martedì 19 ottobre 2010

Mary MacKillop, una santa per gli aborigeni (Stefano Girola)

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L'impegno missionario di Maria della Croce e delle suore giuseppine

Una santa per gli aborigeni

di Stefano Girola

Nel gennaio del 1995 l'ippodromo di Randwick, a Sydney, in Australia, era stracolmo: centossettantamila persone occupavano gli spalti, ma non erano lì per una corsa di cavalli. Si celebrava, infatti, la messa per la beatificazione di Mary MacKillop -- canonizzata ieri, domenica 17 ottobre, come santa Maria della Croce, con il nome da lei usato nella sua vita religiosa -- alla presenza del servo di Dio Giovanni Paolo ii. Chris McGillion, commentatore di tematiche religiose per il giornale «Sydney Morning Herald», sottolineò per l'occasione un aspetto straordinario della liturgia. Nove anni dopo il suo viaggio in Australia, in cui aveva esortato la Chiesa locale ad accogliere con gioia il contributo della cultura indigena, il servo di Dio Giovanni Paolo II venne avvolto durante la messa dal fumo di una cerimonia purificatrice aborigena. Dopo gli sporadici tentativi di pochi sacerdoti australiani di mettere in pratica l'incoraggiamento dato dal Papa ad Alice Springs, l'inclusione di un rituale aborigeno durante la messa a Randwick aveva assunto per i media un significato storico. Non è forse un caso che ciò sia successo proprio in occasione della beatificazione di Mary MacKillop. L'attenzione per le popolazioni indigene australiane, il desiderio di evangelizzarle ma anche di proteggerle dai peggiori effetti della colonizzazione, faceva parte dell'album di famiglia della santa. Il cugino di Mary MacKillop era Duncan McNab, un prete scozzese che negli anni Settanta del XIX secolo giunse in Australia per tentare una difficile missione solitaria fra gli aborigeni del Queensland e del Western Australia. Il prete fu fra i primi a capire la centralità della questione dei diritti alle terre degli indigeni. Deluso dallo scarso interesse manifestato dalle autorità politiche ed ecclesiastiche delle colonie australiane, nel 1879 perorò la causa degli aborigeni a Londra e in Vaticano. La Santa Sede diresse l'attenzione del superiore generale dei gesuiti verso i bisogni degli aborigeni e tre anni dopo un gruppo di religiosi avviò una missione nel nord del continente. Fra loro, vi era anche padre Donald MacKillop, il fratello di Mary.
La missione, seppure avviata con grandi speranze, durò fino al 1899 e fu condannata al fallimento anche dalle difficilissime condizioni ambientali. Soltanto la prematura chiusura della missione impedì che la congregazione religiosa fondata da Mary MacKillop, le suore di San Giuseppe del Sacro Cuore di Gesù, iniziasse allora il suo apostolato presso gli aborigeni. Paul Gardiner, autore di studi utilizzati nella causa di canonizzazione, narra che il superiore dei gesuiti, probabilmente su suggerimento di Donald MacKillop, si rivolse nel 1898 alla congregazione perché mandasse delle suore nella missione dei suoi confratelli. Mary MacKillop, che allora aveva 56 anni e si trovava in Nuova Zelanda, accolse la proposta con entusiasmo e si offrì di accompagnare lei stessa le religiose nel nord e di aiutarle nelle fasi iniziali della loro attività evangelizzatrice. Un'alluvione disastrosa, tuttavia, portò l'anno successivo alla distruzione degli edifici e dei campi coltivati della missione, accelerandone la chiusura. Se le suore giuseppine fossero arrivate in tempo, sarebbe fallita comunque la missione dei gesuiti? La domanda di Gardiner non può trovare risposta, ma è certo che il sogno di Donald e Mary MacKillop fu solo temporaneamente accantonato. Nel corso del XX secolo, le religiose sono state in prima fila, all'interno della Chiesa in Australia, nella lotta per i diritti degli aborigeni e nell'assistenza fornita dalle loro istituzioni scolastiche e caritative.
Per tutti questi motivi, la canonizzazione della prima santa australiana riveste un significato speciale anche per i primi abitanti del continente. Un gruppo di cinquanta aborigeni, assieme alle suore giuseppine, si sono radunati a Roma per assistere alla canonizzazione di Mary MacKillop. Gli indigeni hanno portato con loro un oggetto speciale, una croce che è stata commissionata dall'Aboriginal Catholic Ministry di Brisbane e realizzata dal laboratorio di falegnameria di una scuola cattolica di Brisbane, oltre che da un'artista aborigena, Yvonne O'Neill. La croce è stata usata durante una messa speciale per i pellegrini australiani, nella basilica di San Paolo Fuori Le Mura, celebrata dal cardinale arcivescovo di Sydney George Pell dopo la canonizzazione e alla quale hanno partecipato anche dei danzatori indigeni. La croce con i dipinti aborigeni sarà portata anche sui luoghi che Mary visitò quando fu a Roma nel 1873 per chiedere a Papa Pio IX l'approvazione della Regola dell'ordine da lei fondato. La croce sarà donata al Vaticano insieme con altri oggetti rappresentativi della cultura aborigena. Per Vicky Clark, co-ordinatrice dell'Aboriginal Catholic Ministry del Victoria, gli aborigeni sono a Roma per rendere omaggio a una donna che, come rivelano le sue lettere e i suoi diari, era vicina ai poveri e agli oppressi e «lavò i capelli e curò le ferite dei bambini aborigeni». Ravina Waldren, dell'Aboriginal Catholic Ministry di Brisbane, sottolinea come il contributo delle suore di San Giuseppe del Sacro Cuore di Gesù al processo di riconciliazione nazionale sia stato molto importante. Grazie al sostegno delle religiose molti aborigeni sono riusciti anche a laurearsi e a diventare dei leader.

(©L'Osservatore Romano - 18-19 ottobre 2010)

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