lunedì 22 marzo 2010
Con una lettera rigorosa e chiara, il Papa riconosce e condanna le responsabilità del clero sugli abusi ai bambini (Marco Politi). Stupendo!
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IL TESTO DELLA LETTERA DEL SANTO PADRE AI CATTOLICI D'IRLANDA
LETTERA PASTORALE DEL SANTO PADRE AI CATTOLICI D'IRLANDA: LO SPECIALE DEL BLOG
Su segnalazione della nostra preziosissima Alessia leggiamo:
Il rimorso della Chiesa
Con una lettera rigorosa e chiara, il Papa riconosce e condanna le responsabilità del clero sugli abusi ai bambini
Marco Politi
Papa Ratzinger fa mea culpa. Confessa i gravi peccati della Chiesa. E al massimo livello assume la responsabilità delle infamie commesse dal clero.
"In nome della Chiesa – annuncia – esprimo vergogna e rimorso”.
É una Lettera coraggiosa e chiara quella che Benedetto XVI manda ai cattolici d’Irlanda e simbolicamente alle diocesi cattoliche di tutto il mondo.
Il primo documento di un pontefice contemporaneo, che riconosce collettivamente la colpa dell’istituzione ecclesiastica negli abusi sessuali commessi per decenni e secoli, va dritto al cuore della questione.
Le vittime sono state circondate dal muro del silenzio, ammette, perché è stata messa in primo piano la "malriposta preoccupazione per il buon nome della Chiesa e per evitare scandali".
Si avverte nella lettera un tratto antico dell’educazione tedesca e del mondo nordico: il dovere nei momenti critici di assumersi tutte le responsabilità. Non ci sono abbellimenti della situazione nel testo, non ci sono scuse, non c’è il tentativo (che circolava da settimane in alcuni ambienti ecclesiastici) di annegare la colpa della Chiesa di Roma in un maldestro "così fan tutti".
Ratzinger spazza via i giochini delle statistiche e delle goffe distinzioni per fasce di vittime.
Preso da sgomento e "senso del tradimento", ritrova il timbro della sua indignata denuncia di "quanta sporcizia c’è nella Chiesa" – come aveva esclamato nel celebre Venerdì Santo, pochi giorni prima che Giovanni Paolo II morisse – e dunque dà ragione anzitutto alle vittime.
Anche "quando eravate sufficientemente coraggiosi per parlare, nessuno vi ascoltava. Quelli di voi, che avete subito abusi nei convitti, dovete avere percepito che non c’era modo di fuggire dalle vostre sofferenze".
Non è un linguaggio curiale o un filosofeggiare iperuranico sul Male, è un parlare che si ricollega direttamente alla realtà.
Ai vescovi parla di gravi mancanze, di errori, di fallimento di leadership, di mancata applicazione delle pene canoniche codificate da tempo per questi delitti. Si tratta di "crimini", ribadisce più volte, come per ficcare bene in testa il concetto alle autorità ecclesiastiche.
E il primo dovere della Chiesa in Irlanda è di riconoscere davanti a Dio e all’opinione pubblica i "gravi peccati commessi contro ragazzi indifesi". Ora serve “piena onestà e trasparenza”, serve rendere conto di ogni abuso "senza nascondere nulla". I colpevoli si sottomettano alla giustizia dei tribunali. I vescovi continuino a cooperare con le autorità civili. In Irlanda l’associazione delle vittime si è dichiarata delusa dalla lettera, perché non sono messe in luce sufficientemente le passate responsabilità delle autorità vaticane. C’è anche chi lamenta che non siano cadute subito delle teste, a partire dal primate Brady coinvolto in un caso di omertà del 1975. In Germania protestano coloro che aspettavano una parola esplicita del Papa sulla situazione creatasi nella sua patria e nella sua diocesi.
Emerge anche il disappunto di quanti attendono una riflessione più profonda su clero, celibato e sessualità. Ratzinger stesso è consapevole che il suo intervento così solenne è solo un primo passo. "Nessuno si immagini che questa penosa situazione si risolverà in breve tempo", dichiara.
Sembrano parole rivolte anzitutto ad ambienti curiali ed ecclesiastici, in cui affiorano resistenze a fare pulizia fino in fondo ed in cui serpeggiano mugugni da parte di quanti avrebbero voluto puntare il dito sulle "colpe del mondo", gli abusi nelle famiglie, il turismo sessuali in Thailandia, l’accanimento della stampa e così via.
