lunedì 14 giugno 2010

Veglia di preghiera dei sacerdoti con il Papa: tutta la piazza come un immenso presbiterio (Scelzo)


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A piene mani

ANGELO SCELZO

Tutta la piazza come un immenso presbiterio, e quando – ormai verso la notte – l’ostensione del Santissimo, ha trasformato l’imponenza della Basilica nel tabernacolo di un immenso altare a cielo aperto, ciò che si è potuto udire è stato solo lo scroscio d’acqua delle due fontane accostate all’uno e all’altro lato del colonnato del Bernini. Un silenzio assoluto e irreale, perfino nel luogo che, da secoli, è la tenda sempre aperta dei grandi eventi della cristianità. Era la sera della vigilia di chiusura dell’Anno Sacerdotale.
Nessun momento poteva essere più solenne, e quei lunghi attimi sono parsi l’icona di un’umanità ancora capace di confessare la propria umiltà. Lo facevano, per interposta persona, i preti, coloro che meno di tutti sono abituati ad agire per proprio conto; amministratori dei misteri di Dio sull’altare, guide di cammini sempre impervi nella vita corrente degli uomini: di fede e no. Meno che mai quel silenzio poteva essere solo per se stessi, in questi giorni di Roma, quando, guardandosi attorno avranno pensato a uno specchio magico che rifletteva la loro immagine dappertutto.
Roma – e tanto più San Pietro – invasa da sacerdoti è stato un po’ come evocare l’immagine di alberi nella foresta. Niente di più congeniale, e nondimeno questo incontro è parso come un ritorno a casa dove c’era un padre ad aspettare.
L’attesa di un padre si sente già da lontano, ti accompagna e, in molti modi, ti segna la via. Quando dai diversi punti sparsi nel mondo sono confluiti tutti lì, sotto le sue finestre, hanno visto ciò che già sapevano: di essere in tanti, ma, prima di tutto, di non essere lì per un semplice raduno. Sulla strada verso Roma si erano imbattuti, un po’ tutti, su cartelli di direzione che mandavano fuori strada. I più benevoli segnalavano la necessità di «ricompattare» una specie di «esercito smarrito», se non addirittura in rotta. Sul posto è avvenuto tutt’altro. L’incontro con il padre in attesa ha liberato una verità ancora più visibile delle presenze che hanno invaso Roma: è apparsa e si è fatta viva, attraverso momenti di straordinaria intensità e bellezza, la gioia sacerdotale, quel «sì» che, come ha detto Papa Benedetto, porta il prete a condividere, in un piccolo punto della storia, le preoccupazioni di Dio per gli uomini.
Un «sì» che trasforma per la vita e che porta una moltitudine di preti a compiere «abusi» controcorrente, come quelli di una generosità e di una misericordia che continuano a dispensare a piene mani – e anche oltre – dovunque tocca loro di mettere piede.
La città del Papa è stata lo scenario di questa intensa e commovente rappresentanza di fede. Anche Roma, a suo modo, ha conosciuto uno stupore nuovo, perché ordinariamente non mancano preti tra le sue strade. Ma condividere in maniera così piena come in questi giorni, i segni di una gioia sacerdotale è un’esperienza destinata a portare frutti.

© Copyright Avvenire, 13 giugno 2010

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