mercoledì 22 settembre 2010

Uno stralcio del libro Vaticano S.p.A. di Gianluca Nuzzi: L'altra faccia dello Ior prima di Gotti Tedeschi (Il Tempo)


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L'altra faccia dello Ior prima di Gotti Tedeschi

Pubblichiamo uno stralcio del libro Vaticano S.p.A. di Gianluigi Nuzzi edito da Chiaralettere nel quale l'autore racconta gli scandali finanziari e politici della Chiesa.

La lettera al papa consegnata a don Stanislao Dziwisz rimane senza risposta. Il momento è delicato. Quando Caloia avvia la Commissione segreta sulle fondazioni fittizie dello Ior, con i primi allarmanti dati e implicazioni della «Fondazione Spellman», siamo nel marzo del 1992.

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Gianluigi Nuzzi

Caloia, per vincere questa guerra frontale dichiarata al prelato de Bonis, gioca quasi in solitudine e ha ancor più bisogno di sviluppare le informazioni sulle attività occulte di monsignor de Bonis, da girare sia al segretario di Stato Angelo Sodano sia a Dziwisz, affinché il Santo Padre, con discrezione, sappia e provveda. Nella primavera del 1992, giorno dopo giorno, mese dopo mese, il sistema offshore costruito nel tempo da de Bonis emerge in tutta la sua gravità dai risultati delle indagini avviate dalla Commissione segreta dello Ior e da monsignor Dardozzi. Lasciando sul campo alcune incognite, autentiche mine che possono deflagrare pregiudicando l'intera attività di bonifica portata avanti. Nessuno conosce ancora l'estensione del sistema dei conti gestiti dal monsignore banchiere: ci vorranno anni per ricostruire nel dettaglio tutte le operazioni, scoprirne gli attori, i complici e i beneficiari. Ma ancor più gravi sono le protezioni generate da questo sistema, che coinvolgono eminenti porporati in Vaticano e che sono foriere di potenziali ricatti e rivalse. Buchi neri che fanno della partita in atto uno scontro ad armi impari tra consorterie vaticane. Infatti il prelato dello Ior dipende dal presidente del Consiglio di sovrintendenza, teoricamente sottoposto proprio a Caloia, ma nella Romana Chiesa i sacerdoti dispongono, i laici eseguono. Proprio in quei mesi centrali del 1992, mentre inizia la guerra sotterranea per mettere all'angolo de Bonis, il sistema offshore cresce ancora, godendo di una sorta di «clandestinità finanziaria» che lo rende immune a tutto. Formalmente il prelato è la cinghia di collegamento tra laici e cardinali, in realtà è la regia di quella che assomiglia sempre più a una «banca nella banca». Una «lavanderia» che opera nel centro di Roma in regime extraterritoriale, indenne a qualsiasi cataclisma giudiziario che in quei mesi invece investe un'Italia emotiva e fragile con l'inchiesta di Mani pulite. Una «banca nella banca» affrancata da qualsiasi filtro antiriciclaggio introdotto dalle sempre più stringenti norme internazionali. De Bonis ha creato un vero e proprio «paradiso fiscale». Con disponibilità enormi e con una gestione privatistica delle eredità: le somme lasciate per beneficenza da facoltosi cattolici vengono talvolta stornate su conti personali. Tangenti al posto della beneficenza.

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Tra l'89 e il '93 su questi depositi vengono compiute operazioni per oltre 310 miliardi di lire, circa 275,2 milioni di euro. Solo in contanti i movimenti, secondo una stima prudenziale, superano i 110 miliardi. Ma è soprattutto l'intensissima movimentazione di titoli di Stato a preoccupare la Commissione segreta. In appena un biennio su questi conti riservati transitano fra i 135 e i 200 miliardi di lire in Cct. E si tratta solo di stime indicative. *** Il prelato è infatti assai capace a mimetizzare le sue attività segrete. E, soprattutto, assai più abile, spregiudicato e previdente nel proteggere i suoi affari di quanto nei sacri palazzi si possa immaginare. Nessuno sembra averlo previsto, sebbene la storia del monsignore arrivato dalla campagna della Basilicata sia stata in apparenza sotto gli occhi di tutti. Il banchiere dalla lunga tonaca ha raccolto e coniugato gli insegnamenti ricevuti sia da Marcinkus sia dal predecessore cardinale Alberto di Jorio, che aveva servito per vent'anni come segretario nella banca vaticana all'epoca delle prime operazioni d'ingegneria finanziaria.

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Ora si è fatto scaltro. Solo prevedendo di annoverare dei nemici tra le mura vaticane, ha creato una doppia copertura al sistema di conti. Ha costituito uno scudo, uno schermo invulnerabile che nessuno sarebbe stato in grado di superare agevolmente e che gli è tornato utile per posticipare la sua inevitabile fuoriuscita. In pochi lo sospettano, in pochissimi nei sacri palazzi conoscono la sua attività. Nel circuito di conti correnti allo Ior il prelato ha organizzato un comparto completamente occulto. Fuori dai bilanci ufficiali, dalla movimentazione ordinaria.

