mercoledì 16 giugno 2010
San Gennaro e Napoli: legame inscindibile (Francesco Antonio Grana)
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Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:
San Gennaro e Napoli: legame inscindibile
Francesco Antonio Grana
Dinanzi a San Gennaro si è fermata la lava del Vesuvio e perfino la brama di ricchezze di Napoleone.
Il solo cenno della mano del patrono dei napoletani ha placato le pesti e i terremoti che hanno tormentato il capoluogo campano. Il suo amore per la città partenopea si rinnova nel suo sangue che ribolle ogni anno nella data del martirio, il 19 settembre, nella memoria della traslazione del suo corpo dall’agro Marciano a Napoli, il sabato che precede la prima domenica di maggio, e più raramente nella festa del patrocinio di San Gennaro, in cui si ricorda quando il santo, il 16 dicembre del 1631, fermò l’eruzione del Vesuvio.
La numerosa bibliografia dedicata al patrono dei napoletani si arricchisce del nuovo lavoro del giornalista del quotidiano “Il Mattino”, Pietro Treccagnoli, “Elogio di San Gennaro” (Tullio Pironti Editore, 29 pagine, 3,90 euro). Nelle pagine del libro emerge con chiarezza la profonda devozione dei napoletani verso il loro santo protettore. Una fede legata in modo inscindibile alla superstizione, di cui Napoli è, in un certo senso, la capitale.
Quello di Treccagnoli “è un elogio molto personale e privato – come scrive l’autore – fatto da un miscredente, educato nel cattolicesimo, svezzato dall’illuminismo e precipitato nell’esistenzialismo, per tacer del resto. Miscredente nel senso etimologico del termine: chi accetta solo in parte, o in modo diverso da come la Chiesa le insegna, le verità della fede”. Nelle pagine del volume, è descritto il legame del santo con i suoi fedeli, che si rinnova di generazione in generazione, di napoletano in napoletano.
Il miracolo della liquefazione del sangue non è un aspetto marginale della devozione a San Gennaro. Nel suo elogio Treccagnoli ricorda la fenomenologia del miracolo.
“Mica c’è lo scioglimento e basta? È importante il colore, i tempi in cui avviene, la vivacità dell’ebollizione”. Se il sangue rosseggia si annunciano guerre, se le ampolline ribollono il ventre del Vesuvio può erompere, se nereggia bisogna temere indefiniti flagelli di morte, se resta troppo a lungo liquido preparatevi ad alluvioni e diluvi, se si rapprende ci sarà la carestia, se nel sangue liquefatto resiste un globo grumoso arriveranno non meglio specificati mali enormi come una terribile peste che colpirà uomini e greggi, ma solo quando spumeggia c’è il responso più felice.
Nel 1989 lo studioso della Sindone, il medico Pierluigi Baima Bollone, eseguì alcune analisi sulla teca che conserva il sangue del santo martire. L’esame spettrografico dimostrò la presenza di emoglobina. Dalle analisi effettuate emerse che, ancor più straordinario della liquefazione, è il prodigio della ricoagulazione del sangue contenuto nella teca. Al fedele, però, poco importano i risultati della scienza. Il suo occhio vede al di là del microscopio. Ed è questo che rende unico il suo rapporto con il santo protettore. Come ci mostra Pietro Treccagnoli nel suo elogio.
© Copyright L'Avanti, 15 giugno 2010
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