dal ritenersi autosufficiente, era aperto ad ulteriori rivelazioni ed appelli divini. Infatti, non si vergognano di chiedere istruzioni ai capi religiosi dei Giudei. Avrebbero potuto dire: facciamo da soli, non abbiamo bisogno di nessuno, evitando, secondo la nostra mentalità odierna, ogni "contaminazione" tra la scienza e la Parola di Dio. Invece i Magi ascoltano le profezie e le accolgono..." (Angelus)

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di Andrea Tornielli

Roma
I magi erano «uomini di scienza in senso ampio», veri «cercatori della verità» perché il loro sapere non si riteneva autosufficiente. Lo ha detto ieri Benedetto XVI, all’Angelus dell’Epifania, presentando ai fedeli la figura dei sapienti, i magi, che secondo il racconto evangelico arrivarono in Giudea dopo aver a lungo viaggiato seguendo una stella.
«Giunti a Gerusalemme – ha ricordato il Papa – i magi ebbero bisogno delle indicazioni dei sacerdoti e degli scribi» per conoscere il luogo in cui recarsi, cioè Betlemme. «La stella e le Sacre Scritture furono le due luci che guidarono il cammino dei magi, i quali ci appaiono come modelli degli autentici cercatori della verità».
Erano, ha spiegato Benedetto XVI, «dei sapienti, che scrutavano gli astri e conoscevano la storia dei popoli. Erano uomini di scienza in un senso ampio, che osservavano il cosmo ritenendolo quasi un grande libro pieno di segni e di messaggi divini per l’uomo». Il loro sapere, dunque, «lungi dal ritenersi autosufficiente, era aperto a ulteriori rivelazioni e appelli divini. Infatti, non si vergognano di chiedere istruzioni ai capi religiosi dei giudei. Avrebbero potuto dire: facciamo da soli, non abbiamo bisogno di nessuno, evitando, secondo la nostra mentalità odierna, ogni «contaminazione» tra la scienza e la parola di Dio. Invece i magi ascoltano le profezie e le accolgono; e, appena si rimettono in cammino verso Betlemme, vedono nuovamente la stella, quasi a conferma di una perfetta armonia tra la ricerca umana e la verità divina, un’armonia che riempì di gioia i loro cuori di autentici sapienti».
Il culmine del viaggio è il loro trovarsi di fronte a quel bambino. Su questo Papa Ratzinger aveva riflettuto durante l’omelia della messa dell’Epifania, celebrata poco prima in San Pietro, spiegando che Gesù, bambino inerme, è «colui che apparentemente è debole e fragile, ma che, invece, ha il potere di donare la gioia più grande e più profonda al cuore dell’uomo».
Anche se Erode, ha detto il Papa, «sembra sempre essere più forte e quel bambino sembra poter essere ricacciato tra coloro che non hanno importanza, o addirittura calpestato. Ma solamente in quel bambino si manifesta la forza di Dio, che raduna gli uomini di tutti i secoli, perché sotto la sua signoria percorrano la strada dell’amore, che trasfigura il mondo». Ratzinger ha infine fatto notare che «i credenti in Gesù Cristo sembrano essere sempre pochi», chiedendosi perché alcuni «vedono e trovano e altri no». La ragione, secondo il Papa è che «la troppa sicurezza in se stessi, la pretesa di conoscere perfettamente la realtà, la presunzione di avere già formulato un giudizio definitivo sulle cose rendono chiusi e insensibili i cuori alla novità di Dio». E così non ci si lascia più «sconvolgere nell’intimo dall’avventura» di un Dio che vuole venirci incontro.

© Copyright Il Giornale, 7 gennaio 2010 consultabile online anche qui.

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