giovedì 24 dicembre 2009

Auguri al tempo di google (Giuseppe Reguzzoni)


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Il Papa: Dio viene senza armi per vincere violenza e brama di potere. San Francesco ha rilanciato e non inventato il Presepe (Izzo)

Il Papa: a Natale Dio si fa bambino inerme, per essere liberamente accolto nel cuore dell’uomo (AsiaNews)

Nota di padre Lombardi: reazioni

Il Papa: a Natale Dio viene senza armi per conquistarci (Asca)

Il Papa: "In quel Bambino si manifesta Dio-Amore: Dio viene senza armi, senza la forza, perché non intende conquistare, per così dire, dall’esterno, ma intende piuttosto essere accolto dall’uomo nella libertà; Dio si fa Bambino inerme per vincere la superbia, la violenza, la brama di possesso dell’uomo. In Gesù Dio ha assunto questa condizione povera e disarmante per vincerci con l’amore e condurci alla nostra vera identità" (Catechesi)

Il Papa: Chi non ha capito il mistero del Natale, non ha capito l’elemento decisivo dell’esistenza cristiana

Il Papa: Dio si fa Bambino inerme per vincere la superbia, la violenza, la brama di possesso dell’uomo

Il Papa: Grazie a san Francesco il popolo cristiano ha potuto percepire che a Natale Dio è davvero diventato il Dio-con-noi (Sir)

Il Papa: Il desiderio,che tutti portiamo nel cuore,è che il Natale ci doni serena e profonda gioia per farci toccare con mano la bontà del nostro Dio

Tra i Cristiani di Terra Santa. La fede degli inizi alla prova (Geninazzi)

Segnalazione libro di Gnocchi-Palmaro: "Cattivi maestri. Inchiesta sui nemici della verità", Piemme. Da non perdere! La recensione di Libero

L’epoca dello scienziato santone. Il violento attacco di Odifreddi a De Mattei (Borgonovo)

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Le parole necessarie su Pio XII (Arrigo Levi)

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Zittite il Creazionista Roberto de Mattei. La libertà d’opinione non è uguale per tutti (Alessandro Gnocchi)

Quei due Papi (Pio XII e Giovanni Paolo II) assieme ed il terzo (Benedetto XVI) che non teme di essere inopportuno (Giardina)

Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:

Auguri al tempo di google

di Giuseppe Reguzzoni, per La Padania 24 dicembre 2009

Se usate internet, fateci caso. Intorno al logo di GOOGLE abbiamo visto scorrere di tutto: l’anniversario della nascita di Confucio, con tanto di costume mandarino stilizzato, quella di Galileo, con allegato telescopio, e persino quello di Ludwik Zamenhof, ebreo polacco creatore dell’esperanto.
Non sono mancati riferimenti alla nascita di Buddha, malgrado la scarsità di dati storici certi, e abbiamo potuto seguire quasi integralmente la scansione annuale delle principali festività ebraiche, con l’immancabile menorah. Da qualche anno ci toccano ormai anche gli auguri ai mussulmani per l’inizio e la fine del Ramadan. Per par condicio, adesso che il 25 dicembre è vicino, ci aspetteremmo almeno l’immagine di un piccolo presepe, con Giuseppe, Maria e il Bambin Gesù, ma sappiamo che non sarà così e che, in ogni caso, in passato non è mai stato così. Il massimo che ci è stato concesso sinora è stato il grassone vestito di rosso, con tanto di renne al seguito, caricatura inventata dalla Coca Cola del vescovo greco anatolico Nicola di Myra che, però, dovrebbe essere festeggiato il 6 dicembre, data in cui, effettivamente, egli porta i doni ai bambini in molti paesi del mondo. Di tutto si può parlare e tutto si può ricordare, meno ciò che è più importante. E che sia più importante lo si desume anche dal fatto che dà fastidio. Per dirla con una parola è “imbarazzante”, come una volta parlare di sesso in pubblico o oggi parlare di morte e di dolore a un pranzo di nozze.
È imbarazzante, è “tabù”, qualcosa da evitare, anche se non si sa nemmeno perché. O, forse, si sa, ma non si può dire. L’hanno reso così, contro ogni logica, visto che parlare del festeggiato il giorno del suo compleanno non dovrebbe essere una cosa tanto strana.
GOOGLE, dunque, si allinea alla politica di neutralizzazione del Santo Natale, alla sua trasformazione in vuoto consumistico con Babbo Natale come santo patrono degli affannati e vuoti consumatori di tutto il mondo. Eppure nemmeno GOOGLE sfugge per ora alla necessità di indicare gli anni proprio da quel primo Natale di 2009 anni fa (pur con tutte le opportune correzioni storiche).
Quanto è strano questo imbarazzo, o forse, quanto è ovvia questa dimenticanza da parte del simbolo stesso della globalizzazione culturale. Ci vorrebbero tutti uguali, nel senso di tutti vuoti e riplasmati con il medesimo stampino. Il loro. «Quanti padroni finisce per avere chi non riconosce l’unico Signore!», diceva uno dei più grandi vescovi che Milano abbia avuto, Ambrogio di Treviri. In effetti, la società dell’omologazione culturale, delle masse che si riversano adoranti nei centri commerciali, è quasi inevitabilmente la società dei molti padroni. Proprio per questo ci è tanto caro quel simbolo di semplicità e di libertà che è il presepe. Sarà forse un luogo comune, ma lì di pezzi grossi non ce n’erano. E non è nemmeno vero che intorno al presepe c’erano solo “extracomunitari”, espressione già di per sé orrenda e ipocrita, dato che era realmente tutta gente “del posto”, con la sola, lodevole eccezione, dei diretti interessati, che non erano del posto, ma appartenevano al medesimo popolo, e dei tre magi, i sapienti venuti dalla Persia, portati dal loro desiderio e, a loro volta, portatori di doni e di cultura. Gli unici politicanti, presenti sullo sfondo, ma assenti comunque dalla scena perché, come sempre, impegnati in altro, sono Erode e famiglia, e di loro non ci è rimasto un ricordo molto positivo. È forse il paradosso più sconvolgente della storia quello per cui l’evento che divide in due il tempo e in base al quale noi calcoliamo gli anni, sia passato allora quasi del tutto inosservato. Ma almeno questo particolare ci consola. E se anche GOOGLE finge di non ricordarsene, la cosa non ci stupisce più di tanto.
Vuol dire che davvero presso quel presepe è avvenuto e avviene quel che conta e, dunque, ciò che crea imbarazzo tra i molti padroni, di ieri e di oggi. No, per noi non è e non può essere la festa delle luci, e neanche quella dei buoni sentimenti. Lì inizia la nostra liberazione e proprio per questo non ci limiteremo a dirci “buone feste”, usando una formula molto politicamente corretta, ma con orgoglio e gratitudine ci ripeteremo “buon Natale!”. Poi, però, cercheremo anche di ricordarci che tutto questo è vero solo se succede in noi, dentro di noi.

© Copyright La Padania, 24 dicembre 2009

Clicca qui per visualizzare l'immagine di google che dimostra perfettamente che Reguzzoni ha ragione.

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