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IMMIGRATI: PAPA E CARITAS, NON VINCA L'INTOLLERANZA
(AGI) - CdV, 26 ott.
(di Salvatore Izzo)
"La Chiesa riconosce ad ogni uomo il diritto di emigrare, nel duplice aspetto di possibilita' di uscire dal proprio Paese e possibilita' di entrare in un altro alla ricerca di migliori condizioni di vita".
Benedetto XVI lo ribadisce, nero su bianco, nel Messaggio per la Giornata dei migranti, ricordando pero' che, a loro volta, "gli Stati hanno il diritto di regolare i flussi migratori e difendere le frontiere, sempre assicurando il rispetto dovuto alla dignita' di ciascuna persona umana".
E che gli immigrati stessi "hanno il dovere di integrarsi nel Paese di accoglienza, rispettandone le leggi e l'identita' nazionale".
Quanto ai rifugiati, "accoglierli e dare loro ospitalita' e' per tutti un doveroso gesto di umana solidarieta', affinche' essi non si sentano isolati a causa dell'intolleranza e del disinteresse: cio' significa - spiega il Papa - che quanti sono forzati a lasciare le loro case o la loro terra saranno aiutati a trovare un luogo dove vivere in pace e sicurezza, dove lavorare e assumere i diritti e doveri esistenti nel Paese che li accoglie, contribuendo al bene comune, senza dimenticare la dimensione religiosa della vita".
E non bisogna dimenticare che anche dove essi non fossero riconosciuti come tali, spesso sono stati spinti a partire "da diverse forme di persecuzione, cosi' che la fuga diventa necessaria". Presentando il documento, mons. Gabriele Ferdinando Bentoglio, sotto-segretario del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei migranti e degli itineranti, ha denunciato in proposito che "l'atteggiamento attuale di molti Paesi sembra contraddire gli accordi sottoscritti, manifestando talvolta comportamenti dettati dalla paura dello straniero e, non di rado, anche da mascherata discriminazione".
E questo accade di fatto anche in Italia "e non solo in ambito lavorativo", ai danni degli africani, dei romeni, dei cinesi, dei marocchini, e dei bangladesi, documenta il Dossier Caritas Migrantes 2010 rilevando che, ad esempio, alcune compagnie di assicurazione praticano agli immigrati polizze RC auto piu' costose per il cosiddetto "rischio etnico".
Piu' in generale, in Italia, a causa della crisi economica, secondo i due organismi Cei, gli immigrati che oggi sono quasi 5 milioni, cioe' il 12 per cento della popolazione della Penisola, "hanno catalizzato i malumori, quasi fossero loro all'origine di questi mali, che invece hanno altre cause".
Quando occorrerebbe piuttosto chiedersi "se gli immigrati, che contribuiscono alla produzione del prodotto interno lordo per l'11,1 per cento", e con i loro contributi hanno di fatto risanato l'Inps, "siano il problema o non piuttosto un contributo per la sua soluzione"
Nonostante siano ottimi contribuenti, denuncia ancora il Dossier, continua pero' a essere "difficoltoso per gli immigrati l'accesso ai servizi".
Cosi', "tra la popolazione immigrata regolare solo il 68 per cento e' iscritto al Servizio Sanitario Nazionale, come si rileva dal secondo rapporto del Ministero dell'Interno sui Consigli Territoriali, e questo concorre a spiegare anche perche' per essi vi siano piu' ricoveri in stato d'urgenza e un maggiore accesso al pronto soccorso".
E nonostante il loro apporto sia decisvo sotto l'aspetto demografico, "le madri straniere sono state escluse dal beneficio del bonus bebe', cosi' come i capifamiglia stranieri hanno trovato piu' difficile accedere ad altri benefici sociali erogati dagli Enti Locali".
Secondo il rapporto, le cose pero' stanno cambiando: il Piano per l'integrazione presentato dal Governo ha contenuti "apprezzabili" e oggi gli italiani, "a differenza della chiusura su altri aspetti, sembrano essere piu' propensi alla concessione della cittadinanza a chi nasce in Italia seppure da genitori stranieri".
I figli degli immigrati nati nel corso del 2009 sono 77.148, gli iscritti a scuola sono 673.592 e incidono per il 7,5 per cento sulla popolazione scolastica, anche se altri dati pubblicati nel Dossier mettono in evidenza "un ritardo scolastico tre volte piu' elevato rispetto agli italiani", sottolineando la necessita' di "dispiegare piu' risorse per il loro inserimento nel caso in cui giungano per ricongiungimento familiare".
"In una societa' in via di globalizzazione, il bene comune e l'impegno per esso non possono non assumere le dimensioni dell'intera famiglia umana, vale a dire della comunita' dei popoli e delle Nazioni, cosi' da dare forma di unita' e di pace alla citta' dell'uomo, e renderla in qualche misura anticipazione prefiguratrice della citta' senza barriere di Dio", sostiene in proposito il Papa, che agli studenti stranieri dedica un intero capitolo definendoli "ponti culturali ed economici, nella direzione di formare una sola famiglia umana".
I giovani che arrivano per studiare, rileva, "sono una realta' in crescita all'interno del grande fenomeno migratorio". Ma, soprattutto, "si tratta di una categoria anche socialmente rilevante in prospettiva del loro rientro, come futuri dirigenti, nei Paesi di origine".
Occorre dunque, raccomanda il Pontefice, "sostenere l'impegno a favore degli studenti esteri e accompagnare l'attenzione per i loro problemi concreti, quali le ristrettezze economiche o il disagio di sentirsi soli nell'affrontare un ambiente sociale e universitario molto diverso, come pure le difficolta' di inserimento".
"Appartenere ad una comunita' universitaria - ricorda in proposito Ratzinger citando Giovanni Paolo II - significa stare nel crocevia delle culture che hanno plasmato il mondo moderno". Infatti, "nella scuola e nell'universita' si forma la cultura delle nuove generazioni: da queste istituzioni dipende in larga misura la loro capacita' di guardare all'umanita' come ad una famiglia chiamata ad essere unita nella diversita'".
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