Nella strategia di Ratzinger si coglie una gradualità calcolata. Partire dal caso irlandese per gettare le basi di un programma generale di scoperta e contrasto degli abusi, nell’impostazione dei capisaldi indicati dalla lettera.
Assegnare agli episcopati nazionali il compito di elaborare linee d’azione senza compromessi e omertà. Lasciare in Vaticano alla Congregazione per la Dottrina della fede il tempo di rielaborare proprie istruzioni sulla base del materiale raccolto i tutto il mondo.
Valutare quindi l’opportunità di dimissioni di vescovi, che si siano resi responsabili di gravi mancanze. In Irlanda arriveranno presto nelle diocesi e nei convitti degli ispettori pontifici, abitualmente chiamati “visitatori apostolici”. Il fatto stesso di avere lasciato che il suo testo venisse presentato nella sala stampa vaticana solo dal portavoce Lombardi, senza la solita partecipazione di cardinali e monsignori, sembra rivelare la volontà del Papa che le sue parole arrivino nude e crude ai vescovi, ai fedeli e all’opinione pubblica. D’ora in avanti non ci saranno più alibi per nessuna autorità ecclesiastica. E forse per questo Ratzinger sta sperimentando in queste ore alcuni brontolii curiali che furono vissuti anche da papa Wojtyla, quando fece i suoi mea culpa su stragi e violenze commesse dalla Chiesa nel corso dei secoli. Meno convincente appare nella lettera – tra le radici culturali degli abusi – l’accenno ai mutamenti sociali dovuti alla secolarizzazione del Novecento e i "fraintendimenti" del rinnovamento conciliare.
Secolarizzazione e Vaticano II c’entrano poco. Abusi e costumi sfrenati del clero si sono manifestati rigogliosamente in epoche in cui trionfava il regime di cristianità. E i topi di biblioteca più pignoli hanno scoperto che già il concilio di Elvira – svoltosi in Spagna nell’anno 305 – condannava duramente gli "stupratores puerorum". C’è poco da tradurre: stupratori di minorenni.
Da il Fatto Quotidiano del 21 marzo
© Copyright Il Fatto Quotidiano, 21 marzo 2010 consultabile online anche qui.
A parte le ultime frasi dell'articolo (il Papa non dice che il Concilio e' la causa degli abusi ma che bisogna riflettere anche su quanto accaduto negli ultimi decenni), sono assolutamente d'accordo con le opinioni espresse da Politi.
Vi ho trovato riferimenti molto lucidi e molto obiettivi.
Mi piace moltissimo questo passaggio:
Si avverte nella lettera un tratto antico dell’educazione tedesca e del mondo nordico: il dovere nei momenti critici di assumersi tutte le responsabilità. Non ci sono abbellimenti della situazione nel testo, non ci sono scuse, non c’è il tentativo (che circolava da settimane in alcuni ambienti ecclesiastici) di annegare la colpa della Chiesa di Roma in un maldestro "così fan tutti". Ratzinger spazza via i giochini delle statistiche e delle goffe distinzioni per fasce di vittime.
Sono assolutamente d'accordo! E' tipico del Papa assumersi in prima persona ogni responsabilita' anche quando egli non ha colpa di nulla.
L'ha fatto con la lettera agli Irlandesi come lo fece lo scorso anno con quella ai vescovi.
Forse noi italiani (e non parlo solo dei fedeli, ma anche dei prelati, soprattutto i curiali!) dovremmo imparare dalla cultura tedesca e nordica.
Purtroppo il vizio della nostra Italia e' quello di giocare allo "scarica barile". Lo vediamo in tutti i campi: dalla politica alla famiglia passando per la chiesa.
Prendiamo esempio dal Santo Padre e dalla limpidezza del suo pensiero e dalla coerenza del suo comportamento.
R.
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10 commenti:
ringrazio Politi per la lucida onestà che dimostra in questo articolo;ringrazio Raffa per il commento che sottoscrivo in pieno.si comincia a ragionare e a essere almeno in tre è importante.
mas.
il problema é che alcuni curiali lo son per nascita italiani,altri stranieir ci mettono poco ad abituarsi. Mi ricordo l'intervista a un cardinale americano che diceva di non riuscire proprio a capire come funzionasse la curia, amettersi in sintonia con lei,e che gli dicevano i colleghi americani che erano a Roma:"non puoi capire la chiesa cattolica romana se non vedi il traffico di Roma." e ora che vive a Roma? "Diciamo che do un'altra importanza ai colori dei semafori e alle regole di sorpasso. Se vai a Roma fai come i Romani." e si fece una risata.
