sabato 20 marzo 2010

“Siamo fatti di santità e terrosità”. Le riflessioni del card. Saraiva Martins poco prima della lettera del Papa (Rodari)


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LETTERA PASTORALE DEL SANTO PADRE AI CATTOLICI D'IRLANDA: LO SPECIALE DEL BLOG

“Siamo fatti di santità e terrosità”. Le riflessioni del card. Saraiva Martins poco prima della lettera del Papa

di Paolo Rodari

C’è attesa per la lettera pastorale che oggi il Papa manda ai cattolici d’Irlanda sulla questione degli abusi su minori da parte di alcuni esponenti del clero.
Tanto che è il Time questa settimana a domandarsi in copertina: “Cosa intende fare Benedetto XVI? Agirà per reprimere gli abusi oppure no?”.

Una domanda che non stupisce il cardinale portoghese José Saraiva Martins, 78 anni, per dieci anni prefetto della Congregazione delle cause dei santi (prima con Wojtyla, poi con Ratzinger). “Certo che il Papa agirà” risponde.

“Ma lo farà con una consapevolezza che spesso manca al mondo”.

Quale?

“Che la chiesa è fatta di santi e peccatori insieme. Anche l’umanità più santa è impastata col peccato, non è esente dal peccato”. E quindi? “E quindi lo sguardo della chiesa e del Papa è realista: condanna (e oggi credo arriverà una condanna durissima), cerca di prevenire, ma insieme sa perdonare”.
Promosso un anno fa all’ordine dei vescovi del Sacro Collegio come segno di particolare stima del Pontefice, Saraiva Martins dice che “la pedofilia non è solo del clero. E, anzi, nel clero i casi di pedofilia sono molto pochi. Certo, ci sono e nessuno vuole nasconderli e la cosa è evidente osservando il Papa agire. Non è di questa chiesa insabbiare nulla.

Benedetto XVI cerca la trasparenza. I giornali hanno spesso parlato di tolleranza zero e se vogliamo possiamo pure noi usare questo termine, perché questa è un’importante occasione, una delle tante occasioni, che la chiesa ha per purificarsi internamente.

Come nei primi secoli la chiesa si è purificata al suo interno combattendo le eresie, ma pensiamo anche in secoli più recenti alla controriforma, così oggi i casi di abusi su minori commessi da alcuni dei nostri preti possono darci lo spunto per correggerci in alcune cose e poi ripartire. La chiesa è fatta così. Sbaglia, si ferma, ragiona (anche pubblicamente) e riparte”.

Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco, ha detto che “sugli abusi non può esserci una misericordia a buon mercato. La preghiera va alle vittime degli abusi ma anche ai colpevoli”.

“Ha ragione” dice Saraiva Martins.
“La preghiera va alle vittime in primis. Non scordiamoci che nei Vangeli Gesù usa le parole più tremende per coloro che scandalizzano i piccoli, che fanno loro del male. Ma la preghiera va anche ai colpevoli. Domandiamoci: cos’è l’uomo? E’ cielo ma anche terra, spirito ma anche carne. E spesso la carne fa commettere cose terribili.
Dovremmo dimenticare la ‘terrosità’ che compone ogni umanità?
Che la chiesa vive nel mondo? Dovremmo far finta che, tanto per fare un nome, sant’Agostino prima di essere santo non fu un grandissimo peccatore? Che grandi santi una volta convertiti hanno commesso sbagli e peccati? No, la chiesa non può dimenticare questo. La chiesa sa che ogni uomo fino all’ultimo istante di vita può cambiare. La chiesa ha fiducia nell’uomo, anche nell’uomo più turpe. E sa aspettare. Qualcuno deve pur dirlo: premesso che la pedofilia è un reato orribile la misericordia di Dio è sempre pronta ad abbracciare tutti”.

Cosa pensa del celibato sacerdotale?

“Avevo undici anni. I miei genitori chiesero a me e ai miei sette fratelli cosa avremmo voluto fare da grandi. Non ricordo cosa risposero i miei fratelli. Io dissi: ‘Voglio fare il prete missionario’. Dentro di me sentivo che Dio mi chiamava. E’ una cosa intima e che non si può spiegare. Posso dire che già in quel momento abbracciai il celibato pur senza aver piena consapevolezza di cosa significasse. Poi ho capito.
Tanto che oggi, a sentire le parole di Hans Küng che insiste nel dire che il celibato va abolito mi viene da ridere. Il celibato è consacrazione totale ed esclusiva a Dio. Una scelta libera che compie la mia umanità. Si può non capirlo ma non si può non intuire che è una dedizione unica al mondo. Si diventa tutto di Dio. Mica poco”.

Pubblicato sul Foglio sabato 20 marzo 2010

© Copyright Il Foglio, 20 marzo 2010 consultabile online anche qui, sul blog di Rodari.

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