martedì 12 gennaio 2010
Il discorso del Papa al Corpo Diplomatico: non si può amare a metà l'opera del Padre (Cardia)
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LA MISSIONE DELLA CHIESA, LA MISSIONE DEI POPOLI
NON SI PUÒ AMARE A METÀ L’OPERA DEL PADRE
CARLO CARDIA
Custodire il creato è la missione che Dio ha affidato all’uomo consegnandogli una natura ricca di armonia. Anche per assolvere tale missione, la Chiesa è aperta a tutti, senza alcuna esclusione, perché essa esiste per gli altri. Questo è il cuore del messaggio che ieri Benedetto XVI ha rivolto ai membri del corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Le sue parole hanno radice nella funzione petrina di parlare a tutti gli uomini e i popoli della Terra, con un respiro universale che caratterizza sempre più l’attuale pontificato. Più volte Benedetto XVI si sofferma sulla questione dell’ambiente messo a rischio da tanti mali, dalle calamità naturali alla desertificazione di ampie zone del pianeta, dalle guerre e dal terrorismo, dalle crisi economiche che impoveriscono nazioni intere. Ma alla base di tutto c’è un male più profondo, c’è «l’egoismo umano che ferisce la creazione in tanti modi», e l’egoismo si traduce nella negazione di quell’equilibrio che Dio ha voluto costruire e far conoscere agli uomini perché ne beneficiassero tutti insieme.
Riguardato nelle singole parti, il discorso del Papa è forse uno dei più aperti alla cultura ecologica tra quelli che ha pronunciato sino a oggi. Ma visto nel suo insieme, esso delinea i caratteri antropologici e universalisti più profondi del suo magistero. C’è un radicamento nella realtà che colpisce chi legge le sue parole. I guasti provocati dalle politiche economiche in ampie zone dell’Africa oggi a rischio di desertificazione e di abbandono, la distruzione delle produzioni agricole in Afghanistan a vantaggio della coltivazione di droghe anziché di beni necessari all’uomo, i danni recati dall’eccesso di industrializzazione all’aria sempre più inquinata, all’acqua che diviene bene prezioso invece che disponibile per tutti. È un’analisi enunciata senza timore di urtare poteri e potentati economici o politici. Ma l’attenzione del Papa alle questioni ambientali è più forte di quanto si possa dedurre dalle singole affermazioni, perché si trasforma in una lezione etica e antropologica con cui è richiamato il destino dell’uomo e quello del creato che Dio ha donato all’uomo con amore. La creazione riflette un disegno divino, con l’uomo al vertice delle creature che «sono differenti le une dalle altre e possono essere protette», ma possono anche «essere messe in pericolo in modi diversi, come ci dimostra l’esperienza quotidiana». Il pericolo più grande si presenta quando l’uomo si allontana da Dio, lo nega, costruendo stili di vita che possono violentare la grandezza e la bellezza della creazione. Sembra quasi che il Papa voglia dire che non si può amare l’opera di Dio a metà, perché i singoli egoismi la colpiscono tutta intera. Nella violenza alla creazione rientrano le minacce alla vita già formata e non ancora nata, che alcune legislazioni non vogliono più tutelare, destinando alla morte creature meritevoli d’ogni bene come le altre. Vi rientra l’odio che si fa strada, e produce guerre e distruzioni, in nome della religione, mentre la religione dovrebbe essere lo strumento più grande dell’amore per il prossimo: lo sanno bene quei cristiani che in ogni parte del mondo, di recente in Medio Oriente e nei giorni scorsi nelle terre della Chiesa copta d’Egitto, soffrono martirio e discriminazione, violenza e ingiustizia. Infine, il creato è offeso dall’odio tra i popoli e le nazioni che viene alimentato e sfruttato da un terrorismo che non conosce frontiere e spezza con il sangue e la morte la solidarietà elementare che deve tener unita la famiglia umana. Il Papa cita il passo nel quale Paolo afferma che «la creazione geme e soffre», e «anche noi gemiamo interiormente», per ricordare che il compito dei cristiani, e di tutti gli uomini, è quello di riconoscere a ciascuno libertà e dignità, perché Dio per primo ha dato eguale amore a tutti gli uomini. Ma la libertà, per essere feconda, non può essere assoluta, altrimenti si trasforma in arbitrio ed egoismo, e viola l’armonia umana ed etica impressa da Dio alla creazione. Il magistero del Papa si è in questo modo arricchito di un affresco nel quale, con parole semplici e comprensibili da chiunque, il destino del mondo si intreccia con la parola di Dio, i bisogni degli uomini con le vie dell’etica, e con i comandamenti massimi dell’amore verso Dio e il nostro prossimo. Con Benedetto XVI la Chiesa si conferma amica dell’umanità e coscienza critica della storia.
© Copyright Avvenire, 12 gennaio 2010
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