martedì 1 giugno 2010

A Cipro il Pontefice consegnerà l'"Instrumentum laboris" dell'assemblea speciale del Sinodo dei vescovi (Youssef Soueif)


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A Cipro il Pontefice consegnerà l'"Instrumentum laboris" dell'assemblea speciale del Sinodo dei vescovi

In Medio Oriente uno spazio di perdono e di incontro

di Youssef Soueif
Arcivescovo di Cipro dei Maroniti
segretario speciale dell'assemblea speciale
per il Medio Oriente del Sinodo dei vescovi

L'aspetto regionale e internazionale della visita apostolica del Papa a Cipro si manifesta nella presentazione dell'Instrumentum laboris ai patriarchi, capi delle Chiese orientali, e ai vescovi presidenti delle conferenze episcopali, membri del Sinodo.
Questo gesto ha un importante significato simbolico per la nostra Chiesa locale, perché mostra, in un certo senso, il ruolo di Cipro come ponte tra Medio Oriente e Europa-Occidente. Un ponte di natura spirituale, ma anche sociale, ecclesiale e umana. Quindi siamo direttamente coinvolti. Quando il Papa lascerà Cipro, entreremo nel vivo della preparazione di questo importante evento ecclesiale, cruciale per i cristiani del Medio Oriente, per la testimonianza che essi sono tenuti a dare.
In questa prospettiva, forti di quanto ci avrà confidato il Papa, guarderemo in profondità la nostra realtà, così come approfondiremo la lettura dell'Instrumentum, e cercheremo d'interpretare i fatti in chiave essenzialmente pastorale. Formeremo gruppi di studio ben selezionati, per arrivare al Sinodo con proposte maturate nella riflessione comune, e offrire così alla discussione un contributo fattivo. L'aspirazione è infatti quella di poter concludere l'assemblea con proposte pratiche per il futuro della presenza e della missione dei cristiani, dei cattolici in particolare, nella regione del Medio Oriente.
Al di la dei meccanismi, il Sinodo è soprattutto un cammino di Chiesa che si vive nello spirito di preghiera durante lo svolgimento e soprattutto dopo la sua chiusura, e così diventa un inizio per un periodo nuovo nella Chiesa; è un'esperienza di Pentecoste, di rinnovamento spirituale, di consapevolezza del nostro essere, della nostra presenza e missione. Il contesto biblico del Sinodo è l'esperienza della prima comunità cristiana dove i fedeli avevano un cuore solo e un'anima sola. Quindi è un caro e attento invito del successore di Pietro a vivere nella dinamica della comunione per dare testimonianza, come Chiesa cattolica, in una zona così delicata e strettamente legata agli avvenimenti internazionali.
Del resto i cristiani sono storicamente parte integrante della realtà geopolitica, sociologica e demografica del Medio Oriente, pur essendo in quasi tutti i Paesi in minoranza. La presenza dei cristiani è una necessità, non solo per loro stessi ma anche per i non cristiani. Essa testimonia l'importanza del dialogo dinamico della vita, dell'amore; un dialogo che costruisce la cultura della pace, della riconciliazione. E in questo i cristiani hanno molto da condividere con i loro fratelli e sorelle delle altre religioni, nello spirito di comunione, di solidarietà e con una grande responsabilità.
Il Sinodo del resto si vive nello spirito ecumenico come cammino verso la comunione nella testimonianza. Questo però richiede, a livello spirituale e pastorale, un profondo vissuto di comunione nel senso della collaborazione pastorale tra i cattolici stessi della regione. Quanto è bello e significativo vivere l'unità nella diversità, partendo dell'esperienza cattolica, che sicuramente esiste come testimonianza vera e forte in diversi Paesi, ma che richiede anche un'attenzione particolare, un'elaborazione e un certo progresso. Si tratta di rafforzare e aumentare le possibilità di lavorare insieme. Ciò richiede un cambiamento di mentalità, tanta umiltà e una grande profondità nello Spirito Santo che guida la Chiesa di Cristo verso il Padre. La Chiesa non è nostra. La Chiesa è di Cristo risorto e noi siamo servi nella sua vigna e testimoni del suo amore nel costruire la pace nella Chiesa e nella società umana. Allora la nostra responsabilità come cattolici insieme agli altri è grande; è una chiamata a essere segni di fede, di speranza e di amore nella terra e nelle zone dove Cristo è nato e ha vissuto, da dove è partita la buona novella per il mondo intero.
