martedì 18 maggio 2010

Ostellino: La folla radunata sotto il balcone del Papa? Il segno più evidente del debito che l’intera società occidentale ha col messaggio cristiano


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SOLIDARIETA' AL PAPA ED ALLE VITTIME DI ABUSI SESSUALI: LO SPECIALE DEL BLOG

Su segnalazione di Alessia ed Eufemia leggiamo:

L’editorialista del Corriere della Sera: «Quei volti, segno della liberazione portata dal Vangelo alla nostra società»

«Ci hanno ricordato di essere in debito con i valori cristiani»

Matteo Liut

La folla radunata sotto il balcone del Papa? Il segno più evidente del debito che l’intera società occidentale ha con il messaggio cristiano. Parola di un «non credente, ma ben che vada un aspirante cre­dente », come si definisce Piero Ostellino, ex direttore ed edito­rialista del «Corriere della Se­ra ».

Che impressione le ha fatto l’even­to di domenica a Roma?

Questi eventi mi colpiscono sem­pre, per una ragio­ne semplice e 'lai­ca': noi che vivia­mo in Paesi liberi nei quali la perso­na è al centro, sia­mo tutti debitori del messaggio cri­stiano. E quindi se ci sono centinaia di migliaia di per­sone che vanno sotto al balcone del Papa lo fanno certamente per­ché sono dei cre­denti, ma lo fanno anche perché sia­mo tutti debitori di questo mes­saggio che considera la perso­na come sacra e inviolabile. Un messaggio che definirei di libe­razione. Anche al non creden­te questo non può non lasciare un segno profondo.

La fede è ancora una forza po­sitiva per il Paese?

Ho sempre creduto che l’edu­cazione religiosa contribuisca anche a fare un buon cittadino. Credo che i valori del cristiane­simo con al centro la dignità della persona siano valori che hanno una funzione educativa e insegnano anche al non cre­dente ad essere un buon citta­dino.

Come mai oggi si respira astio nel confronto dei credenti?

Io sono «cavouriano», la sepa­razione, e non opposizione, tra Stato e Chiesa la considero un dato positivo per lo Stato ma anche per la Chiesa. L’astio, però, è forse espressione di un’eredità di matrice illumini­sta razionalista. Questo Papa, invece, sta cercando di far ca­pire che fede e ragione non so­no antitetiche. Per questo l’o­stilità da parte dei cosiddetti lai­cisti a me sembra una forma di reli­giosità all’oppo­sto, intollerante, integralista. È to­talmente incom­prensibile perché io sono dell’opi­nione che quan­do esponenti del­la Chiesa espri­mono la propria opinione, abbia­no il diritto di far­lo come qualsiasi altro cittadino e quindi non la considero un’in­terferenza negli affari miei o dello Stato.

I cattolici italiani sono riusciti a comunicare il lo­ro affetto per il Papa?

Secondo me sì, sarebbe strano il contrario. E lo capisco anche per una mia esperienza perso­nale: nel 1985 ho avuto la pos­sibilità di cenare da solo con e Giovanni Paolo II, su suo invi­to. Mi ricordo che mi ha saluta­to molto vigorosamente, ma senza porgermi la mano da ba­ciare, perché sapeva evidente­mente che io non sono creden­te. Ebbene quella cena per me è stata una delle esperienze più straordinarie della mia vita. Per me lui non era il mio «pastore d’anima», ma restava il fatto che era il rappresentante di una grandissima istituzione, non soltanto religiosa ma anche ci­vile.

© Copyright Avvenire, 18 maggio 2010

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