venerdì 26 novembre 2010

Il Vaticano duro con Pechino. Vuole rispetto, quello che “il signor” Liu Bainian non ha (Rodari)

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Il Vaticano duro con Pechino. Vuole rispetto, quello che “il signor” Liu Bainian non ha

di Paolo Rodari

Non una rottura definitiva, ma un appello durissimo sì. Per la prima volta dalla lettera del Papa ai cattolici cinesi (2007) nella quale la Santa Sede ammetteva in qualche modo la possibilità che la chiesa patriottica del paese portasse all’ordinazione dei propri vescovi previa autorizzazione formale vaticana, la curia romana alza la voce per dire che le cose non vanno nel modo auspicato. Capita ancora, in Cina, che vengano ordinati vescovi patriottici senza l’autorizzazione papale e così, secondo la Santa Sede, non si fa.
Ieri, un comunicato uscito dagli uffici “esteri” della segreteria di stato, esprimeva al massimo livello la critica vaticana per l’ultima illecita ordinazione, quella di padre Giuseppe Guo Jincai, avvenuta sabato scorso a Chengde, nella provincia di Hebei nella Cina continentale. Il Papa, fa sapere il Vaticano, è “offeso”. La decisione cinese è “una grave violazione della disciplina cattolica” e della “libertà religiosa e di coscienza”.
L’obiettivo del comunicato vaticano è uno: Liu Bainian. E’ questo “signore” che, secondo la Santa Sede, sta traviando l’intero governo del paese portandolo su posizioni di antagonismo rispetto a Roma che potrebbero danneggiare in modo irreparabile i rapporti tra le due parti. Liu Bainian, responsabile degli Affari religiosi per conto di Pechino, sembra avere un solo obiettivo: una chiesa totalmente indipendente da Roma, che conservi quei princìpi di “indipendenza, autonomia e auto amministrazione” che le permettano – sono parole pronunciate dallo stesso Liu in concomitanza dell’uscita della lettera papale ai cattolici cinesi nel 2007 – di aiutare il paese a divenire in tutto e per tutto “una nazione socialista”.
In sostanza Liu Bainian vuole costringere il Vaticano ad avere rapporti col governo accettando a priori l’indipendenza religiosa in tutta la Cina e, insieme, la rottura dei legami con Taiwan. Per la Santa Sede entrambe le condizioni sono inaccettabili e ieri, in modo esplicito, l’ha detto forte e chiaro.
Il comunicato vaticano sembra volere salvare il neo vescovo, Liu Bainian, e insieme i vescovi che l’hanno ordinato. La convinzione, infatti, è che i vescovi che si sono prestati all’ordinazione sono stati in qualche modo costretti da Pechino a compiere un gesto non voluto.
Dice il Vaticano: “E’ noto che, negli ultimi giorni, diversi vescovi sono stati sottoposti a pressioni e a restrizioni della propria libertà di movimento, allo scopo di forzarli a partecipare e a conferire l’ordinazione episcopale. Tali costrizioni, compiute da autorità governative e di sicurezza cinesi, costituiscono una grave violazione della libertà di religione e di coscienza”. Se tali costrizioni venissero verificate e certificate, il Vaticano potrebbe anche dichiarare l’ordinazione di sabato illecita.
Ieri, in concomitanza con l’appello vaticano, è stata l’organizzazione Aiuto alla chiesa che soffre a diffondere il report biennale (più di cinquecento pagine) dedicato alle violazioni della libertà religiosa nel mondo. Un fuoco particolare del report è dedicato alla Cina. Il contenuto del documento coincide con un convincimento che nelle stanze della diplomazia vaticana è ormai diffuso: la Repubblica popolare cinese, oggi come sessant’anni fa quando venne fondata, continua a conculcare il diritto alla libertà religiosa senza soluzione di continuità. Non a caso il primo ottobre 2009, il giorno dei festeggiamenti per i sessant’anni, in piazza Tiananmen e lungo il viale della Pace c’era il presidente Hu Jintao vestito con la casacca maoista. E il suo ritratto spiccava accanto a quelli di Mao Zedong, Deng Xiaoping e Jiang Zemin. Nessuno ha speso una parola in merito ai problemi passati e presenti del partito: purghe, persecuzioni, lager, carestie.
Ancora oggi religiosi cattolici sono imprigionati e torturati. L’arresto più “eccellente” è quello di monsignor Giulio Jia Zhiguo, vescovo sotterraneo di Zhengding (Hebei), avvenuto il 30 marzo scorso. Cinque poliziotti l’hanno prelevato portandolo in una località sconosciuta. Sono anni che Jia, 74 anni, subisce vessazioni e viene costretto per mesi a isolarsi dalla sua comunità. L’intento del governo è quello di costringerlo ad aderire alla chiesa ufficiale. Il risultato di questa azione però sembra uno soltanto: allontanare, anziché avvicinare, il Vaticano a Pechino. Il sequestro è avvenuto in concomitanza con l’incontro in Vaticano della commissione plenaria sulla chiesa in Cina, presenti membri della curia e i vescovi di Hong Kong, Macao e Taiwan. La Santa Sede ha spiegato a più riprese di volere dialogo, distensione e riconciliazione con la Cina ma ha forse capito che solo alzando la voce può ottenere qualcosa. Ieri l’ha fatto.

Pubblicato sul Foglio giovedì 25 giugno 2010

© Copyright Il Foglio, 25 novembre 2010 consultabile online anche qui, sul blog di Paolo Rodari.

1 commento:

Anonimo ha detto...

L'ordinazione, non avendo avuto l'avallo del Santo Padre, è illecita già di per se, indipendentemente dal fatto che sia avvenuta sotto costrizione oppure no.

Semmai si può discutere sulla validità, ovvero cercare di capire se l'ordinazione è avvenuta veramente oppure no...