lunedì 8 marzo 2010
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Il grazie del Papa alla Protezione civile
«Senza volontariato la società non può durare a lungo»
Bertolaso: il merito di molti, le responsabilità di alcuni
Alberto Bobbio
Città del Vaticano
Con la voce un po' roca e provato dall'emozione, Guido Bertolaso parla davanti al Papa e lo ringrazia per l'udienza concessa a settemila volontari della Protezione civile italiana «in un momento in cui si vorrebbero confondere le responsabilità di alcuni con il lavoro e il merito di moltissimi».
In maglione blu, divisa inseparabile della Protezione civile, Bertolaso scandisce le parole e l'applauso sale potente nell'aula Nervi. È il suo giorno, quello del volontariato delle mille associazioni che hanno lavorato all'Aquila, undici mesi dopo la tragedia dell'Abruzzo e nel pieno di un'inchiesta giudiziaria che riguarda da vicino lui e il suo entourage.
Questa udienza papale l'avevano concordata insieme il giorno in cui il Papa dopo la visita a Onna, il paese più colpito e con il cuore spezzato, era salito sul fuoristrada di Bertolaso per andare tra le macerie accanto alla tendopoli blu. E ora Benedetto XVI ringrazia Bertolaso e il popolo delle giacche a vento colorate e dei maglioni blu, aggiungendo una frase al discorso ufficiale, per «quello che fate per la società civile e per noi tutti».
È una mattina radiosa. L'aula Nervi è un contrappunto di colori: giallo e rosso, blu e arancione. Quasi nessuno ha giacca e cravatta. Bisogna dimenticare le polemiche e i veleni dei giorni passati.
Questo è il giorno di Guido Bertolaso, il comandante in capo dei volontari italiani, pronti a scattare «H24», come si dice nel gergo militare, ventiquattro ore su ventiquattro quando la terra trema e il tempo diventa inclemente. Suona l'orchestra sinfonica abruzzese, mentre il Papa percorre a piedi il corridoio tra la gente e stringe centinaia di mani protese. Sono andati in 85 mila nella conca dell'Aquila colpita dal sisma. Adesso applaudono il Papa che li ringrazia e spiega che quest'incontro era anche un «mio vivo desiderio»: «Voi costituite una delle espressioni più recenti e mature della lunga tradizione di solidarietà che affonda le radici nella generosità e nell'altruismo del popolo italiano».
Ma Benedetto XVI ieri si è spinto oltre e loda il riconoscimento che ha avuto la Protezione civile con «appropriate norme legislative», che hanno formato un'«identità nazionale» di questo tipo speciale di volontariato «attento ai bisogni primari della persona e del bene comune». In prima fila c'è Gianni Letta che applaude e c'è Luigi Zamberletti, il deputato della Dc a cui si deve l'embrione delle Protezione civile italiana, l'uomo che spedì i volontari ad aiutare i friulani colpiti dal terremoto del 1976 e inventò una formula che negli ultimi anni è stata solo perfezionata.
Benedetto XVI spiega che le due parole «protezione» e «civile» sono «precise coordinate» di una «missione» e di una «vocazione»: «Proteggere le persone e la loro dignità».
Joseph Ratzinger vuole indicare un orizzonte anche morale ed etico agli uomini delle giacche a vento e dei maglioni blu, quello della convivenza umana al tempo delle «grandi prove». Non c'è tuttavia solo la gestione dell'emergenza, ma le prove devono essere anche «occasione di discernimento e non di disperazione». Aggiunge il Papa: «Offrono l'opportunità di formulare una nuova progettualità sociale, orientata maggiormente alla virtù e al bene di tutti».
È un discorso che impegna tutti i volontari e anche le istituzioni. L'immagine che il Papa indica è quella evangelica del buon samaritano, che non si occupa solo di soccorrere quel poveraccio trovato lungo la via, ma – sottolinea il Papa – va oltre l'emergenza e predispone il suo «rientro nella normalità». Da qui Benedetto XVI trae l'insegnamento che vale per ogni persona: «L'amore per il prossimo non può essere delegato, lo Stato e la politica, pur con le necessarie premure per il Welfare, non possono sostituirlo».
È una bella lezione, la stessa contenuta nell'enciclica «Deus caritas est», nella quale il Papa scrive che «l'amore non può essere delegato». Ieri lo ha ripetuto ai volontari della Protezione civile che lo hanno applaudito a lungo. Ma è anche una lezione per le istituzioni, che devono sempre mettere al centro il principio di sussidiarietà. Il Papa non lo nomina esplicitamente, ma è a esso che si riferisce quando dice che «i volontari non sono dei tappabuchi nella rete sociale», ma sono persone che «contribuiscono a delineare il volto umano e cristiano della società»: «Senza il volontariato il bene comune e la società non possono durare a lungo, poiché il progresso e la loro dignità dipendono in larga misura proprio da quelle persone che fanno più del loro stretto dovere».
Anche Benedetto XVI è un volontario, volontario dell'amore che va predicando dall'inizio del pontificato. E la giacca a vento blu della Protezione civile, che gli regalano al termine dell'udienza e che lui si mette sulle spalle, è un piccolo simbolo di una grande amicizia.
© Copyright Eco di Bergamo, 7 marzo 2010
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