venerdì 26 febbraio 2010

Il Papa al clero romano: La missione del sacerdozio è di essere mediatore, ponte che collega, e così portare l'uomo a Dio (Doldi)


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ANNO SACERDOTALE - Un ponte che collega

Nell'essere uomo che appartiene a Dio

Marco Doldi

La missione del sacerdote? Combinare il mondo di Dio - lontano, spesso sconosciuto all'uomo - e il mondo dell'uomo. La missione del sacerdozio è di essere mediatore, ponte che collega, e così portare l'uomo a Dio, alla sua redenzione, alla sua vera luce, alla sua vera vita.
Lo ha detto il Papa, ricevendo all'inizio di questa Quaresima, il clero della diocesi di Roma. La sua diocesi.
Ha voluto commentare alcuni passi della Lettera agli Ebrei, lo scritto dedicato al sacerdozio di Cristo. Il Figlio di Dio si è fatto uomo perché ci sia un vero ponte, una vera mediazione. Il sacerdote sta in questa mediazione: grazie al sacramento dell'Ordine, a sua volta, è ponte.
Senza Cristo non si capisce il sacerdote: ogni lettura sociologica è destinata a restare alla superficie, cogliendo solo qualche aspetto. In realtà, il sacerdote, il suo essere è introdotto nell'essere divino di Cristo e solo così può realizzare la sua missione. Il sacramento crea il sacerdote e lo rende partecipe dell'identità e della missione di Cristo.
"Nessuno - ha ricordato il Santo Padre - si fa sacerdote da se stesso; solo Dio può attirarmi, può autorizzarmi, può introdurmi nella partecipazione al mistero di Cristo; solo Dio può entrare nella mia vita e prendermi in mano". Per questo la vocazione e l'ordinazione, mediante l'imposizione delle mani, resta per il sacerdote un dono da custodire e sul quale ritornare spesso, quasi a ravvivarlo. Sì, "Dio mi dà quanto io non potrei mai dare: la partecipazione, la comunione con l'essere divino, col sacerdozio di Cristo".
Ma, oltre la gratitudine, c'è un'altra dimensione che il sacerdote vive: quella dell'appartenenza. Egli è, realmente, un uomo di Dio. Un uomo che conosce Dio da vicino e ne fa esperienza attraverso il suo Figlio. Cresce nella conoscenza mediante la celebrazione della messa, mediante la recita del breviario, mediante la preghiera personale. Attraverso questi mantiene fisso lo sguardo in Dio, come su un punto dal quale non deve uscire. E per gettare lo sguardo su Dio, pur nella confusione della vita odierna, è di aiuto una breve preghiera, un'immagine sacra. Tutto può servire per rinnovare un'appartenenza e divenire, sempre di più, uomini di Dio, che vivono nella sua comunione e possono così parlare di Dio e guidare a Lui.
L'altro elemento è che il sacerdote deve essere uomo. Uomo in tutti i sensi, cioè deve vivere una vera umanità, un vero umanesimo; deve avere un'educazione, una formazione umana, delle virtù umane; deve sviluppare la sua intelligenza, la sua volontà, i suoi sentimenti, i suoi affetti; deve essere realmente uomo, uomo secondo la volontà del Creatore, del Redentore.
Lo sguardo del Papa è a 360 gradi, ma anche realista. Come tutti gli uomini, anche il sacerdote vive in un'umanità ferita dal peccato e potrebbe scambiare per "umano" ciò che umano non è. Grande eco hanno avuto queste parole "si dice: ha mentito, è umano; ha rubato, è umano; ma questo non è il vero essere umano. Umano è essere generoso, è essere buono, è essere uomo della giustizia, della prudenza vera, della saggezza". Ogni sacerdote è chiamato ad uscire da quell'oscuramento della natura, causato dal peccato, per giungere al vero essere umano ad immagine di Dio; è un processo di vita che comincia negli anni della formazione in seminario e che continua in tutta vita.
Essere uomo significa, ancora, provare la compassione, cioè il soffrire con gli altri. Anche questa è la vera umanità. Essere un uomo di compassione. Questa forma di vita non corrisponde all'ideale greco, secondo il quale il vero uomo sarebbe colui che vive solo nella contemplazione della verità e delle cose divine, lasciando ad altri la fatica. No, il sacerdote entra come Cristo nella miseria umana, la porta con sé, va alle persone sofferenti, se ne occupa, non solo esteriormente, ma interiormente. Egli prende su di sé la "passione" del suo tempo, della sua parrocchia, delle persone a lui affidate.
Come Gesù ha pianto, davanti alla morte di Lazzaro, perché era realmente toccato dal mistero della morte, così il sacerdote per amore delle persone, a volte, è toccato da tutta la terribilità della morte, che distrugge l'amore, che distrugge le relazioni, che è un segno della nostra finitezza, della nostra povertà.
Nello stesso tempo, alza gli occhi verso Dio per invocarlo; prende nelle sue mani la sofferenza e grida alle orecchie di Dio.
In questo modo realizza il sacerdozio, la funzione del mediatore, trasportando in sé, assumendo in sé la sofferenza e la passione del mondo, trasformandola in grido verso Dio, portandola davanti agli occhi e nelle mani di Dio, e così inserendola realmente nel mistero della Redenzione.

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