venerdì 19 febbraio 2010

Monito di Papa Ratzinger ai parroci romani: la vera libertà risiede nell’obbedienza (Corriere Canadese)


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CITTÀ DEL VATICANO

Rubare o mentire è “umano”, pensano in molti. Ma fra questi non bisogna annoverare Papa Benedetto XVI, che ieri, parlando ai circa trecento parroci di Roma, ha usato parole dure verso questi peccati.
«Non si dica più - ha ammonito - “ha mentito, è umano; ha rubato, è umano”. Questo - ha avvertito Benedetto XVI - non è il vero essere umani.
Essere umani vuol dire essere generosi, volere la giustizia, la prudenza, la saggezza, essere a immagine di Dio», perché «il peccato», ha proseguito il Papa, non si associa mai ad un atteggiamento di solidarietà, ed è anzi indice di «desolidarizzazione».
Accuse di ruberie e bugie dominano la cronaca politica e giudiziaria delle ultime settimane: non è ad “extra” che era rivolto però il discorso di ieri mattina del Pontefice, bensì ad “intra”, all’interno della Chiesa.
L’incontro con il clero romano, appuntamento tradizionale di inizio quaresima, è uno dei momenti più familiari, quasi intimi, di riflessione tra il vescovo di Roma (tale è il Papa), il suo vicario, ovvero il cardinale Agostino Vallini, e i preti della diocesi.
Di solito, negli anni passati, avveniva nella forma informale di un botta e risposta tra il Pontefice e i suoi parroci. Quest’anno, invece, nell’Aula delle Benedizioni del Palazzo Apostolico, Ratzinger ha preferito la “lectio divina”, in un rapporto - per lui più collaudato - tra docente e ascoltatori.
Ratzinger ha tratto ispirazione, per le sue riflessioni, dalla “Lettera agli Ebrei”, ormai comunemente attribuita a un discepolo di San Paolo, e non più all’apostolo delle genti. Il sacerdote - ha chiosato il Pontefice - deve «essere un uomo, vivere la vera umanità, il vero umanesimo, avere formazione delle virtù umane, sviluppare la sue intelligenza, i suoi affetti. Sappiamo - ha ammesso parlando a braccio - che l’essere umano è ferito dal peccato, ma con l’aiuto di Cristo esce da questo oscuramento della propria natura».
Ai parroci, il Papa ha anche ricordato il valore dell’obbedienza, parola - ha ammesso - che «non piace troppo nel nostro tempo»: vi si si legge infatti «una imposizione di altri sulla nostra volontà», ma in realtà è un termine molto più legato di quanto si pensi all’icona della «libertà».
«La volontà di Dio - ha infatti spiegato - non è tirannica; non è una volontà che sta fuori del nostro essere; se ci conformiamo alla volontà di Dio entriamo nel nostro essere». Dunque: «L’alienazione è uscire dalla volontà di Dio», mentre «l’obbedienza a Dio è la vera libertà perché è la divinizzazione del nostro essere».
Nella sua “lectio divina”, piena di citazioni colte e riferimenti eruditi, il Papa ha anche rimarcato che Dio non appartiene solo alla storia del popolo “eletto” ebraico, perché anche il paganesimo ha aperto strade che portano a Cristo.
A dimostrazione di ciò, ha citato la misteriosa figura del sommo sacerdote Melchisedec, che offrì il pane e il vino ad Abramo e lo benedisse. Un “santo pagano” e re di Salem, l’antica Gerusalemme.

© Copyright Corriere Canadese, 19 febbraio 2010

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