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Si profila un vero e proprio «Ior parallelo», dalla doppia contabilità, con il prelato che ha piegato a proprio vantaggio le finalità stesse dell'Istituto pur di garantire filtri all'indispensabile riservatezza dei suoi illustri clienti. Nello statuto della banca si contempla la beneficenza e il culto, destinando parte delle somme che lo Ior riceve e gestisce proprio per le opere di religione. Il regista del sistema modula queste finalità trasformandole in una formidabile occasione per mimetizzare le proprie operazioni fra quelle tradizionali, meritorie, per elemosine e carità nel mondo. Infatti, non solo i depositi sono attribuiti a fondazioni inesistenti, ma spesso la scelta delle intestazioni è dettata dall'ipocrisia e dal cinismo. Si pensi al conto «001-3-15924-C» che il prelato dello Ior ribattezza «Fondazione mamma de Bonis, lotta alla leucemia» o quello «Louis Augustus Jonas Foundation» che un carissimo amico del prelato e di Andreotti, il lobbista Luigi Bisignani, apre indicando l'«aiuto bimbi poveri» nelle finalità. Su quei depositi, in realtà, più che oboli transitano soprattutto cospicue tangenti. Oltre ai primi diciassette, la ricerca interna farà emergere altri depositi sempre della galassia occulta dello Ior, che vengono indicati nelle relazioni raccolte da Dardozzi. Correntisti che estendono quella rete di pertinenze intestate magari a fondazioni, a paravento di civili insospettabili, amici degli amici. Nel documento sono elencate le intestazioni di quelli più significativi con il saldo, in lire italiane o dollari, e tra parentesi la relativa pertinenza senza i nomi di battesimo, circostanza che impedisce l'immediata riferibilità ai titolari. Indebolire questo sistema di potere significa puntare innanzitutto a isolare de Bonis con la cosiddetta tecnica del carciofo: individuare i punti deboli degli alleati del prelato per metterli poi nella condizione di scaricarlo. Si parte quindi proprio dai conti: la clientela speciale coltivata dal monsignore è di primissimo piano, molti sono gli amici di un tempo di Marcinkus. Tra i tanti nomi, uno spicca su tutti. Quello di monsignor Pasquale Macchi, influente segretario di Giovanni Battista Montini, sia all'arcidiocesi di Milano sia quando il cardinale viene eletto papa Paolo VI nel 1963. Macchi è, come quasi tutti i segretari particolari dei pontefici, un consigliere molto ascoltato. E intesse rapporti con i palazzi del potere, stringendo amicizie con premier e leader politici che gli riconoscono un'intelligenza raffinata. Paolo VI valorizza le sue intuizioni. Ne appoggia certe mosse e, d'accordo con lui, permette a Marcinkus una carriera fulminea. Prima affidandogli la sicurezza nei suoi viaggi e poi la banca, lo Ior. Nel 1977 Macchi riesce ad allontanare addirittura il cardinale Giovanni Benelli dalla Segreteria con un blitz già ricostruito da Yallop: «Una congiura che aveva provocato la destituzione di Benelli dall'incarico di segretario di Stato». Secondo alcuni giornalisti investigativi stranieri, Paolo VI incaricò sempre Macchi di riorganizzare i servizi di sicurezza del Vaticano, ma è tesi che rimane ancora priva di pieno riscontro. «A Roma, monsignor Macchi – scriverà anni dopo proprio l'amico Andreotti – veniva altre volte nel corso dell'anno, soggiornando con due amici sacerdoti che l'hanno preceduto: padre Carlo Cremona e monsignor Donato de Bonis. Ora si ritrovano lassù». Nel 1988 Giovanni Paolo II nomina Macchi arcivescovo di Loreto. Per lui, de Bonis nutre un profondo sentimento di riconoscenza: l'ex segretario di Paolo VI si era adoperato e lo aveva aiutato per fargli raccogliere i poteri lasciati da Marcinkus allo Ior.

© Copyright Il Tempo, 22 settembre 2010 consultabile online anche qui.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

@raffaella: Una lettera inedita del Card. Joseph Ratzinger (dal Blog Di Augè via Messainlatino)

http://liturgia-opus-trinitatis.over-blog.it/
Ciao
Flavio

Anonimo ha detto...

OT.
Durissima condanna delle correnti postconciliari "demolitrici della vita consacrata" nell'omelia del prefetto Mons. Amato per la beatificazione di Madre Maria dell'Immacolata.

http://www.agenciasic.es/2010/09/18/homilia-de-mons-angelo-amato-en-la-beatificacion-de-la-madre-maria-de-la-purisima/

Alberto

Raffaella ha detto...

Grazie :-)