mercoledì 21 aprile 2010
Il Papa ci insegna un nuovo modo di vedere: il commento di Robert P. Imbelli (Osservatore Romano)
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Come l'immagine indica la via della realtà
Il Papa ci insegna un nuovo modo di vedere
di Robert P. Imbelli
Leggere Benedetto XVI significa incontrare un uomo del tutto a suo agio nella tradizione intellettuale cattolica dell'oriente e dell'occidente cristiani. Non solo Agostino, Bonaventura e Tommaso d'Aquino, ma anche Ireneo, Atanasio e Gregorio di Nissa sono infatti intimi del suo pensiero, della sua predicazione, della sua preghiera.
Tuttavia, chi ha letto i suoi scritti sa bene che l'impegno del Papa per il mondo intellettuale va oltre le epoche patristica e medievale. Fra i suoi interlocutori vi sono infatti Kant e Marx, Nietzsche e Adorno, tutti citati nelle sue encicliche. Sostenere che è profondamente immerso nel mondo delle idee non suscita quindi grande stupore. Quel che forse colpisce di più del Papa è quanto sia importante per lui l'immagine. L'immagine infatti stimola le nostre emozioni e concentra la nostra attenzione.
L'ormai classico libro del giovane Joseph Ratzinger Introduzione al cristianesimo comincia con la scena, tratta da Claudel, di un uomo aggrappato a una tavola di legno in mezzo all'oceano. Questa è l'immagine del cristiano contemporaneo, la cui unica certezza sta nell'unione con Cristo sulla croce nella speranza della resurrezione. In molti modi, tutto il libro descrive il dispiegarsi di quell'immagine straordinaria.
Le splendide omelie del Papa mostrano particolare sensibilità per l'importanza dell'immagine. Spesso traggono ispirazione dalle opere d'arte dei luoghi dove egli celebra la liturgia. In essa le immagini hanno una funzione esplicitamente mistagogica: incarnano la bellezza e la verità e, andando oltre, indicano come realizzarle. Come egli scrive in Lo spirito della liturgia, esse "servono a condurci al di là di ciò che si può apprendere a livello meramente materiale, a risvegliare in noi nuove sensazioni, a insegnarci un nuovo modo di vedere, che percepisce l'invisibile nel visibile".
Può sembrare paradossale, ma è proprio il riferimento del Papa all'immagine a porre una sfida radicale alla nostra cultura satura di immagini. Infatti, sebbene guardiamo, troppo spesso non riusciamo a vedere, e sebbene fotografiamo senza posa, dimentichiamo di contemplare. Il risultato è l'atrofia progressiva dei nostri sensi spirituali. E Benedetto fa lo sforzo di insegnarci "un nuovo modo di vedere".
Delle molte immagini della Bibbia, forse nessuna ha catturato tanto la sensibilità teologica e spirituale di Joseph Ratzinger quanto quella contenuta nel vangelo di san Giovanni (19, 33-35). Il Papa vi fa riferimento nei suoi scritti e, in particolare, nella sua prima enciclica Deus caritas est.
È la scena della crocifissione e i soldati vogliono controllare che i condannati siano davvero morti. Spezzano le gambe dei due crocifissi accanto a Gesù. "Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua". Per l'evangelista questo fatto è così significativo che letteralmente esclama: "Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero perché anche voi crediate".
Benedetto XVI in questi cinque anni ha di continuo reso testimonianza a questa verità. Egli volge lo sguardo contemplativo della Chiesa al fianco trafitto del crocifisso dal quale fluiscono i sacramenti donatori di vita del battesimo e dell'eucaristia. E anche noi confessiamo con l'evangelista (21, 24): "sappiamo che la sua testimonianza è vera!".
Forse la rappresentazione artistica più raffinata di questa scena giovannea è il mosaico dell'abside nella basilica romana di San Clemente, che offre un'immagine sublime di questa realtà inesauribile: la croce di Cristo come albero della vita.
In una sua meditazione su questa opera d'arte Joseph Ratzinger scrive: "Se ci soffermiamo a guardare il mosaico, osserviamo che questa Croce è veramente un albero, da cui nascono quattro sorgenti d'acqua". E dall'albero "un grande tralcio si dirama in ampi movimenti circolari" e contiene nei suoi rami fecondi tutti i tipi di creature, umane e animali, "tutta la diversità dell'esistenza", che trae vita dalla croce del crocifisso risorto. Tuttavia, per percepire veramente questo, dobbiamo permettere all'immagine che contempliamo di purificare il nostro sguardo, di espandere il nostro spirito.
Tuttavia il mosaico, per quanto magnifico, non è che lo sfondo di ciò che è ancor più miracoloso: l'altare su cui si celebra il sacrificio eucaristico di Cristo. Così Benedetto riflette: "nell'Eucaristia il tralcio di Cristo si estende per tutta l'ampiezza della terra" e "l'immagine stessa mostra la via della realtà" perché "mostra il modo in cui l'Eucaristia attraversa il mondo e lo trasforma".
Catturati sia dall'immagine sia dalla realtà, siamo sfidati a condividere la preghiera sincera di Papa Benedetto: "Signore, mantieni le tue promesse. Fai crescere il tuo tralcio per tutta la terra e lascia che divenga un luogo di amore riconciliato per tutti noi. Disintossica questo mondo con le acque di vita, con il vino del tuo amore".
(©L'Osservatore Romano - 21 aprile 2010)
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