venerdì 11 dicembre 2009
Riconoscimento delle unioni civili in Austria: la debolissima reazione dei vescovi. Incisivo invece l'intervento del card. Caffarra (R.V.)
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Austria: vescovi critici sulle unioni civili fra omosessuali
Il Parlamento austriaco ha approvato ieri l’istituzione di un contratto limitato per le unioni civili fra omosessuali, che potranno, dal prossimo primo gennaio, registrarsi al Comune, senza organizzarvi cerimonie, ottenendo gli stessi benefici di cui godono le coppie eterosessuali in materia pensionistica e di sussidi alimentari. Resta vietata l’adozione di un bambino anche se nato da inseminazione artificiale. La decisione è giunta al termine di mesi di discussione all’interno della coalizione di governo nonostante la ferma opposizione dei conservatori. Perplessa e critica la Conferenza episcopale austriaca, come spiega al microfono di Gabriella Ceraso, Eduard Habsburg portavoce di mons. Klaus Kung, responsabile dell’ufficio pastorale per la famiglia:
R. - La Conferenza episcopale dell’Austria si è espressa al riguardo - a livello puramente pragmatico - affermando che questa legge non è necessaria, in quanto ci sono già, nella legge attuale, tutte le possibilità per i diritti civili delle coppie omosessuali. Poi su un altro livello è un segnale un po’ pericoloso perché si crea una legge che assomiglia molto alla legge sul matrimonio eterosessuale e si può temere che in pochissimo tempo tutte le differenze saranno cancellate, come succede in altri Paesi. Dal punto di vista della Chiesa la società è fondata sul matrimonio tra uomo e donna e dunque questo segnale porta una grande confusione nella società. Per i vescovi austriaci è stata aperta una porta che non si potrà più chiudere.
D. - Le differenze comunque con il matrimonio per ora sussistono: non esiste questo termine, non c’è una cerimonia analoga, né gli stessi luoghi…
R. – Si tratta di una sfumatura. Non siamo certo ingenui: nei comuni il contratto per le unioni civili fra omosessuali avviene nello stesso edificio dei matrimoni civili, cambia solo la stanza. E' stata una mossa dei socialisti per dire ai cristiani del Partito popolare:” vedete, non è la stessa cosa del matrimonio”. Ma nei giornali e nella vox populi lo chiamano "matrimonio tra omosessuali". Secondo la Chiesa si fa una legge molto costosa per un piccolo gruppo della società che, secondo tanti, anche commentatori politici, non sarà molto utilizzata. E’ come un gesto verso una minoranza che ha, però, una voce molto forte.
D. - A livello politico si è detto che non ci sia stata però l’unanimità al momento della decisione…
R. – Una grande parte dell’opposizione era contro ed è pure possibile che una grande parte dei deputati cristiani sarebbe stata contro la legge, ma il Partito popolare ha deciso di non permettere il voto libero. Questo vuol dire che tutti i deputati erano obbligati a votare a favore della legge.
D. – Quali prospettive si aprono in questo momento e quale sarà anche l’atteggiamento della Chiesa…
R. – Io penso che la Chiesa, soprattutto in Austria, lotterà sempre per la tutela del matrimonio, perché una società non può funzionare se il matrimonio non è sacro, non è santo e non è protetto dalla legge dello Stato.
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Blanda e debolissima presa di posizione. Quasi ci si scusa di difendere i valori cattolici. Molto male, oserei dire.
Si prenda esempio, al contrario, dalla forza e dall'incisivita' dell'arcivescovo di Bologna, card. Caffarra.
R.
L'APPELLO AI POLITICI
Unioni di fatto, il cardinal Caffarra sferza la Regione Emilia-Romagna
L'Arcivescovo di Bologna Cardinal Carlo Caffarra ha rivolto oggi un appello al Presidente della Regione Emilia-Romagna, ai membri della Giunta regionale e del Consiglio regionale affinché non si proceda alla equiparazione alla famiglia di forme di convivenza di natura diversa. Il riferimento è al progetto di legge di iniziativa regionale pubblicato nei giorni scorsi sul bollettino ufficiale della Regione con il quale, al terzo comma dell'art. 42, si pongono sullo stesso piano singoli individui, famiglie e convivenze nell'accesso ai servizi pubblici locali.
"È la mia coscienza e responsabilità di cittadino, di cristiano, e di vescovo che mi induce a rivolgervi questo appello", scrive Caffarra nel preambolo, ricordando che già l'Osservatorio giuridico-legislativo della Conferenza Episcopale dell'Emilia-Romagna "ha espresso con pacate e convincenti argomentazioni giuridiche l'inaccettabilità di questa equiparazione. Non intendo ripeterle. Desidero rivolgermi alla vostra coscienza di responsabili del bene comune su un altro piano. Nell'omelia pronunciata in S. Petronio il 4 ottobre scorso dissi che chi non riconosce la soggettività incomparabile del matrimonio e della famiglia ha già insidiato il patto di cittadinanza nelle sue clausole fondamentalì. È ciò che fareste, se quel comma fosse approvato: un attentato alle clausole fondamentali del patto di cittadinanza. Non sto giudicando le vostre intenzioni: nessuno - prosegue il cardinal Caffarra - ha questo diritto. Ma l'introduzione di una norma giuridica nel nostro ordinamento regionale, è un fatto pubblico che veicola significati che vanno ben oltre le intenzioni di chi lo compie. L'approvazione eventuale avrebbe a lungo andare effetti devastanti sul nostro tessuto sociale. Il matrimonio e la famiglia fondata su di esso è l'istituto più importante per promuovere il bene comune della nostra regione. Dove sono erosi, la società è maggiormente esposta alle più gravi patologie sociali".
