mercoledì 13 gennaio 2010

Il Papa: recessione figlia degli egoismi (Galeazzi)


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Il Papa: recessione figlia degli egoismi

GIACOMO GALEAZZI

CITTA' DEL VATICANO

«La crisi non è finita, l'egoismo danneggia il creato e l'economia». Nel discorso agli ambasciatori in Vaticano, il Papa richiama l'attenzione sulla tutela della natura, la difesa della vita, la lotta al terrorismo. «La drammatica crisi che ha colpito l'economia mondiale e provocato una grave e diffusa instabilità sociale» è dovuta alla «mentalità egoistica e materialistica».
Inoltre, il Pontefice invita la comunità internazionale a «non rassegnarsi al traffico di droga e ai suoi gravi problemi morali e sociali» e chiede «scelte politiche ed economiche che assicurino forme di produzione agricola e industriale rispettose dell'ordine della creazione e soddisfacenti per i bisogni primari di tutti». Oggi l'allarme-terrorismo «mette in pericolo un gran numero di vite innocenti e provoca un diffuso senso di angoscia», perciò Benedetto XVI esorta «quanti fanno parte di gruppi armati ad abbandonare la strada della violenza». Mentre ci sono cristiani in pericolo nel mondo, in Occidente si diffonde nei mass media e negli ambienti politici e culturali «un sentimento di ostilità, di disprezzo verso la religione cristiana». Il Pontefice lancia anche un appello a favore di una «patria sovrana e indipendente» per i palestinesi e il diritto di Israele «a esistere e godere di pace e sicurezza entro confini internazionalmente riconosciuti».
(omissis)
La Chiesa «non chiede privilegi, ma solo di poter vivere per gli altri», evidenzia l'Osservatore Romano: «Il discorso del Papa guarda al futuro con una ampiezza di vedute non riscontrata tra i leader internazionali e con un realismo che non nasconde i problemi».
Secondo il Papa, le crisi del mondo hanno origine nel cuore degli uomini e possono essere superate, cambiando mentalità solo attraverso un grande sforzo educativo. La Chiesa vuole parteciparvi, ma per questo «il suo ruolo pubblico deve essere riconosciuto, nell'Europa che non deve abbandonare le fonti della propria identità e nel mondo». Dopo la recente aggiunta della Federazione Russa, con cui la Santa Sede ha appena stabilito rapporti, sono ora 178 gli Stati con cui il Vaticano intrattiene relazioni diplomatiche. Mancano ancora la Cina (nel 1951 il nunzio a Pechino fu costretto a trasferirsi a Taiwan) e il Vietnam, dove sono presenti importanti comunità cattoliche e sono in corso trattative. «Già un anno fa il Papa aveva condannato il ricorso alle armi per risolvere i problemi del pianeta, ma purtroppo il suo appello è rimasto inascoltato», commenta il decano degli ambasciatori, Lanza.

© Copyright La Stampa, 12 gennaio 2010

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