lunedì 15 marzo 2010

Il Papa: «Le nostre divisioni sono un peccato di cui portiamo la colpa» (Nìcoli)


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Il Papa: «Le nostre divisioni sono un peccato di cui portiamo la colpa»

Alessandro Nìcoli

ROMA

Sulle note del "Jubilate Deo" di Mozart e tra gli applausi dei presenti, Papa Benedetto XVI ha fatto ieri sera il suo ingresso nella chiesa luterana di Roma, la Christuskirche di via Sicilia. Un momento importante nel dialogo tra le due anime di una Germania equamente divisa tra cattolici ed eredi di quel monaco di Eisleben, Lutero, che – con le sue 95 tesi affisse al portone del Duomo di Wittenberg – diede vita nel 1517 alla riforma protestante e, secondo molti storici, alla più dolorosa scissione del cristianesimo.
Le nostre divisioni «sono un peccato» di cui «portiamo la colpa», ha detto Ratzinger in un'omelia appassionata, parlando a braccio e in tedesco.
Certo – ha ammesso – il cammino ecumenico va avanti ed «è bello che possiamo pregare insieme, insieme intonare gli stessi canti, insieme ascoltare la stessa parola di Dio». Però la «la rete si è rotta» e la strada si è spezzettata «in tante strade»; così – ha rimarcato – «la testimonianza (dei cristiani) viene oscurata.
Certamente – ha incalzato – non dobbiamo essere contenti dei successi dell'ecumenismo negli ultimi anni, perché non possiamo bere dallo stesso calice e non possiamo stare insieme intorno all'altare. Questo ci deve rattristare, perché è una situazione di peccato, ma l'unità non può essere fatta dagli uomini: dobbiamo affidarci al Signore perché Lui solo può darci l'unità».
Ratzinger è giunto davanti alla Christuskirche alle 17.30, accompagnato dal segretario di Stato, cardianal Tarcisio Bertone, dal vicario di Roma, cardinal Vallini, dal presidente del Pontificio consiglio per il dialogo con i cristiani, cardinal Kasper. Nella chiesa in stile romanico, con i tre campanili che ricordano quelli del duomo di Wittenberg, Ratzinger era stato da cardinale nel 1998. A rompere il tabù di un pontefice romano in un luogo di culto luterano ci aveva pensato nel lontano 1983 Giovanni Paolo II. Nel 1999 erano poi ufficialmente cadute le reciproche scomuniche tra le due Chiese cristiane: con la dichiarazione di Agusta, Vaticano e luterani avevano trovano nella parola «grazia» un compromesso per la «giustificazione» dell'uomo presso Dio, che avviene solamente per fede (secondo gli eredi del monaco tedesco) e anche attraverso le opere (secondo la dottrina cattolica).
La visita di ieri sera di Benedetto XVI, papa tedesco, pur non essendo «una prima volta», si è caricata di tanti significati e le sue parole hanno acquistato un pathos tutto particolare. «Possa, Santità, qui sentirsi a casa», gli ha detto la presidente della comunità luterana, Doris Esch. E Jens-Martin Kruse, pastore della piccola chiesa frequentata da circa 350 anime, ha invitato i suoi fedeli a pregare per il «vescovo di Roma». Nel suo discorso l'esponente luterano ha esortato le chiese cristiane a sostenersi specie nei momenti del dolore.
Nessun riferimento diretto, nei discorsi ufficiali, agli scandali di abusi sui minori che stanno scuotendo la Chiesa cattolica tedesca e comincerebbero a lambire – secondo notizie di stampa – anche quella protestante. Sono rimasti sempre sullo sfondo.
«Noi cristiani – ha detto il pastore luterano, forse pensando però a tutto ciò – siamo esortati dall'apostolo Paolo a non procedere gli uni accanto agli altri ma insieme. A prestare attenzione gli uni agli altri. Ad esserci, gli uni per gli altri. Ad aiutare a portare pesi, quando le forze dell'altro scemano, e, nella tribolazione, a rafforzarci

© Copyright Gazzetta del sud, 15 marzo 2010

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