Nel suo circostanziato appello l'arcivescovo di Bologna spiega che la prima erosione avviene "quando si pongono atti che obbiettivamente possono far diminuire la stima soprattutto nella coscienza delle giovani generazioni, dell'istituto del matrimonio e della famiglia. E ciò accadrebbe se al matrimonio e alla famiglia, così come sono costituzionalmente riconosciuti, venissero pubblicamente equiparate convivenze di natura diversa. Vi prego di riflettere seriamente - è l'invito del cardinal Caffarra - sulla responsabilità che vi assumereste approvando quella norma. Parlare di discriminazione in caso di non approvazione non ha senso: se è ingiusto trattare in modo diverso gli uguali, è ugualmente ingiusto trattare in modo uguale i diversi. Non sto dando giudizi valutativi di carattere etico sulla diversità in questione. Sto parlando della logica intrinseca ad ogni ordinamento giuridico civile: la giustizia distributiva è governata dal principio di proporzionalità.
"Inoltre - spiega ancora Caffarra - coll'eventuale approvazione del comma suddetto obbiettivamente voi dareste un contributo alla credenza falsa e socialmente distruttiva che il matrimonio sia una mera 'convenzione sociale' che può essere ridefinita ogni volta che così decida una maggioranza parlamentare. Il matrimonio è una realtà oggettiva sussistente in una unione pubblica tra un uomo e una donna, il cui significato intrinseco è dato dalla sua capacità di generare, promuovere e proteggere la vita. Volete assumervi la responsabilità di porre un atto che per sua logica interna muove la nostra Regione verso una cultura che va estinguendo nel cuore delle giovani generazioni il desiderio di creare vere comunità famigliari? Qualcuno potrebbe pensare che il comma in questione è una scelta di civiltà giuridica: estende la sfera dei diritti. Dato e non concesso che così fosse, ogni estensione dei diritti deve essere pensata nell'ambito del dovere fondamentale di difendere e promuovere il bene comune. Se così non fosse, si costruirebbe e favorirebbe una società di egoismi opposti. Credo di poter dire che nulla è più contrario alla nostra tradizione emiliano-romagnola, anche di governo, di questa visione della società".
Caffarra conclude dunque il suo appello: "Come cittadino, cristiano e vescovo, rispetto la vostra autorità; so che siamo liberi in forza della sottomissione alle leggi; so che il vivere nella democrazia è stato anche nella nostra Regione frutto del sacrificio della vita di tante persone, sacerdoti compresi, la cui memoria deve essere custodita. Ma colla stessa forza e convinzione vi dico che vi possono essere leggi gravemente ingiuste, come sarebbe questo comma se venisse approvato, che non meritano di essere rispettate. Sono troppo convinto del vostro senso dello Statodemocratico per pensare che qualcuno di voi ricevendo questo appello, possa parlare di 'indebita ingerenza clericale' nell'ambito pubblico, di grave vulnus alla laicità dello Stato. Laicità dello Stato significa che tutti, nessuno escluso, possono intervenire nella discussione pubblica in vista di una decisione - che è di vostra esclusiva competenza - riguardante il bene e l'interesse di tutti. La laicità non è un fatto escludente, ma includente. Onorevoli Signori, vi chiedo di accogliere questo appello, di riflettere seriamente, prima di prendere una decisione che potrebbe a lungo termine risultare devastante per la nostra Regione. Dio vi giudicherà, anche chi non crede alla sua esistenza, se date a Cesare ciò che è di Dio stesso".
© Copyright Avvenire, 1° dicembre 2009
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9 commenti:
Ecco..... qui abbiamo un altro esempio: di come in Austria l'arcivescovo di Vienna ed i vescovi al seguito se ne infiaschino della religione cristiana dei suoi insegnamenti ed ovviamente del magistero di Benedetto XVI........ Forse sarebbe ora che qualcuno cominciasse a far pulizia anche da quella parte.
POVERA AUSTRIA
se sei cattolico non ti sposi civilmente con uno dello stesso sesso. che importa se c'è una legge che lo consente?
Le leggi fanno cultura.
R.
Al male sembra che non ci sia limiti. Speriamo nel pensero che ci ha lasciato Giovanni Paolo II e che Benedetto XVI riprese anche nella visita al lager in Polonia: il limite al male è la Misericordia di Dio
Raffaella,
condivido in toto il tuo lapidario pensiero.
Piero
le leggi sono una conseguenza della cultura. l'aborto si praticava molto prima della legge 194. ci sono leggi che vietano l'evasione fiscale, ma non mi sembra una pratica in disuso.
Pensiamo al divorzio.
Oggi ci si sposa con molta piu' leggerezza e con altrettanto ci si molla perche' "tanto c'e' la leggere sul divorzio".
In questo senso la le norme fanno cultura.
R.
a me sembra che oggi ci si sposi semplicemente di meno.
...e con leggerezza.
R.
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