martedì 6 aprile 2010
Ma per il Wsj sotto accusa è Wojtyla: il commento di Enrico Beltramini all'editoriale di Peggy Noonan (Riformista)
Vedi anche:
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Considerazioni giuridiche e morali sullo scandalo che ha colpito la Chiesa (Salvatore Gentile)
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Ottimo Gagliarducci: Ratzinger leggeva ogni rapporto e fece di tutto per contrastare il fenomeno (uno zelo che non tutti vedevano di buon occhio)
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E' venuto il momento di denunciare le calunnie contro Papa Benedetto. L'inattendibile "scoop" del New York Times (Raymond J. De Souza)
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Preti pedofili, la mano leggera di Wojtyla, il pugno duro di Ratzinger. Benedetto XVI rischia di pagare per colpe altrui. Durissimo speciale di Ingrao
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Ma per il Wsj sotto accusa è Wojtyla
di Enrico Beltramini
Per il Wsj, Wojtyla sottovalutò il caso pedofilia. Ratzinger, invece, avrebbe compreso ben prima dell’ascesa al soglio di Pietro le possibili devastanti implicazioni dello scandalo.
Il Wall Street Journal ha pubblicato un commento molto interessante e tutto sommato abbastanza equilibrato sullo scandalo, quello degli abusi sessuali ai minori, che investe la Chiesa cattolica.
In sintesi, nel suo The Catholic Church's Catastrophe, Peggy Noonan sostiene che lo scandalo accompagnerà la vita della Chiesa, la sua immagine e la sua reputazione per almeno una generazione.
Si tratta di una facile previsione. A partire dagli anni Ottanta, e poi a negli anni Novanta, e infine un paio di anni fa, quando il Boston Globe Spotlight dedicò un’intera serie di articoli agli abusi avvenuti nello stato del Massachusetts (e vinse il premio Pulitzer), la pedofilia è stato uno degli argomenti principali e onnipresenti in ogni discussione sulla Chiesa cattolica negli Stati Uniti.
Troppo atroce la storia, troppo numerose le vittime. A livello pubblico, ciò che ovviamente offriva alimento alla polemica anche accesa sui media era il triste contrasto tra l’identità sacramentale e imperiale della chiesa, soprattutto come promossa e incarnata dal predecessore del pontefice attuale, e le immagini dei bimbi abusati. La distanza era troppa, sia dal punto di vista emotivo, sia sul piano razionale.
Era difficile comprendere, giustificare, spiegare il silenzio, le titubanze della gerarchia, il ricorso a cavilli legali (come alla extraterritorialità dell’istituzione), un certo imbarazzo nel trattare le critiche che emergevano dai parenti e legali delle vittime. Certamente, non si trattava di un silenzio assoluto. Come ricorda Noonan, i commentatori che hanno dato ampio spazio alle storie di pedofilia sono in gran parte cattolici. Questo fatto è stato ampiamente documentato.
E anche il clero ha offerto voci di riconoscimento della triste realtà degli abusi e volontà di correggere la situazione. Ma in generale, la storia è andata avanti per almeno cinque lustri tra alti e bassi, alternando lunghe fasi di rimozione - almeno a livello pubblico - e improvvise, violente esplosioni di notizie, commenti, polemiche.
Soltanto oggi, con un ritardo di almeno una generazione, lo scandalo tocca l’Europa e l’Italia.
Un’altra osservazione di Noonan è proprio l’apparente incapacità di Giovanni Paolo II di riconoscere nella pedofilia dei preti una minaccia se non mortale, certamente devastante per la Chiesa cattolica.
Sostiene la columnist del Wall Street Journal - negli anni Ottanta uno dei principali speech writer del presidente Ronald Reagan, oggi generalmente considerata una repubblicana - che la guerra prima al nazismo poi al comunismo calamitò l’attenzione del papa polacco, lo spinse a costruirsi una visione eroica del prete, e gli impedì di riconoscere la presenza nel clero di una debolezza inimmaginabile (così la definisce Noonan, nel senso di non immaginabile, e quindi non possibile).
