lunedì 29 marzo 2010
Abusi, dibattito su celibato copre l'operazione "trasparenza" (Bandini)
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Riceviamo e con grande piacere pubblichiamo:
Abusi, dibattito su celibato copre l'operazione "trasparenza"
Roma, 29 mar (Velino)
Nel giorno in cui il Papa invita a percorrere la salita che conduce “alla vera altezza dell’essere uomini” senza lasciarsi “intimidire” dal “chiacchiericcio delle opinioni dominanti”, nell’arena mediatica irrompe nuovamente il tema dell’abolizione del celibato sacerdotale, riproposto da un alfiere di primo piano come il cardinale Carlo Maria Martini, già arcivescovo di Milano. Il quale, in una intervista al quotidiano austriaco Die Presse sullo scandalo degli abusi sessuali avvenuti all’interno della Chiesa, propone un “ripensamento” dell’obbligo di celibato sacerdotale così come delle “questioni di fondo della sessualità” perché - sostiene - “solo una aperta discussione può ridare autorevolezza alla Chiesa, portare alla correzione dei fallimenti e rafforzare il servizio della Chiesa nei confronti dell’uomo”.
Una lettura vicina alle posizioni di molti teologi della liberazione, che in questi giorni sono tornati alla carica sull’argomento, e a tante associazioni di cristiani cosiddetti “di base”.
E a cui si oppone il cardinale Walter Kasper, in una intervista a La stampa: “Di sicuro il celibato non ha nulla a che vedere con gli abusi sessuali del clero sui minori” e parlarne è “una strumentalizzazione (...). Chiamare in causa il celibato è un vero e proprio abuso degli abusi”.
Il celibato “conserva intatto il proprio senso, quindi non c’è motivo per modificare lo stato delle cose. Né tanto meno è saggio discuterne sull’onda dei casi di pedofilia nel clero” taglia il porporato.
Nei giorni scorsi, padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa della Santa Sede, ha detto che il modo in cui la Chiesa affronta questi casi è “cruciale per la sua credibilità morale”, sottolineando che “riconoscerli e farne ammenda è il prezzo del ristabilimento della giustizia e di quella ‘purificazione della memoria’ che permette di guardare con rinnovato impegno, e insieme con umiltà e fiducia al futuro”.
Mentre il dibattito mediatico prosegue, le Conferenze episcopali e le istituzioni cattoliche sono al lavoro sia sul fronte delle indagini e della trasparenza, sia su quello della prevenzione e della tutela dei minori. Sul primo fronte, arriva dall’Austria la notizia che una donna, Waltraud Klasnic, ex governatrice della Stiria e membro dell’Oevp (il partito popolare), guiderà le indagini sui casi di abuso avvenuti in istituzioni cattoliche. Una “rappresentante indipendente” ha sottolineato il cardinale Christoph Schoenborn, arcivescovo di Vienna, dando l’annuncio, così come indipendente sarà la commissione, della quale non potrà far parte nessun ecclesiastico. Una operazione “trasparenza”, così come avviene ad esempio nella vicina Germania. Diverse diocesi hanno promosso commissioni d’inchiesta “indipendenti” e la Conferenza episcopale sta portando avanti anche una azione di studio e prevenzione del fenomeno in accordo con il governo. Inoltre, i vescovi tedeschi stanno perfezionando ulteriormente le norme su come intervenire in casi di denunce di abuso. In Germania, dal 1995 sono stati denunciati 210mila casi di reati contro minori: i casi sospetti avvenuti nell’ambito della Chiesa cattolica sono 94.
Dalla Svizzera arriva invece la proposta di creare una sorta di “black list” dei preti condannati per pedofilia, per evitare che possano nuovamente essere impiegati per attività con i minori. Promotore dell’iniziativa il presidente elvetico Doris Leuthard. “È importante che i pedofili - che siano preti, insegnanti o abbiano in qualunque modo a che fare con i minori - non possano più avere contatti con i bambini - ha detto al quotidiano locale Le Matin Dimanche -. Dovrebbe esistere per i preti un registro centralizzato come quello che esiste per gli insegnanti”. Sulla stessa linea Martin Werlen, membro della Conferenza episcopale elvetica, il quale in un’intervista al quotidiano Sonntagsblick, ha sottolineato la necessità di creare a Roma un “registro” di religiosi il cui comportamento sia stato denunciato. Polemiche arrivano da oltremanica. Alla voce del primate della Chiesa cattolica, monsignor Vincent Nichols, si è opposta quella di un gruppo di manifestanti che ieri, davanti alla cattedrale cattolica di Westminster ha chiesto le dimissioni del Papa e l’annullamento della sua visita in Gran Bretagna.
Non si placano le polemiche in Irlanda, dove la Lettera di Benedetto XVI ai cattolici dell’isola ha suscitato reazioni anche piuttosto accese. Come quelle della cantante Sinead O’Connor (che 18 anni fa strappò una foto di Giovanni Paolo II in televisione). In un intervento ospitato dal Washington Post, la musicista definisce la Lettera “un insulto non solo alla nostra intelligenza ma alla nostra fede e al nostro paese” e chiede che sia il Vaticano e non la Chiesa irlandese ad assumersi la responsabilità. Intanto è notizia di questi giorni che il cardinale Sean Brady - primate della Chiesa d’Irlanda e a sua volta coinvolto in queste vicende per un caso “coperto” nel 1975 - ha sospeso temporaneamente un sacerdote della sua diocesi di Armagh, accusato di abusi. Secondo la stampa britannica, il cardinale Brady avrebbe ricevuto pressioni dal Vaticano per dimettersi, ma l’interessato ha smentito questi rumor.
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