mercoledì 14 luglio 2010
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Dopo la svolta decisa a maggioranza sulle donne vescovo
Sinodo di York e futuro del dialogo ecumenico
di Riccardo Burigana
L'annuale sinodo degli anglicani d'Inghilterra — che si è tenuto a York dall'8 al 13 luglio — ha rappresentato un importante passaggio non solo nei rapporti con le altre Chiese e comunità ecclesiali, ma all'interno della stessa Comunione anglicana.
Infatti, numerose erano le questioni all'ordine del giorno, oltre all'elezione dei sei membri — due tra i vescovi, due tra il clero e due tra i laici — chiamati a far parte del Consiglio dell'arcivescovo per non meno di tre anni, ma di fatto per il prossimo quinquennio, così come è stato per il recente passato. Al sinodo si chiedeva la revisione del lezionario, con richieste di modifiche e aggiunte per rendere sempre più prossimo il testo alle nuove sensibilità liturgiche ed ecumeniche. E si prospettava la creazione di un unico gruppo di lavoro sulle questioni teologiche a livello nazionale in modo da affrontare una riflessione comune da un punto di vista ecclesiologico, ecumenico e dottrinale, così come chiedeva l'arcivescovo di Canterbury e primate della Comunione anglicana, Rowan Williams, il più convinto sostenitore di questa proposta con la quale si voleva la nascita di questo nuovo soggetto, la Faith and Order Commission.
Nell'agenda dei lavori del sinodo, tuttavia, il tema centrale era costituito dalla discussione sulla consacrazione delle donne vescovo. Si trattava di un tema sul quale la riflessione era iniziata ufficialmente nel 1992 quando il sinodo aveva deciso di ammettere le donne al sacerdozio, seguendo così le norme già adottate da alcune comunità anglicane, mentre altre erano contrarie, come lo sono tuttora.
Il dibattito sulla consacrazione delle donne vescovo si è venuto ampliando e approfondendo in questi ultimi anni, mostrando la pluralità delle posizioni presenti in Inghilterra, la cui comunità si è dovuta confrontare anche con le ricadute ecumeniche, in senso lato, delle conseguenze di questa decisione, dal momento che era evidente che su essa si misurava la capacità di proseguire il dialogo per una piena e visibile comunione non solo con la Chiesa cattolica, ma anche con le Chiese ortodosse.
L'eventuale decisione a favore della consacrazione delle donne vescovo era destinata, infatti, ad alimentare ulteriormente il confronto all'interno della Comunione anglicana, percorsa da tensioni tanto forti da metterne in pericolo la stessa sopravvivenza nella forma con cui si è venuta costituendo nel corso dei secoli. Inoltre, all'interno della stessa comunità d'Inghilterra non mancavano le voci contrarie alla consacrazione delle donne vescovo, che si erano manifestate con maggiore forza nell'approssimarsi del sinodo, mostrando che il dibattito era trasversale alle singole comunità, tanto da provocare delle divisioni a livello locale. Per questa ragione era apparsa particolarmente opportuna la proposta dell'arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, per il quale il sinodo doveva votare una norma con la quale un vescovo donna poteva incaricare un altro vescovo, necessariamente un uomo, di seguire le parrocchie della propria diocesi contrarie alla consacrazione delle donne vescovo in modo da preservare l'unità della diocesi, senza forzare sensibilità diverse, obbligando dei fedeli ad accettare qualcosa considerato da loro incompatibile con la tradizione anglicana. La proposta di Williams è stata appoggiata dall'arcivescovo di York, John Sentamu, con il chiaro intento di giungere a una soluzione che evitasse un'unica decisione, presa a maggioranza, come spesso è accaduto nella Comunione anglicana, negli ultimi anni.
