lunedì 25 gennaio 2010
Il Papa ed il dono dell'armonia: L'unità dei cristiani al servizio di ogni uomo (Zavattaro)
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BENEDETTO XVI - Il dono dell'armonia
L'unità dei cristiani al servizio di ogni uomo
Fabio Zavattaro
Domenica scorsa la visita alla Sinagoga di Roma, omaggio alla più antica comunità dell’Occidente, ma anche rinnovato impegno per un dialogo che deve continuare nonostante le difficoltà e le incomprensioni che ancora esistono. Preludio, la visita al Tempio maggiore, alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani che Benedetto XVI conclude con i Vespri nella basilica di San Paolo fuori le mura.
Luogo simbolico: è qui che Giovanni XXIII scelse di annunciare il Concilio Ecumenico Vaticano II, il 25 gennaio 1959: “Fu un tocco inatteso – dirà papa Roncalli – uno sprazzo di suprema luce, una grande soavità negli occhi e nel cuore. Ma insieme un grande fervore destatosi all’improvviso in tutto il mondo, in attesa della celebrazione del Concilio”. Proprio qui, il 18 gennaio 2000 Giovanni Paolo II, il metropolita ortodosso Athanasios e il primate anglicano Carey hanno aperto assieme la porta santa della basilica per sottolineare il comune impegno per il dialogo ecumenico.
Ancora il cammino ecumenico, dunque; obiettivo cui tendere per papa Benedetto che, all’Angelus, prende come spunto la prima Lettera di Paolo ai Corinti: una comunità, quella di Corinto, dove Paolo incontra i coniugi Aquila e Priscilla, che vive in un ambiente fatto di commerci, di attività portuale. Paolo nella sua lettera fa un paragone tra la Chiesa e il corpo umano.
C’è un altro elemento che aiuta meglio a comprendere come Benedetto XVI guardi al cammino dell’unità dei cristiani: proprio il 25 gennaio di quattro anni fa, a conclusione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, usciva la prima enciclica del Papa, la “Deus caritas est”, “Dio è amore”. Un tema non immediatamente ecumenico, “ma il quadro e il sottofondo sono ecumenici, perché Dio e il nostro amore sono la condizione dell’unità dei cristiani. Sono la condizione della pace nel mondo”. Un amore, ricordava ancora il Papa, che diventa dono, rinuncia a sé in favore dell’altro, “cammino di purificazione, di approfondimento. Dalla famiglia propria si spalanca verso la più grande famiglia della società, verso la famiglia della Chiesa, verso la famiglia del mondo”.
Alla basilica di San Paolo, dunque, con i rappresentanti delle altre Chiese e Comunità ecclesiali presenti a Roma, per invocare, afferma ancora il Papa, “il dono della piena unità di tutti i discepoli di Cristo e, in particolare, secondo il tema di quest’anno, rinnoveremo l’impegno di essere insieme testimoni del Signore crocifisso e risorto. La comunione dei cristiani, infatti, rende più credibile ed efficace l’annuncio del Vangelo, come affermò lo stesso Gesù pregando il Padre alla vigilia della sua morte: Che siano una sola cosa… perché il mondo creda”.
Dialogo ancora una volta in primo piano. Passi da compiere insieme in questo itinerario irrinunciabile, in cui la Chiesa con il Concilio si trova, per sua scelta, ad essere impegnata. Ricordava il Papa che l’amore vero non annulla le legittime differenze, “ma le armonizza in una superiore unità, che non viene imposta dall’esterno, ma che dall’interno dà forma, per così dire, all’insieme”. È il mistero della comunione, affermava ancora il Papa, che se nel matrimonio unisce un uomo e una donna, così nella Chiesa dà forma a una “comunità d’amore, componendo in unità una multiforme ricchezza di doni e di tradizioni”.
Nella riflessione che Benedetto XVI propone ai fedeli presenti in piazza San Pietro, anche un riferimento alla Giornata mondiale delle comunicazioni, nella memoria liturgica di San Francesco di Sales, che, da sacerdote, si è dedicato alla predicazione e alla formazione spirituale dei fedeli, “insegnando che la chiamata alla santità è per tutti e che ciascuno – come dice san Paolo con il paragone del corpo – ha il suo posto nella Chiesa”. Un’azione pastorale che lo vede presente proprio là dove è più intensa l’opera della riforma Calvinista.
San Francesco di Sales è patrono dei giornalisti e della stampa cattolica, perché nella sua missione sacerdotale, accortosi che le parole pronunciate nelle omelie spesso, come dire, non giungevano a destinazione, cioè non erano accolte nella loro importanza dai fedeli presenti – in anni a noi più vicini, il grande teologo Yves Congar avrebbe detto: “In Francia, nonostante oltre 30 mila prediche ogni domenica, c’è ancora fede” – si prodigò nella realizzazione di volantini che lui stesso preparava e metteva sotto le porte delle case o affiggeva ai muri. Perché, si chiedeva San Francesco di Sales, se, come dice il Salmo le parole del Signore “sono spirito e vita”, esse non giungono a scuotere le coscienze e a muovere un impegno a favore dei più poveri?
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