venerdì 5 novembre 2010

Le diseguaglianze e la voce del Papa (Mazza)

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Continua la moltiplicazioni delle "perle" contro Papa Benedetto. E' la volta di Flores d'Arcais. Mai un Pontefice è stato protagonista di tanti libri :-)

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Intenzione di preghiera in occasione della visita del Papa in Spagna
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LE DISEGUAGLIANZE E LA VOCE DEL PAPA

OGGI COME SEMPRE PER LA GIUSTIZIA

SALVATORE MAZZA

Potrebbe sembrare un discorso già sentito.
E in effetti lo è. Il Papa che indica come nel­la società odierna sempre più globale gli squi­libri sociali non siano «affatto scomparsi», tor­na a mettere l’accento su qualcosa di già de­nunciato in tante occasioni. E nell’andare più a fondo, pur riconoscendo che sono cambiati gli attori e le dimensioni dei problemi, punta ancora una volta il dito contro il coordina­mento «spesso inadeguato» tra gli Stati, «o­rientato alla ricerca di un equilibrio di potere, piuttosto che alla solidarietà». Responsabile, per il Papa, di nuove disuguaglianze e soprat­tutto del rischio di un predominio di «gruppi economici e finanziari» che «dettano, e inten­dono continuare a farlo, l’agenda della politi­ca a danno del bene comune universale».
Nel messaggio che Benedetto XVI ha inviato ieri all’Assemblea plenaria del pontificio Con­siglio Giustizia e Pace, risuona una volta di più, forte e chiaro, l’appello che la Chiesa univer­sale non si stanca di lanciare a classi dirigenti che non si sa se, oggi, siano più smarrite o sor­de. Incapaci, come appare, di contrastare, o forse anche solo di riconoscere, le «false divi­nità che distruggono il mondo» – i capitali a­nonimi, le forme di vita che hanno banalizza­to l’immoralità, le ideologie terroristiche che a­giscono in nome di Dio, la droga –, indicate dal Papa l’11 ottobre scorso all’apertura del Sino­do per il Medio Oriente. Capaci invece, pur in questo tempo di crisi, di «reperire vaste risor­se per salvare istituzioni finanziarie ritenute 'troppo grandi per fallire'», e invece tituban­ti, timide, pronte ad anteporre sempre qual­che 'ma...' di fronte alla sfida della lotta alla fa­me e dello sviluppo dei popoli. Questa, sì, dav­vero, «impresa 'troppo grande per fallire'».
È un’attenzione costante, insistente. Puntua­le. Ritorna ormai da vent’anni, da quando Gio­vanni Paolo II nella Centesimus annus avvertì per primo dei rischi di un’economia che an­dava distaccandosi dal lavoro e perdendo il suo vero significato. Ma un’attenzione le cui radici sono ancora più lontane, in una dottri­na sociale che continua con coerenza a por­re l’uomo, questa realtà «davvero troppo gran­de per fallire», al centro delle proprie preoc­cupazioni.
Esattamente dieci anni fa, celebrando il Giu­bileo dei governanti e dei parlamentari, Papa Wojtyla definì la politica come «l’uso del pote­re legittimo per il raggiungimento del bene co­mune della società». Bene comune, aggiunse citando il Concilio Vaticano II, che si fa realtà concreta nell’insieme di quelle condizioni so­ciali che consentono e favoriscono «il conse­guimento più pieno e più spedito della propria perfezione. Per questo «l’attività politica deve svolgersi in spirito di servizio».
Parole, queste di oggi come quelle di allora, se­guite da applausi a volte perfino fragorosi, e da assunzioni di impegno talora solenni. Inter­mittementi, però, come la volubilità di una po­litica debole che non sa, o sempre meno rie­sce, a guidare le scelte per l’uomo. Qualcuno pensa non voglia proprio guidarle. E tanto più forte, allora, risuona l’allarme di Benedetto X­VI perché i cristiani si impegnino a dare una ri­sposta efficace all’«emergenza educativa» che è la vera sfida del nostro tempo. Risposta che i vescovi italiani si sono assunti come linea gui­da del prossimo decennio, e che implica anche una rinnovata presenza dei credenti nell’ago­ne politico. Perché, come ha scritto il Papa nel Messaggio di ieri, «è vivendo la carità nella ve­rità che possiamo offrire uno sguardo più profondo per comprendere le grandi questio­ni sociali e indicare alcune prospettive essen­ziali per la loro soluzione in senso pienamen­te umano». Perché solo con la carità, «sostenuta dalla speranza e illuminata dalla luce della fe­de e della ragione», è possibile «conseguire o­biettivi di liberazione integrale dell’uomo e di giustizia universale».

© Copyright Avvenire, 5 novembre 2010

1 commento:

Anonimo ha detto...

Magister: Non c'è alternativa al progetto del Papa (Intervista al giornale spagnolo La Vanguardia)
http://www.lavanguardia.es/politica/noticias/20101105/54065257605/sandro-magister-no-hay-alternativa-al-proyecto-del-papa.html

Molto interessante.
Alberto