martedì 12 gennaio 2010
La denuncia di Benedetto XVI: violenze in Iraq, Egitto e Pakistan. In Occidente ostilità verso la religione (Bobbio)
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Il Papa: cristiani sotto attacco nel mondo
La denuncia di Benedetto XVI davanti ai 178 ambasciatori presso la Santa Sede: violenze in Iraq, Egitto e Pakistan
L'Occidente? «In certi ambienti si diffonde un sentimento di scarsa considerazione e anche di ostilità verso la religione»
Alberto Bobbio
Città del Vaticano
Il Papa incontra il mondo e denuncia la situazione dei cristiani sotto attacco e discriminati in vari Paesi e non solo in Medio Oriente. Davanti ai 178 ambasciatori accreditati presso la Santa Sede, Benedetto XVI illustra le sue preoccupazioni, osserva che c'è ancora «tanta sofferenza nell'umanità», che la «drammatica crisi economica» non è ancora finita e assicura che le porte della Chiesa sono sempre aperte a tutti, perché essa esiste per gli altri.
Le sofferenze maggiori sono per i cristiani. Ratzinger cita l'Iraq, da cui i cristiani fuggono; ricorda gli attacchi ai copti in Egitto, che colpiscono «l'esercizio della libertà religiosa». Ma ricorda anche il Pakistan, insanguinato dalla violenza, dove alcuni episodi hanno «preso di mira direttamente la minoranza cristiana». E spende qualche parola anche per l'Europa e le nazioni dell'Occidente, dove si fatica a trovare la strada di una «laicità positiva e aperta», mentre si insiste sull'«esclusione», fino al «rifiuto dell'importanza sociale del fatto religione».
Le parole di Benedetto XVI sono particolarmente severe, circa il riconoscimento del «ruolo pubblico» delle comunità dei credenti: «Purtroppo in alcuni Paesi, soprattutto occidentali, si diffonde negli ambienti politici e culturali, come pure nei mezzi di comunicazione, un sentimento di scarsa considerazione e, talvolta, di ostilità, per non dire di disprezzo verso la religione, in particolare quella cristiana».
Si crea, aggiunge il Papa, un clima di «scontro e divisione», che «ferisce la pace e inquina l'ecologia umana». Benedetto XVI spiega che bisogna opporsi alla «mentalità egoistica e materialista», ma anche alla «negazione di Dio», che «sfigura la libertà della persona umana e devasta la creazione». Per questo motivo, la «salvaguardia del creato» non deve essere «un'esigenza estetica», ma prima ancora è «un'esigenza morale».
Il tema della protezione dell'ambiente, insieme alla vita umana, «compresa la vita prima dalla nascita», intreccia tutto il discorso agli ambasciatori. Ratzinger non usa mezzi termini nel denunciare il sostanziale fallimento della recente conferenza sul clima di Copenhagen, condividendo le preoccupazioni sulle «resistenze di ordine economico e politico», che rallentano «la lotta contro il degrado dell'ambiente». Ripete che la Terra ha sufficienti risorse per nutrire tutti, ma bisogna evitare che «l'egoismo» porti alcuni «ad accaparrarsi dei beni destinati a tutti». Guarda all'Africa e chiede una «corretta gestione delle risorse naturali».
Benedetto XVI è convinto che ci sia un legame tra «accesso alle risorse» e «conflitti», e non solo in Africa. Lancia un appello alla comunità internazionale perché si impegni di più nella conversione delle produzioni agricole legate alla droga, come accade in Afghanistan e in alcuni Paesi dell'America Latina, e perché «non si rassegni al traffico della droga e ai gravi problemi morali e sociali che essa genera». Dedica una parte del discorso alla produzione delle armi, all'aumento delle spese militari e al mantenimento costoso, oltre che allo sviluppo degli arsenali nucleari: «Ciò assorbe ingenti risorse che potrebbero invece esser destinate allo sviluppo dei popoli, soprattutto quelli più poveri».
Il Papa ai diplomatici confida di sperare che la prossima conferenza di New York – a maggio, sul Trattato di non proliferazione nucleare – prenda «decisioni efficaci» su un disarmo complessivo che liberi «il pianeta dalle armi nucleari». E «deplora» che la «produzione e l'esportazione di armi contribuiscano a perpetuare conflitti e violenze, come quelli del Darfur, in Somalia e nella Repubblica democratica del Congo».
Il Pontefice parla di «incapacità delle parti coinvolte» a fermare le guerre, ma anche di «impotenza» delle Organizzazione internazionali e di «indifferenza quasi rassegnata dell'opinione pubblica mondiale». E ripete l'appello lanciato all'Angelus del primo gennaio, Giornata mondiale della pace, a «quanti fanno parte di gruppi armati di qualsiasi tipo, affinché abbandonino la strada della violenza e aprano il loro cuore alla gioia della pace».
Il decano degli ambasciatori in Vaticano, il rappresentante dell'Honduras, Valladeres Lanza, ieri faceva rilevare che un appello simile era stato lanciato dal Papa anche nel discorso dell'anno scorso, segno evidente che le parole del Pontefice «rimangono inascoltate». Una frase Benedetto XVI la spende anche per il terrorismo, che non solo mette in pericolo «vite innocenti», ma provoca un «diffuso senso di angoscia». Cosa che vale anche per le «catastrofi naturali».
Il Papa cita il terremoto dell'Abruzzo, oltre che i disastri che hanno colpito l'anno scorso molte zone dell'Asia. Mette in fila alcune situazioni di conflitto ormai permanenti e ribadisce la tradizionale posizione della Santa Sede su due Stati, uno per gli israeliani e l'altro per i palestinesi, in Terra Santa, chiedendo insieme il «sostegno di tutti» perché siano protetti «la dignità e il carattere sacro di Gerusalemme».
Sull'Iran chiede «dialogo e collaborazione», in modo da raggiungere «soluzioni condivise sia sul piano nazionale che sul piano internazionale». Benedetto XVI, infine, denuncia gli «attacchi» che provengono «da leggi e progetti che, in nome della lotta contro la discriminazione, colpiscono il fondamento biologico della differenza tra i sessi». Non cita casi particolari, ma spiega di riferirsi ad «alcuni Paesi europei e del continente latinoamericano». In Europa l'ultimo Paese ad avere approvato una legge sui matrimoni omosessuali è stato, nei giorni scorsi, il Portogallo.
© Copyright Eco di Bergamo, 12 gennaio 2010
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1 commento:
Molto bella la foto di questo post !
Antonio
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