martedì 22 dicembre 2009

Il Papa: «La pace può realizzarsi solo se c’è riconciliazione» (Mazza)


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«La pace può realizzarsi solo se c’è riconciliazione»

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DA ROMA SALVATORE MAZZA

La riconciliazione, presupposto per la pace. Ri­conciliazione in tutte le sue dimensioni, a co­minciare da quella «gratuità» che comporta «per primi andare incontro all’altro, offrirgli la ri­conciliazione, assumersi la sofferenza che com­porta la rinuncia al proprio aver ragione». Senza mai «cedere» in questa volontà, perché è di questo che «Dio ci ha dato l’esempio», ed è questo «il mo­do per diventare simili a Lui». Un atteggiamento «di cui sempre di nuovo abbiamo bisogno nel mondo», e per questo «dobbiamo oggi apprendere nuova­mente la capacità di riconoscere la colpa, dobbia­mo scuoterci di dosso l’illusione di essere inno­centi ». Nel tradizionale incontro con la Curia Romana per lo scambio degli auguri natalizi, Benedetto XVI ha tracciato ieri mattina il consueto 'bilancio' eccle­siale dell’anno trascorso. Ma, ripercorrendo i suoi viaggi internazionali – Africa, Terra Santa, Repub­blica Ceca – e il Sinodo africano celebratosi a otto­bre, non è stato il suo un semplice misurare le vo­ci in capitolo. Al contrario papa Ratzinger, nel met­tere al centro del suo discorso la riconciliazione come momento focale nella vita della Chiesa e del mondo, ha proiettato il suo discorso in una pro­spettiva che coinvolge, su ogni fronte, l’impegno crescente di tutti i credenti.
Riconciliazione, ha spiegato parlando ai suoi più stretti collaboratori, che è innanzitutto interiore, quale presupposto di ogni pacificazione politica e religiosa. Ma anche riconciliazione con Dio, con il creato e con gli altri: compresi coloro che sono lon­tani dalla fede e, pur ritenendosi agnostici o atei, non rinunciano a porsi domande di senso, perché «dobbiamo – ha detto – preoccuparci che l’uomo non accantoni la questione su Dio come questio­ne essenziale della sua esistenza». Benedetto XVI ha ricordato come «ogni società ha bisogno di riconciliazioni, perché possa esserci la pace». Riconciliazioni, ha spiegato, che certamen­te «sono necessarie per una buona politica, ma non possono essere realizzate unicamente da essa». Per il Papa infatti «sono processi pre-politici e devono scaturire da altre fonti » , proponendo come « e­sempio positivo» di «un processo di riconciliazio­ne in via di riuscita» la storia europea dopo la se­conda guerra mondiale. «Il fatto – ha detto in pro­posito – che dal 1945 nell’Europa occidentale e cen­trale non ci siano più state guerre si fonda sicura­mente in misura determinante su strutture politi­che ed economiche intelligenti ed eticamente o­rientate, ma queste potevano svilupparsi solo per­ché esistevano processi interiori di riconciliazione, che hanno reso possibile una nuova convivenza». Sul piano dell’azione, quella tensione porta spes­so la Chiesa e i vescovi alla «tentazione di fare po­litica », cioè di «cedere alla tentazione di prendere personalmente in mano la politica e da pastori tra­sformarsi in guide politiche». In effetti, ha spiega­to, «la questione molto concreta davanti alla qua­le i pastori si trovano continuamente è, appunto, questa: come possiamo essere realisti e pratici, sen­za arrogarci una competenza politica che non ci spetta?». Si tratta, a ben vedere, «del problema di una laicità positiva, praticata ed interpretata in mo­do giusto», ha sottolineato, ricordando come «que­sto è anche un tema fondamentale dell’enciclica, pubblicata nel giorno dei Santi Pietro e Paolo, Ca­ritas in veritate, che ha in tal modo ripreso ed ul­teriormente sviluppato la questione circa la collo­cazione teologica e concreta della dottrina sociale della Chiesa».

© Copyright Avvenire, 22 dicembre 2009

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