Fin dalle prime battute del sinodo è però apparso chiaro che sul tema della consacrazione delle donne vescovo non si misurava solo la volontà di procedere a un maggior coinvolgimento delle donne nel governo della Chiesa, ma si poneva anche la questione del governo dell'arcivescovo Williams, sottoposto a una molteplicità di critiche per le sue posizioni in difesa della comunione tra gli anglicani, anche a costo di compromessi, e in favore dell'unità tra i cristiani, in particolare per il dialogo con la Chiesa cattolica. Da una parte si rimproverava all'arcivescovo di non rispettare a sufficienza la tradizione della comunità anglicana d'Inghilterra e dall'altra di essere poco attento alla riflessione in atto tra gli episcopaliani e nelle comunità della riforma, soprattutto con quelle con le quali gli anglicani d'Inghilterra hanno firmato la dichiarazione di Porvoo nel 1996 per la promozione della piena comunione.
Pesavano anche le polemiche di questi ultimi mesi sulla definitiva sconfitta della candidatura a vescovo di Southwark di Jeffrey John, che già nel 2003 era stato costretto a rinunciare alla candidatura per la sua dichiarata omosessualità. Il sinodo ha rigettato la proposta dell'arcivescovo di Canterbury: 196 sono stati i voti a favore, 216 contrari e 9 gli astenuti, dopo un animato dibattito, nel quale sono emerse le diverse posizioni su questo tema.
Il sinodo ha approvato così le modifiche alle norme per la consacrazione dei vescovi in modo che essa possa essere aperta anche alle donne, tanto che si pensa che già nel 2014 sarà possibile consacrare la prima donna vescovo. Il dibattito, la votazione e i commenti successivi hanno mostrato quanto si sia polarizzata la discussione su questo tema, tanto che alcuni hanno pubblicamente contestato il risultato, sostenendo che con esso si mette a rischio non solo il futuro del dialogo ecumenico, ma la stessa esistenza della comunità anglicana inglese, poiché si va a toccare un elemento fondamentale della tradizione anglicana, evocando il 1994, l'anno dell'ordinazione sacerdotale della prima donna nella Chiesa di Inghilterra, che provocò l'abbandono di migliaia di fedeli, che non si riconobbero nelle decisioni del sinodo.
Nel sermone a conclusione dell'incontro di York, l'arcivescovo di Canterbury ha invitato alla riflessione, commentando un passo evangelico. Per Williams «l'incontro con Cristo deve avvenire ai piedi della croce per conoscere la gloria di Dio, che illumina il mondo» e in un momento nel quale si rincorrono tante voci sul presente e sul futuro degli anglicani in Inghilterra non si deve perdere di vista il «tesoro, che non siamo noi, ma Cristo». Gli anglicani sono chiamati a testimoniare Cristo che si manifesta non con i regolamenti e con le strutture ma nella preghiera, nella liturgia, nell'annuncio del Vangelo, così come è avvenuto negli ultimi cinque anni nelle discussioni e nelle preghiere condivise, segno dell'unità: i cristiani devono «aver fiducia in Cristo, camminare nella luce di Cristo, che offre la conoscenza di Dio al mondo per far crescere l'amore tra gli uomini e le donne». Con questo invito a tornare alla centralità della testimonianza di Cristo nel mondo si è concluso il sinodo di York, nel quale è emersa la debolezza di una proposta che non tenga conto delle diverse tradizioni presenti in una stessa comunità ecclesiale. E che pensa di risolvere le questioni aperte con una votazione a maggioranza semplice, con la quale sembra offuscarsi la centralità della missione e della testimonianza della Buona Novella ut unum sint.
(©L'Osservatore Romano - 15 luglio 2010)
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2 commenti:
Perfido commento di Damian Thompson:
http://blogs.telegraph.co.uk/news/damianthompson/100047249/church-of-england-bishops-will-be-allowed-to-become-nuns-according-to-synod-source/
Alessia
che ingenuità! dopo aver aperto al sacerdozio femminile, la pretesa dell'espiscopato è mera meccanica. pensarci prima no, eh?
JP
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