giovedì 31 dicembre 2009
Le omelie? Spesso poltiglia insulsa. E Messori ricorda quella caustica e irresistibile battuta di Ratzinger...(Magistrelli)
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Le omelie? Spesso poltiglia insulsa
E Messori ricorda quella caustica e irresistibile battuta di Ratzinger...
Lydia Magistrelli
Roma
Una «poltiglia insulsa», quasi una «pietanza immangiabile» o, comunque, ben «poco nutriente». Così, agli occhi di molti fedeli, devono apparire non poche delle omelie che ogni domenica vengono pronunciate dai pulpiti. Questione di parole, «ma anche di atteggiamenti e di testimonianze credibili da parte di chi è chiamato a fare la predica».
È quanto ha denunciato mons. Mariano Crociata, segretario generale della Conferenza episcopale italiana, in un intervento ripreso ieri dall'Osservatore Romano.
Si tratta di un tema molto sentito tra chi frequenta le chiese e le parrocchie: «Talvolta mi viene la voglia di strappare il microfono dalle mani del prete», ha confessato lo scrittore e giornalista cattolico Vittorio Messori. A suo avviso, le prediche della domenica diventano spesso un'«occasione sprecata»; un quarto d'ora buttato via dal clero di fronte a un'audience costituita da circa un terzo degli italiani, un pubblico impensabile per qualsiasi programma televisivo.
Anche Ratzinger – ha ricordato Messori – ci scherzò su una volta, quando era ancora cardinale. «Per me una conferma della divinità della fede viene dal fatto che sopravvive a qualche milione di omelie ogni domenica», disse sorridendo il porporato che sarebbe diventato papa nel 2005, durante una cena a Bassano del Grappa, agli inizi degli anni Novanta. «Certo era una battuta, pronunciata in contesto conviviale – ha osservato ieri Messori – e tuttavia rivelatrice di perplessità che certamente aveva».
Ad esprimersi senza peli sulla lingua e in modo tutt'altro che scherzoso è stato mons. Crociata durante un convegno liturgico che si è concluso a Roma. «Spesso le nostre parole e la nostra pastorale tutta – ha detto il presule, durante la messa che ha celebrato – risultano una poltiglia melensa e insignificante, come una pietanza immangiabile o, comunque, ben poco nutriente. È questione – ha aggiunto – di atteggiamento e di vita, non solo di parole, anche se pure le nostre parole e le nostre stesse omelie dovrebbero prendere a modello questa sorta di criterio regolativo che ci viene dalle parole del vecchio Simeone: nello stesso tempo annunciare la salvezza e mettere di fronte alla decisione.
«In questo senso – ha proseguito mons. Crociata – sarebbe oltremodo deplorevole far diventare le omelie occasioni per scagliare accuse e contumelie, rimproveri e giudizi di condanna; ma anche il contrario risulta insulso, quando le nostre parole si riducono a poveri raccatti di generiche esortazioni al buonismo universale». Parole forti ma necessarie quelle usate da mons. Mariano Crociata, «che spingono tutti i sacerdoti e i vescovi a rivedere il loro impegno nell'annuncio della Parola di Dio», ha commentato, a sua volta, un parroco di base, don Claudio Tracanna, portavoce della diocesi dell'Aquila.
© Copyright Gazzetta del sud, 31 dicembre 2009
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5 commenti:
Ciao Raffa!
Ti segnalo dal Foglio l'interessantissimo:
Camillo Superstar
L'intervista a cui si fa riferimento al trovi qui:
Dopo Ruini,......
http://rassegnastampa.mef.gov.it/mefsettimanali/PDF/2010/2010-01-07/2010010714573549.pdf
Alessia
Io, già da diversi anni, sopravvivo alle prediche in questo modo: mi chiudo le orecchie con i tappini (quelli che si usano di notte per poter dormire) e durante la predica mi leggo una predica o un sermone di sant'Alfonso oppure uno scritto dei Padri della Chiesa.
Vi assicuro che da questo metodo si traggono frutti e nutrimento abbondantissimi.
Una moderna riqualificazione delle omelie richiederebbe innanzitutto che con riferimento ai previsti temi evangelici ci sia un contestuale costante invito ai fedeli alla rilettura personale, sia dei vangeli canonici che, con la dovuta riserva, dei così detti vangeli apocrifi e con altrettanto dovuta riserva - in relazione alla loro collocazione storica, incompletezza religiosa (manca la straordinaria novità della "Caritas" cristiana) e personalizzazione eccessiva della visione divina - dei testi biblici. Si contribuirebbe così a sanare un bel pò quella ben nota ignoranza dei fedeli cattolici sulla religione professata. Una organica ripresa dei temi trattati dall'attuale Pontefice nelle sue Encicliche aiuterebbe, inoltre, gli stessi alti prelati,sacerdoti e fedeli a proseguire il cammino religioso in maggior sintonia con una visione più sostanziale, più moderna e universale del Cristianesimo fatta intravedere chiaramente in quei documenti da Benedetto XVI.
Tutti capirebbero forse maggiormente l’importanza e la necessità di un loro protagonismo attivo e positivo di stimolo oltre che di testimonianza.
Se ciò accadesse, lo stesso Pontefice potrebbe essere indotto a dare una ulteriore significativa accelerata a quell'ormai indispensabile processo innovativo ed ecumenico,coraggiosamente avviato da Giovanni XXIII con il Concilio Vaticano II, che tanto gioverebbe al miglioramento etico e morale dell'umanità sempre più globalizzata.
Se la liturgia della parola è concettualmente considerata sovraordinata a quella eucaristica, per la proprietà transitiva questi sono i logici risultati che ci si deve attendere. Non tutti sono oratori. E anche nel passato, prima del ribaltone conciliare, certamente molti preti non erano in grado di argomentare ed affascinare l'uditorio con finezze oratorie e logiche di grande spessore. Ma erano i ministri di un grande mistero da tutti riconosciuto, creduto e rispettato, che non veniva scalfito dalle loro goffaggini, nè dal loro latinorum magari approssimativo. E questo li rendeva grandi. Se ancora tanti vanno a Messa è per questo, non per bearsi dei loro belati o per inebriarsi delle loro schitarrate.
perfetto
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