Max
Quello che scrive Max mi fa venire in mente un episodio personale.
Moltissimi anni fa arrivo' a scuola una nuova compagna di classe.
Una ragazza deliziosa, veramente simpatica e solare con la quale sono rimasta in contatto nonostante sia passato molto tempo dalla nostra frequentazione quotidiana.
Arrivo' un po' spaesata perche' era l'unica pugliese (quanto sono forti i pugliesi!) in mezzo ad una trentina di lombardi :-)
Un giorno andammo in centro a fare un giro.
Ad un certo punto afferro' me ed una nostra amica per un braccio e ci chiese: "Si puo' sapere perche' correte sempre voi due?".
Ricordo che non capii la domanda e risposi che stavamo camminando, non correndo.
Allora lei ci fece notare che quella che noi chiamavamo camminata, era una corsa o comunque un passo molto veloce che ci impediva di vedere quanto erano belle le vetrine.
Purtroppo dopo poco tempo anche l'amica pugliese si adeguo' alla nostra camminata, ma ogni tanto si ripeteva la scenetta e ci costringeva ad andare piano.
Che cosa voglio dire?
E' ovvio che i nuovi curiali si sentono quasi in dovere di adeguarsi ai ritmi della curia stessa pero' mi piacerebbe che fossero anche i vecchietti a prendere esempio dai nuovi arrivati e ne assaporassero almeno la capacita' di assumersi delle responsabilita' :-)
R.
Il livello di rep. con il pensionamento di Politi è, se possibile, peggiorato vertiginosamente. Sulle idee e sulla faziosità di Politi si potrebbe discettare a lungo, ricordiamo tutti l'articolo post Ratisbona, ma dobbiamo riconoscerli di essere uno dei migliori vaticanisti sulla piazza.
Alessia
Si', diciamo che con l'articolo di Tarquini di stamattina abbiamo raggiunto un punto difficilmente superabile ma, si sa, al peggio...
R.
Prima di fare citazioni, innanzitutto, Politi farebbe bene a documentarsi: il canone 71 del concilio di Elvira non si riferiva specificamente ai sacerdoti ma scomunicava tutti coloro che avevano rapporti sessuali con i bambini "Stupratoribus puerorum nec in fine dandam comunionem".
La citazione è fatta a sproposito anche in un altro senso: è noto che nell'antichità classica (specialmente greca ma anche romana) erano abbstanza normali sia l'omosessualità che la pedofilia. E' stata proprio la dottrina cattolica a cambiare le cose e il Concilio di Elvira ne è la dimostrazione. Quindi risalire al 300 non ha senso alcuno. E' evidente che c'è stato un aumento dei casi nella Chiesa negli anni 60 70 e 80 come conseguenza non "del Concilio" ma dell'andazzo liberale, modernista, secolarizzante e progressista e dell'annacquamento della rigorosità nella disciplina e nella condanna del peccato, anche ma non solo sessuale.
Alberto
condivido pienamente le osservzioni di Alberto. Politi è molto intelligente, ma per questo è anche molto subdolo. dove sembra difendere il Papa, in realtà cerca di affondarlo. l'articolo ne è un esempio: elogia la lettera, ma critica l'assunto principale delle cause individuate dal Papa. ciò che è accaduto si è reso possibile per un rilassamento della fede e della morale cattolica, nonchè per lo sfilacciamento della disciplina canonica, non a caso ritenuta in quesgli anni roba sorpassata, nonchè infine per la rinuncia da parte dei vescovi a guidare con mano sicura il gregge.
Tra l'altro, il Concilio di Elvira, proprio nell'affrontare i problemi di etica sessuale, è stato uno dei primi concilii a disporre in maniera chiara la norma canonica del celibato. Questo particolare non interessa a Politi? E Kung che ne dice?
Alberto
Anch'io condivido i post di Alberto! Continuo a non fidarmi di Politi ed a quanto sento è leggo, faccio bene!
bravo politi
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