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SINODO MEDIO ORIENTE - L'annuncio è un dovere
'Relatio post disceptationem': la sintesi
a cura di Daniele Rocchi
“Confermare e rafforzare i cristiani nella loro identità e rinnovare la comunione ecclesiale per offrire ai cristiani le ragioni della loro presenza, per confermarli nella loro missione di rimanere testimoni di Cristo”. Gli scopi del Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente sono stati ribaditi dal Relatore generale dell’assemblea, Antonios Naguib, patriarca di Alessandria dei Copti, che, il 18 ottobre, ha tenuto la ‘Relatio post disceptationem’ nella quale ha riassunto gli interventi dei padri sinodali.
Sete della Parola. “La nostra regione – ha detto – rimane fedele alla Parola di Dio, fonte di ispirazione della nostra missionarietà e testimonianza. I nostri fedeli hanno grande sete della Parola di Dio e non trovandola da noi, vanno spesso a dissetarsi altrove. Per questo abbiamo bisogno di molte persone specializzate in Sacra Scrittura, abbiamo bisogno che la Parola di Dio sia il fondamento di qualsiasi educazione e formazione nelle nostre famiglie, Chiese, scuole, soprattutto nella nostra condizione di minoranze in società a maggioranza non cristiana”. Naguib ha puntualizzato che “l’annuncio è un dovere”, e “se rispettoso e pacifico non è proselitismo. La formazione missionaria è indispensabile”.
Laicità e cittadinanza. Parlando di “laicità positiva”, Naguib ha ribadito che la “religione non deve essere politicizzata né lo Stato prevalere sulla religione. E’ richiesta una presenza di qualità perché possa avere un impatto efficace sulla società. Ciò che conta non è il numero di persone nella Chiesa ma che queste vivano la fede e servano onestamente il bene comune”. Il Relatore ha insistito sul “formare le menti” anche attraverso i media, la presentazione della Dottrina sociale della Chiesa, l’istruzione. “Per assicurare la sua credibilità evangelica – ha detto – la Chiesa deve trovare i modi per garantire la trasparenza nella gestione del denaro”.
No alla violenza. Il patriarca Naguib “pur condannando la violenza da dovunque provenga ed invocando una soluzione giusta e durevole del conflitto israelo-palestinese” ha espresso la solidarietà del Sinodo ai palestinesi, “la cui situazione attuale favorisce il fondamentalismo. Chiediamo alla politica mondiale di tener sufficientemente conto della drammatica situazione dei cristiani in Iraq. I cristiani devono favorire la democrazia, la giustizia, la pace e la laicità positiva. Le Chiese in Occidente sono pregate di non schierarsi per gli dimenticando il punto di vista degli altri”. Nella Relatio il Sinodo condanna anche “l’avanzata dell’Islam politico che colpisce i cristiani nel mondo arabo” poiché “vuole imporre un modello di vita islamico a volte con la violenza e ciò costituisce una minaccia per tutti” e la limitazione dell’applicazione di diritti quali la libertà religiosa e di coscienza che comporta, ha ricordato il patriarca, anche “il diritto all’annuncio della propria fede”. Conseguenza di tutto ciò è l’emigrazione.
Dimensione pastorale. “La comunione è la prima necessità nella realtà complessa del Medio Oriente e la migliore testimonianza alle nostre società” afferma la Relatio che nella seconda parte passa in rassegna temi più pastorali, come la comunione, la testimonianza, il dialogo ecumenico ed interreligioso. A tale riguardo il documento raccomanda ai Pastori “di insegnare e annunciare il senso della Chiesa una e la bellezza della varietà plurale della Chiesa. Il confessionalismo e l’attaccamento esagerato all’etnia rischiano di trasformare le nostre Chiese in ghetti. Una Chiesa etnica e nazionalista è in contrasto con la missione universale della Chiesa”.
Ecumenismo. Sul piano ecumenico, afferma il Sinodo,“occorre uno sforzo sincero per capirsi” e si dovrebbe favorire “la comunione e l’unità con le Chiese sorelle ortodosse” attraverso “comportamenti appropriati: preghiera, conversione, scambio di doni, rispetto, amicizia” e proposte come “commissioni locali di dialogo, un congresso ecumenico per ogni Paese, media cristiani ecumenici”.
Dialogo interreligioso. “Le nostre chiese rifiutano l’antisemitismo e l’antiebraismo. Le difficoltà dei rapporti fra i popoli arabi ed il popolo ebreo sono dovute piuttosto alla situazione politica conflittuale. Noi distinguiamo tra realtà politica e religiosa. I cristiani hanno la missione di essere artefici di riconciliazione e di pace, basate sulla giustizia per entrambe le parti”. Il Sinodo esorta anche il Vicariato per i cristiani di lingua ebraica “ad aiutare la società ebraica a conoscere meglio la Chiesa”. Il dialogo interreligioso e interculturale tra cristiani e musulmani “è una necessità vitale” afferma il Sinodo. “Le ragioni per intessere rapporti con i musulmani sono molteplici, sono tutti connazionali, condividono stessa cultura e lingua, le stesse gioie e sofferenze. Il contatto con i musulmani può rendere i cristiani più attaccati alla loro fede”. Per il Sinodo vanno, tuttavia, “affrontati e chiariti i pregiudizi ereditati dalla storia dei conflitti. Nel dialogo sono importanti l’incontro, la comprensione reciproca. Serve una nuova fase di apertura, sincerità e onestà. Dobbiamo affrontare serenamente e oggettivamente i temi riguardanti l’identità dell’uomo, la giustizia, i valori della vita sociale dignitosa e la reciprocità. La libertà religiosa è alla base dei rapporti sani tra musulmani e cristiani”.
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