Bisogna aumentare gli sforzi affinché il Medio Oriente sia uno spazio di perdono, di gioia e d'incontro tra tutti gli uomini, sapendo che Gesu Cristo ha vinto la morte con la sua stessa morte e ci ha dato la vita con la sua risurrezione. Costruire questo spazio spirituale e umano richiederà certamente tanti sacrifici, da parte di tutti, soprattutto da parte dei cattolici che sono lievito, sale e luce che mostra la gloria del Padre.
Il Sinodo è l'opera dello Spirito Santo nella Chiesa a partire dell'esperienza ecclesiale nel mondo, cioè in una situazione sociale e umana ben determinata. La natura del Sinodo del Medio Oriente quindi è pastorale per eccellenza poiché si basa sui fondamenti teologici. Del resto dinanzi al cammino sinodale si pongono tante sfide e tante speranze. Innanzitutto l'altro - sia esso cattolico, cristiano, musulmano, ebreo o qualsiasi altra persona di altre culture - non dovrebbe mai costituire una fonte di paura. Dovrebbe piuttosto essere visto come un'occasione umana e spirituale per testimoniare la ricchezza dell'incontro umano, basato su valori spirituali in un mondo in cui la materialità diventa il criterio di discernimento. In questo senso la diversità religiosa, dal punto di vista spirituale, potrebbe essere un arricchimento per lo sviluppo della persona umana.
Poi c'è l'instabilità economica e sociale in vari Paesi della regione. Con essa si spiega la spinta all'emigrazione del Medio Oriente, non solo dei cristiani, ma di tutti i membri della società. Per di più la crisi economica crea un ambiente favorevole alla penetrazione delle correnti religiose estremistiche che fomentano sentimenti di diffidenza e di paura dell'altro, fino al rifiuto categorico di ogni tipo di diversità anche riguardo alla religione stessa. È proprio una chiusura totale che rovina la bellezza della persona umana e della società, ricca nella sua diversità, ma anche e soprattutto nell'intesa e l'armonia.
D'altra parte, c'è molto da lavorare a livello dei diritti del cittadino e della dignità della persona umana, delle sicurezze sociali, sanitarie ed educative, all'interno dei sistemi politici ed economici. La cosa più importante ora è assicurare un futuro alle nuove generazioni. Un futuro che sia fondato sulla giustizia, sui diritti dell'uomo, del cittadino, sulla libertà che è la base e lo scopo di ogni azione politica. In questo contesto torna il discorso sulle minoranze, che dovrebbero avere tutti i diritti e tutti i doveri come cittadini integrati nella società. E quando si parla della minoranza cristiana, l'importante è sapere che questa minoranza ha radici storiche profonde. E il contributo dei cristiani e della cultura cristiana durante tutte le fasi della storia della regione è stato ed è costruttivo a livello educativo, sociale, umano e spirituale.
Per quanto riguarda la minoranza cristiana, si nota una qualità di vita spirituale e umana, pronta alla testimonianza. Proprio per questo i cristiani si presentano ovunque come un ponte d'incontro, per creare spazi di dialogo di vita, grazie ai quali Dio divenga il centro della storia dell'uomo, il centro del pensiero umano per il bene dell'individuo e della comunità, che più sceglie la spiritualità più si umanizza e diventa solidale con la vita dell'intera comunità cittadina. E proprio a questo i cristiani del Medio Oriente sono chiamati: a contribuire alla costruzione della città di Dio nella città dell'uomo, essendo testimoni della gioia di Cristo e della speranza del Regno.

(©L'Osservatore Romano - 2 giugno 2010)

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