martedì 15 giugno 2010
Una notte da preti. A San Pietro col Papa e migliaia di “vasi di creta” che Dio sa usare (Rodari)
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Una notte da preti. A San Pietro col Papa e migliaia di “vasi di creta” che Dio sa usare
di Paolo Rodari
Dio è “audace”. Talmente “audace” che si serve di “un “povero uomo”, il prete, per arrivare agli altri uomini. E’ la follia della chiesa. Il paradosso della vocazione sacerdotale: uomini come tutti gli altri, peccatori come (a volte peggio) degli altri, eppure chiamati.
Questo è lo scandalo che ieri (con un’omelia in piazza San Pietro), l’altro ieri (con una veglia davanti a quindicimila preti), il Papa ha voluto ricordare alla chiesa e al mondo. Il Papa non nasconde il peccato del clero. Chiede “perdono” e poi dice: “La chiesa deve usare il bastone contro i falsificatori”, raddrizzare i “disorientamenti” e punire “i comportamenti indegni della vita sacerdotale”.
Ma il bastone non è per colpire a morte. E’ un “vincastro” che aiuta a tornare sulla retta via. Chi è il prete? Un uomo che “in vasi di creta”, attraverso “la sua debolezza umana”, porta al mondo il dono della fede.
Quindicimila sacerdoti l’altro ieri sera hanno ascoltato Benedetto XVI rispondere a braccio, in piazza San Pietro, a cinque domande.
“I preti difendono il Papa e il Papa difende il celibato” è il commento alla serata che fa il vaticanista John Allen sul National Catholic Reporter. Gli scandali della pedofilia hanno scosso la chiesa. I preti in piazza ne parlano. Il Papa prende la parola e dice. Scandali? “Il vero scandalo è il celibato dei preti. Uno scandalo per il mondo che non lo capisce”. Ratzinger rivendica la spada che la chiesa porta dentro il mondo. Il celibato è una lama affilata per un mondo di “non sposati”. Ma, dice il Papa, “il loro non sposarsi è l’opposto del nostro celibato”. “Loro sono per una vita senza vincoli, il nostro celibato è responsabilità in vista del regno dei cieli”. Gli scandali della pedofilia? “Ci sono anche gli scandali secondari”, dice, che però non minano “il vero scandalo, quello del celibato”.
Prima dell’arrivo del Papa in piazza viene diffusa la “Moldava” del compositore boemo Bedrich Smetana. “La chiesa è come la Moldava” dice padre Piotr, dalla Polonia. “Tante curve, tante deviazioni dalla strada maestra, ma la meta è chiara e si cammina verso di essa. Siamo qui per seguire il Papa su questa strada”.
Il cardinale portoghese José Saraiva Martins, prefetto emerito dei Santi, possibile candidato al papato nel 2005 se Ratzinger non avesse superato lo scoglio Bergoglio, arriva all’imbrunire: “Vengo in piazza da sacerdote per stare coi sacerdoti. Siamo bombardati da più parti. Ma non cediamo. Andiamo avanti con fiducia. Il sacerdozio è una vocazione santa alla quale aderiscono uomini che a volte sbagliano. Ma tanti vivono la propria missione da eroi”.
Il Papa li ringrazia i suoi preti. E suggerisce loro di non farsi schiacciare dal troppo fare: “Trovatevi dei momenti di riposo, andate in vacanza ogni tanto, ritrovate le vostre energie”.
Dietro il braccio di Carlo Magno si riconosce un folto gruppo di Legionari di Cristo. Vestiti di scuro, eleganti, colletto romano e rosario in mano. Pregano mentre aspettano il Papa. Molti sono giovani seminaristi. Del loro fondatore, padre Marcial Maciel Degollado, non parlano. La ferita non è rimarginata. Uno di loro racconta: “La chiesa è santità e peccato insieme. I giornali, i media, sembrano aver scoperto in questi mesi l’acqua calda. I peccati che hanno commesso preti nei confronti dei minori non vanno sminuiti né nascosti. Ma la chiesa è anche altro. Grandi frutti possono venire da grandi peccatori. La chiesa accetta tutti e tutti cerca di correggere. Non sempre ce la fa. Può anche fallire”.
Le accuse comunque restano gravi: “Sì, ma è curioso che siano scoppiate in questo anno che il Papa ha dedicato al sacerdozio. ‘Era da aspettarsi che al ‘nemico’ questo nuovo brillare del sacerdozio non sarebbe piaciuto’ ha detto ieri il Papa. Curioso ma non tutto è venuto per nuocere”. Cioè? “Questi fatti ci sono serviti per andare più a fondo della nostra vocazione: mai come in queste settimane abbiamo fatto preghiere e penitenze”. Don Elia Giudice è parroco in Campania. Scrive libri e ama la cultura. Dice: “In questo anno tutti hanno voluto insegnare al prete come comportarsi. Si sono però dimenticati che il sacerdote è un uomo scelto tra gli uomini con tutte le luci e le ombre del suo tempo. Si porta dentro la sua vocazione il meglio ma anche il peggio del mondo. Lotta per il meglio e combatte contro il peggio. E nella lotta non sempre si riesce a vincere”.
Pubblicato sul Foglio sabato 12 giugno 2010
© Copyright Il Foglio, 12 giugno 2010 consultabile online anche qui, sul blog di Paolo Rodari.
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