Al contrario, la columnist stende una rete protettiva sull’attuale pontefice, che al contrario avrebbe compreso ben prima dell’ascesa al soglio di Pietro le possibili devastanti implicazioni dello scandalo.
È soltanto un accenno, ma Noonan sembra a un certo punto alludere al fatto che lo scandalo; meglio, la publicizzazione dello scandalo, il suo prendere vita, assumere una certa fisionomia, a dispetto dell’opinione e delle intenzioni della Chiesa cattolica, fa parte di un più ampio fenomeno, quello della secolarizzazione delle istituzioni. È accaduto con Wall Street, il tempo della finanza e quindi del capitalismo americano. Oggi è il tempo della Chiesa cattolica. Istituzioni che si sentivano invulnerabili - forse a ragione, dato che godevano di una certa invulnerabilità - oggi sono sotto assedio non per partito preso, come qualcuno sembra pretendere, ma semplicemente perché rendano conto delle loro azioni alle vittime e più in generale alla realtà sociale alla quale esse appartengono. È un altro, imprevedibile effetto della modernità (questa la parola usata da Noonan), la sua insopprimibile tendenza a orizzontalizzare ogni rapporto, a livellare le differenze, a discoconoscere qualsiasi rendita di posizione.
C’è un’ulteriore, interessante considerazione, nell’articolo di Noonan. Ella afferma che è proprio questa pretesa invulnerabilità dell’istituzione che rende i suoi membri distratti, quasi inconsapevoli dei danni che essi possono produrre. Se e quando essi hanno la percezione - sicuramente sbagliata, ma tant’è - che l’istituzione sia inaffondabile, allora non si preoccupano più, non tengono più conto delle implicazioni anche negative delle proprie azioni. Sottovalutando la fragilità dell’istituzione, non si capacitano che essi possono danneggiarla dal di dentro. Pretendono di operare come in una sorta di terra di mezzo, o extraterritorialità, o immunità. Insomma, a seguire il ragionamento di Noonan, sembra che sia proprio questa oggi la questione a cui lo scandalo della pedofilia stia conducendo la Chiesa cattolica: se essa è pienamente o meno parte della comunità sociale a cui appartiene. Se esiste un certo livello di immunità che conferisce all’istituzione come una condizione ad hoc, o a parte; o se invece essa sia - e accetti di essere - accountable, responsabile delle proprie azioni nei confronti di qualcuno. A questo proposito, proprio un paio di giorni fa l’ufficio legale della Santa Sede ha dichiarato al Corriere della Sera che il Vaticano non è legalmente responsabile per le azioni comminate dai suoi membri, vescovi e sacerdoti compresi, e che il pontefice è un capo di stato e - come tale - beneficiante dell’immunità.
© Copyright Il Riformista, 6 aprile 2010 consultabile online anche qui.
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3 commenti:
In ogni caso, da qualsiasi "prospettiva" si consideri la cosa, rimane pur sempre il fatto che la stampa "forte" sta dando un'idea sbagliata solo dell'attuale pontefice, che le lobby se la stanno prendendo solo con lui e che anche andare in edicola diventa una cosa fastidiosa, perchè si è costretti a leggere certi titoli. Il ragionamento di chi abbia sopra o sottovalutato, va bene fra gente o ragionevole o veramente cattolica, tutti gli altri non capiscono queste "sottigliezze" e tutti i programmi di cui anche oggi si discuteva qui, non fanno che dimostrarlo.
Con questo non voglio togliere nulla a nessun Papa, ognuno è scelto e guidato dallo Spirito.
Ben detto Maria!
In effetti in Polonia stanno diventando un po' nervosetti per un possibile rinvio della beatificazione. Poiché, come scrive oggi la Dominjanni sul Manifesto la pedofilia è diventata il male assoluto, fra poco i criminali di guerra si offenderanno ad essere paragonati ai preti. Eufemia
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